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Ricordare per agire: la forza della memoria

Oggi – 27 gennaio – è il Giorno della Memoria, ricorrenza internazionale stabilita dall’ONU per ricordare le vittime dell’Olocausto. A seguito di un’infamia ideologica del regime nazista, tutto coloro che erano accusati di corrompere la razza ariana furono rastrellati nei lager, privati della loro dignità umana. Di questi fatti, il mondo ne venne a conoscenza solo diversi anni dopo, tanto che si decise di istituire questa ricorrenza come monito per tutta l’umanità.

Il carattere di questa Giornata ricorre nel mondo occidentale: in fuga da una omologazione e da una continua spinta verso il futuro, verso il progresso, i vari gruppi hanno cercato di consolidare la propria identità nel loro passato. La memoria diventa occasione per essere qualcuno e per riaffermarsi: saper essere parte di qualcosa che venga riconosciuto anche all’esterno.
Il tema del riconoscimento va di pari passo a un cambiamento significativo per quanto riguarda la memoria stessa: non viene più considerata come l’epoca d’oro da cui si discende, ma diventa un elemento a discapito dei singoli. Ognuno diventa libero di aderire o meno a quella visione dei fatti passati, facendo spazio ad una eteronomia di posizioni che non necessariamente si ritrovano su un punto in comune.

Queste questioni si ritrovano sotto l’egida dell’Olocausto: se da un lato si vuole riconoscere i sopravvissuti come portatori di un male invalicabile che sfugge ad ogni comprensione, dall’altro lato si apre al negazionismo che ripudia quella memoria, rivendicando una libertà che la metta sullo stesso piano dei primi. La posizione del negazionismo è chiara: se fosse avvenuto davvero l’olocausto, non ci sarebbero potuti essere testimoni, ma anche nel caso in cui ci fossero sarebbe una ricostruzione vana di ciò che è accaduto, proprio perché le ceneri non possono parlare. In mancanza di prove certe e incontrovertibili, proprio quelle ceneri silenziose rischiano di essere dimenticate. Stando a ciò, la Giornata della Memoria sembra diventare solo uno scontro tra posizioni avverse, da cui non si trova una via di fuga.
Il rischio che si fa avanti è quello di danneggiare quella memoria: tutto sembra diventare uno scontro di opinioni, nel quale nessuno può prevalere sull’altro. Serve allora adottare una strategia diversa, che permetta di eliminare il negazionismo ma anche di affermare il riconoscimento dei sopravvissuti.

Per fare ciò, occorre osservare quel che accade nel mondo; in questo modo è possibile denotare come tutt’oggi si susseguano atrocità che potrebbero avere assonanze con le vittime dell’Olocausto: persone che vengono trattate in modo disumano, senza nessun rispetto della loro dignità. Ed è qui che il passato dei sopravvissuti ottiene nuova linfa: non si tratta di sfruttarlo per fini presenti, ma di comprenderlo per compararlo al presente. La memoria identitaria di quel gruppo viene difesa con maggior tenacia solo quando si impedisce nel mondo di oggi che quegli stessi avvenimenti si ripresentino. Mostrare di aver imparato la lezione, non autocommiserandosi con un ‘mea culpa’ generale, ma prendendo la iniziativa per cambiare le cose.

A questo punto, considerare la comparazione, però, potrebbe sottolineare una mancanza di riconoscimento e ricondurre tutto a qualcosa che può capitare a tutti, eliminando ogni tratto degno di nota. Ma così non è: solo grazie a questa ‘de-individualizzazione’ si ha davvero riconoscimento. Infatti, se da un lato permette di trovare somiglianze, impedendo un ritorno al passato e aiutando a capire come agire; dall’altro lato, grazie alle differenze trovate, è possibile evidenziare quella unicità. Ecco che allora è possibile avere una nuova arma contro il negazionismo: non potendo sconfiggerlo nel campo delle opinioni, il campo pratico diventa indispensabile. Evitare di ripetere, e far ripetere, il passato diventa il miglior alleato contro chi nega l’innegabile: l’azione impedisce che si creino simili occasioni in cui il negazionismo potrebbe riproporsi.

Le parole del filosofo Todorov racchiudono questo messaggio:

«Il razzismo, la xenofobia, l’esclusione che colpiscono gli altri non sono identici a quelli di cinquanta, cento o duecento anni fa; nondimeno dobbiamo, in nome di questo passato, agire sul presente» (T. Todorov, Gli abusi della memoria, Meltemi, 1998, p. 46).

Farsi carico delle ceneri dei morti senza dignità affinchè non si ripeta la stessa cosa. Questo deve essere il compito a cui siamo portati affinchè ci sia un senso nella memoria e si riconosca l’identità di un popolo: prendersi le responsabilità in quanto umanità di ciò che è accaduto e sdebitarsi agendo nel presente in vista di un futuro migliore, sulla scorta del passato.

 

NOTE
Photo credit Karsten Winegeart via Unsplash

Tommaso Donati

Tommaso Donati

Preciso, Ambizioso, Studioso

Sono nato a Busto Arsizio il 04/05/2002, e tutt’oggi vivo nei paraggi di questa città. Seguendo la passione per la filosofia, ho deciso di continuare gli studi presso la medesima facoltà dell’Università degli Studi di Milano che tutt’ora frequento. Mi piace leggere tematiche di vario tipo dalla filosofia alla letteratura alla scienza: ogni occasione è […]

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