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Lo stoicismo. La libertà interiore come antidoto al caos

Al contrario di quanto si pensa comunemente, essere stoici non significa per forza apparire freddi o indifferenti. Il vero significato dello stoicismo ha a che fare con la capacità di mantenere l’equilibrio interiore, qualunque cosa succeda fuori di noi. È una filosofia pratica, che si concentra su come vivere bene, con saggezza e serenità, anche e soprattutto in mezzo alle difficoltà. Il cuore dello stoicismo è un principio semplice ma potentissimo: distingui ciò che puoi controllare da ciò che non puoi controllare. Questo insegnamento, che troviamo esposto nei testi di uno dei più emblematici esponenti del movimento, il greco Epitteto (50-55 d.C./120-130 d.C.), può sembrare ovvio a parole, ma è una vera rivoluzione se applicato nella vita quotidiana. Significa, per esempio, non sprecare energia nel tentativo di cambiare il comportamento altrui, o nell’ossessione per ciò che potrebbe andare storto. Significa concentrarsi su quello che dipende da noi: le nostre scelte, i nostri pensieri, i nostri valori.

Epitteto è una figura particolarmente interessante. Nato schiavo, divenne uno dei più importanti maestri dello stoicismo. L’imperatore e filosofo stoico Marco Aurelio, che per ragioni di età non ebbe modo di conoscerlo personalmente, nei suoi Ricordi ne parla con il massimo riguardo e lo include tra le sue guide spirituali. Epitteto, nei Discorsi e nel breve ma prezioso Manuale, ci invita a coltivare una forma di libertà molto diversa da quella che spesso si cerca. Non è la libertà di fare tutto ciò che si vuole, ma quella di diventare padroni di noi stessi, di non farci trascinare dagli eventi, dai giudizi altrui o dalle nostre stesse emozioni. Un passo famoso del Manuale dice: «Non sono le cose, ma i nostri giudizi, cioè noi stessi, a essere responsabili dei nostri turbamenti» (Epitteto, Manuale di Epitteto, Einaudi, Torino 2006, p. 153). Molte volte, infatti, la sofferenza nasce non tanto da quello che ci accade, ma da come noi lo interpretiamo. Lo stesso evento può risultare più o meno nefasto, in base al valore che gli attribuiamo in quella circostanza particolare. Dipende molto dall’umore che ci accompagna, dalle aspettative che ci eravamo costruiti o dal peso che diamo al giudizio altrui.

Questa scuola di pensiero non è rimasta un reperto da museo, ma continua a parlare alle persone, con un linguaggio sorprendentemente attuale. Tra i suoi divulgatori più noti c’è Massimo Pigliucci, scienziato e filosofo italo-americano che ha saputo tradurre lo stoicismo in un manuale di sopravvivenza per il XXI secolo. Il libro Come essere stoici (Garzanti 2017) racconta la sua personale esplorazione della filosofia antica applicata alla vita contemporanea. Il suo approccio è quello di uno scienziato curioso, ma anche di un uomo comune alle prese con le incertezze e le sfide dell’esistenza. Pigliucci non propone lo stoicismo come una religione o una soluzione magica. Al contrario, lo presenta come un esercizio razionale, fatto di pratiche quotidiane, riflessioni e piccoli gesti. L’idea è che, se non possiamo evitare i problemi della vita – le malattie, le perdite, i fallimenti – possiamo invece scegliere come affrontarli.
Secondo Pigliucci, lo stoicismo ci insegna ad accettare la realtà per quella che è, senza però cadere nel fatalismo:

«Badate bene: non vi sto consigliando di rassegnarvi, […] i filosofi stoici i cui nomi ci sono stati tramandati erano tutti maestri, politici, generali e imperatori; appartenevano cioè a un genere di persone che difficilmente si abbandonerebbero a un apatico fatalismo. Essi erano invece abbastanza saggi da saper comprendere la differenza tra i loro obiettivi interni, che potevano controllare, e i risultati esterni, che erano in grado di condizionare ma sui quali non esercitavano un controllo assoluto» (ivi, p. 50).

Lo stoico moderno non è colui che si ritira, ma chi sa come agire nel mondo senza trovarsi in balia degli eventi. Epitteto e Pigliucci ci ricordano che vivere bene significa anche vivere con gli altri, secondo giustizia, empatia e cooperazione. In fondo, tutti possiamo trarre ispirazione dallo stoicismo, anche senza diventare filosofi. Basta iniziare con una domanda semplice, che può cambiare il modo in cui affrontiamo le difficoltà quotidiane: questo dipende da me? Perché se la risposta è sì, abbiamo il potere di fare qualcosa. Se è no, abbiamo la possibilità di accettarlo con dignità e indirizzare lo sguardo verso altre possibilità. In entrambi i casi la libertà non ci viene negata.

 

NOTE
[Photocredit Christophe Hautier via Unsplash.com]

Erica Pradal

creativa, empatica, appassionata

Mi chiamo Erica Pradal e vivo a Barbisano, in provincia di Treviso. Laureata in Filosofia, da anni insegno Lettere alla scuola secondaria di 1° grado “G. Toniolo” di Pieve di Soligo e il contatto con i ragazzi mi arricchisce ogni giorno. Ho molte passioni, tra cui la lettura ad alta voce, che mi ha permesso […]

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