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Parole che allungano la vita: la lezione di Ivano Dionigi

«Sono simili a bagliori, che s’accendono nell’oscurità e s’imprimono negli occhi della mente»1. Con queste parole Gianfranco Ravasi inizia la prefazione al libro Parole che allungano la vita di Ivano Dionigi, tra i maggiori latinisti italiani e già rettore dell’Università di Bologna. Il piccolo ma prezioso e profondo volume edito da Raffaello Cortina è la raccolta delle riflessioni – con piccole variazioni e brevi aggiunte – apparse nel primo trimestre del 2020 sulla prima pagina del quotidiano Avvenire.

Da raffinato filologo Dionigi invita a prendere sul serio le parole, a conoscerle, a comprenderne il senso, il valore, il bacino di sapienza in esse racchiuso. Per fare questo sono frequenti i suoi richiami all’etimologia dei vocaboli, al fine di porne in rilievo il significato originario invitandoci ad un uso puntuale degli stessi. «Noi parliamo male» sostiene Dionigi, quasi a certificare una vera e propria patologia del linguaggio che impoverisce e così facendo assottiglia il nostro orizzonte, il nostro mondo. Sì, perché le parole non sono flatus voci, non sono aria. Le parole hanno il potere di costruire il mondo o di distruggerlo, possono creare relazioni o possono ferire, possono edificare ponti o erigere mura, possono salvare o uccidere. Ecco che per l’autore è quanto mai necessaria una «ecologia linguistica» capace di ripulire il linguaggio, proprio a partire da una conoscenza più ampia e approfondita dello stesso.

In questo senso Dionigi mostra, con semplicità e rigore, come il ritorno alla filologia non sia affatto indifferibile. Invero, questa disciplina nata in epoca ellenistica e sviluppatasi in particolare con l’Umanesimo non è per nulla antiquata o da riservare a pochi addetti ai lavori, ma è un’arte che consente, proprio oggi, di curare la degenerazione del linguaggio e la povertà dello stesso che caratterizza il nostro tempo dominato da superficialità e banalità.

Leggendo le riflessioni lucide e profonde dell’autore scorgiamo tra le righe come lo studio e la riflessione sulle parole divenga una vera e propria filosofia, ovvero una più ampia riflessione sulla vita in generale ed in particolare sul suo senso, sul dolore, sulla morte, sull’amicizia, sul tempo, su Dio. I brevi scritti che compongono questa sorta di breviario nascono dal silenzio, custode e generatore del pensiero. In questa direzione Dionigi rileva come la parola, ridotta a chiacchiera, sia la conseguenza di una vera e propria «anoressia del pensiero». Per questo motivo, prosegue, «urge imboccare la strada del rigore, abbassare il volume e dare il nome alle cose». Ed è questa la strada da intraprendere per ritornare a interrogarsi, a porsi le domande, a chiedersi che cosa stiamo per dire, affermare e sostenere. Prima di parlare è dunque necessario rieducarsi e riprendere l’abitudine di fare silenzio in noi stessi, quindi di pensare e conoscere il significato autentico delle parole e a ponderarne l’utilizzo.

Al contempo è costante in Dionigi il richiamo al valore della conoscenza della storia – oggi sempre più bistrattata – e ai classici che ad essa si legano. Questi ultimi non sono entità museali e polverose ma sono «utili e rivolti al futuro soprattutto perché le loro lingue ci permettono di capire chi siamo e come pensiamo». Dal latino abbiamo infatti ereditato il lessico che costituisce la cultura e la formazione etica e politica. Basti pensare a parole quali civitas, virtus, res publica, religio, negotium. Il greco ci ha invece consegnato il lessico che costituisce il sostrato filosofico e intellettuale europeo. È qui sufficiente richiamare termini quali tempo (chrònos), parola, discorso, ragione (lògos), interiorità (psyché), dolore (pàthos). Questa notevole eredità è lì a rammentarci da dove proveniamo. I classici sono le radici necessarie affinché l’albero della nostra esistenza possa proiettarsi consapevolmente in avanti. Non è forse questo l’insegnamento che ereditiamo da Petrarca il quale, sulla linea di confine fra classicità e modernità e come anello di congiunzione fra le stesse, si diceva rivolto con lo sguardo «contemporaneamente avanti e indietro» (simul ante retroque prospicens)? Da un lato queste parole del poeta aretino sembrano esortarci a non recidere i fili con il nostro passato storico e culturale, senza il quale si è come alberi privi di radici. Dall’altro il Petrarca sembra sostenere, con equilibrio, l’importanza di non rimanere ancorati in maniera feticistica al passato ma di mantenere lo sguardo anche in avanti con curiosità, passione, interesse per lo sviluppo della vita e della storia. L’impegno umano e intellettuale di Dionigi è teso a mostrare proprio come i classici siano una lezione che continua ad illuminare il nostro cammino, a interpellare le nostre coscienze, invitandoci a conoscerci ogni giorno di più. L’invito a tornare in se stessi diviene per l’autore l’occasione per richiamare all’imprescindibilità dell’elemento umano: «l’unità di misura, l’alfa e l’omega, l’oggetto e il soggetto, rimane l’uomo: l’essere più stupendo e tremendo (deinòn), come l’ha definito la tragedia greca». Trapela qui il sentito invito ad una visione del mondo e della vita che riporti al centro delle proprie riflessioni l’uomo nella sua interezza. A partire da questa convinzione è possibile rileggere e interpretare anche il ruolo decisivo che per Dionigi riveste la politica, la cura del bene comune, la dimensione relazionale della solidarietà, la centralità dell’educazione. Puntuali in questo senso le considerazioni sul ruolo della scuola, il richiamo al bisogno di tornare a riconoscere il ruolo dell’insegnante e dell’insegnamento. Realistiche le amare considerazione sui talenti intellettuali che l’Italia lascia andare o spreca, non offrendo adeguate opportunità di lavoro. Si chiede Dionigi: «Può avere un futuro un Paese che sottrae ai giovani i diritti prima ancora che le speranze e i sogni?».

Questo breve volume, nell’affrontare temi di capitale importanza, si discosta radicalmente dai toni demagogici, aggressivi e violenti del discorso dominante riportando il focus dell’attenzione sulle parole e il loro uso. Attraverso un dettato sobrio e un’invidiabile chiarezza stilistica e di pensiero, l’autore fa dono al lettore delle sue riflessioni per stimolare quest’ultimo a riprendere contatto con se stesso, a fare silenzio, a meditare per poter far fiorire pensieri e parole alti e luminosi.

 

Alessandro Tonon

 

NOTE:
1. Questa e le seguenti citazioni sono tratte da I. DIONIGI, Parole che allungano la vita. Pensieri per il nostro tempo, Raffaello Cortina, Milano, 2020.

[Photo credit Raphael Schaller su unsplash.com]

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Alessandro Tonon

curioso, attento, riservato

Sono nato nel 1991 a Conegliano e cresciuto a Castello Roganzuolo, frazione del comune di San Fior dove vivo attualmente. Dopo la maturità scientifica ho conseguito la laurea triennale in filosofia e successivamente la laurea magistrale in scienze filosofiche presso l’università Cà Foscari di Venezia (2015). In seguito ho conseguito il master universitario triennale in […]

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