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L’eterna disputa tra forma e contenuto

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Quando decidete di andare al cinema, per voi conta di più una bella storia o un’attenta ricerca visiva nella costruzione delle immagini? Abbiamo provato a risolvere l’eterno dilemma tra contenuto e stile cinematografico, prendendo a modello un film destinato a entrare nella Storia: “Vizio di forma” di P.T. Anderson.

Vi sarà capitato, almeno qualche volta, di uscire dal cinema e pensare: “Sì è un film fatto bene, però che noia mortale!” O, viceversa, vi sarete divertiti o appassionati a storie coinvolgenti, non facendo caso a una regia e a uno stile totalmente mediocre o inesistente (è il caso della maggioranza dei film presenti nelle sale). Bene, questa non vuole essere un’invettiva snob contro i film commerciali. È piuttosto una riflessione modesta su un eterno dilemma che ogni appassionato di cinema deve affrontare almeno una volta nella vita. Preferire una storia che ci fa ridere o emozionare rispetto a un saggio per immagini è una scelta personale che dipende dal gusto soggettivo di ognuno di noi. Logico, se intendiamo il cinema solo come uno svago e un passatempo, potrebbe essere una pessima idea andare a vedere un film d’autore dopo la pizza del sabato sera. Il problema più grande resta il fatto che molta gente non ha ancora ben chiara la distinzione tra film d’autore e film commerciale e quindi tende a giudicarli entrambi sullo stesso piano, nonostante si stia parlando di cose molto diverse tra loro. La maggioranza degli spettatori tende quindi a preferire le belle storie sul grande schermo, quelle che abbiamo già visto mille volte ma che in fondo non ci stanchiamo mai di rivedere. Il film artistico (che di solito coincide con le pellicole vincitrici ai principali festival europei) viene invece etichettato dallo spettatore medio come una noia mortale. Bel luogo comune, mi criticherete voi, però è così che in fondo stanno le cose. 

L’aspetto interessante è che il dilemma tra stile e contenuto non riguarda solo gli spettatori, ma anche gli autori e le persone che stanno dietro alla realizzazione di un film. Questo discorso ci porta alla storia di cui vi volevo parlare oggi. “Vizio di forma” diretto da P.T. Anderson è l’opera perfetta per spiegarvi la nostra questione con un esempio pratico. A livello di fabula ci troviamo nel mondo del giallo-poliziesco con un’ambientazione negli storici Anni 70. Protagonista della vicenda è il detective Larry Sportello, un Joaquin Phoenix magistrale. “Vizio di forma” riesce a essere uno dei più bei film degli ultimi vent’anni, pur non trovando un equilibrio perfetto tra narrazione e forma. Mi spiego: “La grande bellezza” di P. Sorrentino ha vinto un Oscar dimenticandosi completamente della trama e “limitandosi” a essere un puro esercizio di stile. Anderson va oltre: tiene una vicenda poliziesca intricata ma non troppo, come base per il suo lavoro e da lì ci costruisce una sorta di agone mozzafiato tra stili diversi che dialogano tra loro. C’è fortissimo il mondo, e quindi lo stile inconfondibile, degli Anni 70 che si scontra però con lo stile registico di uno degli autori più importanti del cinema contemporaneo. Il dilemma allora è questo: per un grande regista è più importante la storia o la forma con cui la si racconta? Guardando “Vizio di forma” si pensa subito allo stile, ma se guardiamo “Magnolia” (capolavoro sempre dello stesso regista) saremo portati a dire che sia la trama a muovere tutto il resto dell’opera. La verità, come sempre, sta nel mezzo. Il grande regista non cerca o una o l’altra cosa, ma per tutta la sua filmografia prova a rincorrere l’utopia di trovare un giusto connubio e un buon equilibrio tra forma e narrazione. In pochi ci sono riusciti e quando l’hanno fatto sono stati capiti solo dopo decine di anni. Sarebbe bello provassimo anche noi a capire quali film potrebbero appassionarci, facendoci però riflettere con intelligenza. Il cinema è un’arte, e se la si riduce alla banalità di uno sguardo unidirezionale si finirà inevitabilmente per sminuirla. I grandi registi sono tali perché in loro la storia si fonde allo stile in una sola immagine che ritorna ai nostri occhi regalandoci una pluralità sorprendente di significati. Prendiamo spunto da loro, non limitiamoci a godere di un solo aspetto ma esploriamo sempre la pluralità di ciò che ci viene proposto. Sono parole che valgono per il cinema, ma soprattutto, valgono per la nostra vita.

Alvise Wollner

[immagini tratte da google immagini]

Alvise Wollner

cinefilo, cinofilo, fotosensibile

Classe 1991, anno della capra, vivo tra Treviso e Venezia. Dopo la maturità classica e le lauree in Lettere e Giornalismo a Padova e Verona, ho pensato che scrivere potesse aiutarmi a vivere. Giornalista pubblicista, collaboro dal 2013 con la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e sono redattore del quotidiano online TrevisoToday dal 2015. […]

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