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“Siamo in democrazia: ho la libertà di dire ciò che voglio”

Siamo in democrazia, posso dire quello che voglio”. Quante volte lo si è letto o lo si è sentito dire da qualcuno che, magari, ha appena espresso un’opinione piuttosto discutibile?

Non c’è dubbio che la libertà di espressione – intesa come il diritto fondamentale di ogni individuo di esprimere le proprie idee, opinioni e convinzioni senza temere ritorsioni da parte dello Stato o di terzi – sia uno dei pilastri fondamentali di una democrazia sana.
In una democrazia, infatti, la libertà di espressione svolge un ruolo cruciale nel favorire il dibattito pubblico garantendo al contempo la diversità di pensiero. È attraverso la libera espressione che le società possono affrontare le sfide, esplorare soluzioni innovative e garantire che il potere politico sia soggetto a un costante scrutinio da parte dei cittadini. Basti pensare alla possibilità di criticare il governo in carica ed esprimere dissenso verso gli interventi legislativi (cosa non affatto scontata nel mondo).

Per trattare questo argomento, ritengo non possa non farsi cenno alle parole di John Stuart Mill, che sul tema della libertà ha scritto pagine memorabili e, peraltro, di estrema attualità. Nella seconda parte del suo Saggio sulla libertà (1859), infatti, Mill tratta proprio della libertà di pensiero e di discussione. Fin dalle prime battute l’autore inglese si espone in maniera decisa nell’affermare che impedire l’espressione di un’opinione sia addirittura un crimine contro il genere umano e non contro una singola persona: soffocare una libera opinione è sempre un male, perché ogni singola opinione è un patrimonio che appartiene a tutti gli uomini e tutti hanno il diritto di confrontarsi con essa per arricchirsi.

A ogni prospettiva personale che si voglia far valere ce ne deve essere sempre un’altra contrapposta e chi propone la bontà di un’ idea deve rivolgere un’attenzione imparziale e di pari livello alle ragioni opposte, cercando di comprenderle il più possibile, tanto che, afferma Mill, se gli oppositori non ci fossero, bisognerebbe inventarli!

Tuttavia – e qui mi allontano in punta di piedi da Mill – la libertà di espressione non può essere assoluta poiché il suo esercizio irresponsabile può comportare gravi conseguenze per gli individui e la società nel suo complesso. A chi rivendica a gran voce il diritto di potersi esprimere liberamente anche nel momento in cui offende un diritto altrui come, ad esempio, l’onore (si pensi all’espressione di un’opinione accompagnata da un insulto personale rivolto all’interlocutore), bisogna rispondere che una società è composta di pesi e contrappesi e che sta ignorando l’esistenza di un altro principio, quello del neminem laedere: il principio in base al quale tutti sono tenuti a esercitare i propri diritti senza ledere la sfera giuridica altrui.

I limiti alla libertà di espressione, allora, sono giustificati quando si tratta di proteggere i diritti fondamentali degli altri, prevenire danni gravi, come la diffamazione, l’incitamento alla violenza o alla discriminazione, e financo mantenere l’ordine pubblico. La diffusione, ad esempio, di discorsi d’odio e discriminanti nei confronti di determinati gruppi sociali – benché costituiscano la libera espressione di uno o più individui, comuni cittadini o personaggi politici che siano – può minare la coesione sociale e alimentare tensioni interne, mettendo a rischio la convivenza pacifica.

Di conseguenza, può ben comprendersi che la democrazia richiede una gestione equilibrata della libertà di espressione per garantire il rispetto dei diritti di tutti i cittadini. La libertà di esprimersi, in conclusione, è un dono niente affatto scontato nel mondo (per noi un diritto, per altri un desiderio) e, da esso, derivano grandi responsabilità: in quanto diritto fondamentale della persona umana, all’interno di una società composta da altrettante persone, va esercitato con rispetto, volgendo lo sguardo verso il prossimo.

Cosa si diceva all’inizio? “Siamo in democrazia e posso dire quello che voglio”. È proprio così’?

 

Andrea Cavalera
Nasce a Gallipoli (Le) il 12 settembre 1992. È un avvocato del Foro di Lecce, fin da piccolo appassionato di cinema, fumetti e letteratura. Dal 2009 a oggi ha diretto e co-diretto cortometraggi e videoclip musicali. Dal 2019 co-direttore artistico di Apulia Horror International Film Festival. Nel 2022 si iscrive alla Facoltà di Filosofia presso l’Università del Salento ed esordisce in libreria con “Lo stalking: cos’è e come difendersi”, edito da Capponi Editore.

 

NOTE
Photo credit Volodymyr Hryshchenko via Unsplash

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