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fallimenti

Volevo essere una dura: errori, sbagli e fallimenti

Quante volte ci siamo sentitɜ dire: “sbagliando si impara!”? 

Gli errori che facevamo noi tuttɜ da bambinɜ possono essere veramente contemplati come sbagli da cui poi abbiamo imparato molto: abbiamo sbagliato a scrivere le prime lettere e siamo statɜ correttɜ, siamo cadutɜ nella nostra prima discesa sugli sci e abbiamo capito quanto fosse importante seguire le indicazioni del nostro maestro.
Diventare grandɜ non vuol dire affatto smettere di sbagliare. L’esperienza del fare, soprattutto nell’arco della nostra crescita, porta con sé inevitabilmente l’errore.   

Tuttavia, quando cresciamo, qualcosa cambia: il nome che decidiamo di dare ai nostri inciampi. Essi non sono più semplici errori ma diventano fallimenti. Sbagli che carichiamo di giudizio morale contro noi stessi, per lo più.  Il dolore, poi, che nasce da quel fallimento ci accompagna, spesso lo interiorizziamo e ci identifichiamo con esso. Purtroppo, o per fortuna, non abbiamo ancora appurato l’esistenza di una formula magica che ci aiuti ad evitare fallimenti presenti o futuri.
Dobbiamo, invece, ammettere a noi stessɜ che la staticità non appartiene al vissuto umano. Ridurre l’essere umano e la sua complessità entro sistemi di regole, di ruoli, di sole certezze e successi, vorrebbe dire escludere da ogni nostro passo una certa dose di libertà e di completa casualità. Seneca aggiungeva:

«Saldo e forte è solo l’albero che subisce il frequente assalto del vento; è il continuo scuotimento a dargli più robustezza, più tenaci radici: sono fragili le piante cresciute in una valle solatia» (L. Seneca, La provvidenza, Rizzoli, Milano 1997, p. 67).

Se ci pensiamo bene, a volte un errore può salvare milioni di vite. Pensiamo ad esempio alla penicillina: durante la prima guerra mondiale il dottor Alexander Fleming, nel laboratorio dell’ospedale di Saint Mary, iniziava i suoi esperimenti. Fleming coltivava batteri alla ricerca di una sostanza che li avrebbe dovuti distruggere. Stanco dei risultati mancanti, decise di prendersi una vacanza dimenticandosi all’aria aperta i suoi “nuovi amici”. Al suo ritorno la muffa aveva completamente inquinato le sue ricerche. Tuttavia, da quell’errore che sembrava così fatale, Fleming scoprì che proprio la muffa era l’agente che, grazie al fungo Penicillium, aveva distrutto i batteri. Errore e coraggio sono dimensioni umane che possono confluire in azioni in senso trasformativo.  

Altre volte un errore lascia spazio a improvvise e impensate creazioni. Chi di noi non si è mai trovatɜ ad utilizzare dei post-it? Ebbene, anche questi piccoli oggetti così utili sono frutto di un fantastico errore. Un giovane Spencer Silver aveva appena terminato gli studi in chimica quando iniziò a lavorare per un’azienda dove avrebbe dovuto creare un collante ad alta capacità per la costruzione di aerei. Dopo intense giornate di lavoro in laboratorio, il giovane fallì. La sua colla era troppo debole, tanto da tenere uniti solo dei fogli tra loro. All’inizio nessuno sapeva cosa farci, fino a quando, insieme ad un suo collega, Silver creò dei piccoli blocchi di fogli di carta impregnati con questa colla. Erano diventati dei promemoria perfetti! Qualsiasi cosa che sogniamo di fare porta con sé coraggio, genio, potere e magia.

Siamo biologicamente programmatɜ per evolverci e allo stesso tempo questo processo porta con sé la possibilità di sbagliare. 

Un’antica tecnica giapponese chiamata kintsukuroi fa leva sul concetto che non dobbiamo evitare di vivere, ma imparare a ricomporci dopo le avversità. Questo pensiero si lega all’antichissima tradizione di riparare la ceramica con l’oro. Ogni linea, nella sua perfetta imperfezione, donava preziosità e unicità all’oggetto. Da qui, la psicologia e la filosofia orientale hanno accolto questo concetto insistendo sulla possibilità umana di rompersi in mille pezzi esattamente come una tazza di ceramica. 

Ci sono scelte che avrebbero dovuto portarci verso una certa direzione e invece siamo da tutt’altra parte, ci sono errori che in prima battuta non possiamo capire, che reputiamo essere enormi fallimenti. Eppure, c’è anche un momento per poter guarire, ma soprattutto per poter imparare dai nostri sbagli. Imparare, in questo caso, non vuol dire aspirare all’infallibilità o a un’ostentata forza; significa accettare i nostri errori come parte del percorso-vita. In quest’ottica potremo accettare il rischio di sbagliare e imparare a non vivere come semplici spettatori e spettatrici della nostra esistenza.  Recuperiamo il coraggio di ricomporre le nostre ferite perché è attraverso quell’atto che popoliamo il nostro presente di azioni nuove e creative, che restituiamo a noi stesssǝ e al mondo qualcosa di nuovo, di mai pensato.

 

NOTE
[Photo credit Kind and Curious via Unsplash.com]

Giulia Favetta

Giulia Favetta

Ironica, delicata, sensibile

Amo leggere, la filosofia, il pensiero profondo e ciò che da esso può nascere. Ho studiato Filosofia tra Verona e Trento appassionandomi di fenomenologia e bioetica. La passione per quest’ultima mi ha attualmente portata a frequentare un Master in bioetica materno infantile per scoprire le complesse e innovative questioni che ruotano attorno al mondo umano. […]

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