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Meritocrazia: chi è costei?

Il mondo ricompensa più spesso le apparenze del merito che il merito stesso.

Francois De La Rochefoucauld 

Viviamo in una società grigia; riuscire, ecco l’insegnamento instillato dalla corruzione dominante. Sia detto alla sfuggita, il successo è una cosa piuttosto lurida; la sua falsa somiglianza col merito inganna gli uomini. Per la folla, la riuscita ha quasi lo stesso profilo della supremezia. Il successo, sosia della capacità, sa ingannare per bene la storia.

Victor Hugo

Meritocrazia, parola usata se non abusata nel nostro Paese, ma rimasta astratta, poco concretizzata in una società che poco ha di meritocratico.

La meritocrazia dovrebbe essere quella ferma convinzione che chiunque occupi ruoli rilevanti debba essere scelto per le capacità e non per ereditarietà, ricchezza o potere.

Il termine fu utilizzato per la prima volta da Michael Young, nel suo libro Rice of the Meritocracy (1958) ed è il connubio tra le parole merito come bontà degna di lode e aristocrazia, ovvero la classe più alta in alcune società.

Inizialmente il termine aveva un significato dispregiativo che determinava la posizione sociale di un individuo come dettata dal suo quoziente intellettivo e dallo sforzo e tale sistema sociale finisce per portare a una rivoluzione della massa contro l’élite.

La meritocrazia, anche se il concetto è divenuto noto a partire dagli anni ’60, era già bene presente nell’Antica Grecia tra i filosofi.

I sofisti elargivano sapere ‘a pagamento’ e addirittura Protagora offriva il servizio a pagamento solo se gli studenti si sentivano soddisfatti della lezione.

Nell’antichità si parlava di axiocrazia per sottolineare una società che riconoscesse il valore della professionalità e cognizione di causa:

proprio il professionismo culturale, nell’antica Grecia, aveva ancora un valore e un’utilità sociale riconosciuta. E la ricchezza era tanto più consistente a seconda del merito. Socrate, nell’Ippia Maggiore di Platone, si fa un po’ commercialista dei sofisti e di Gorgia ricorda: «venne qui e davanti al popolo ottenne gran fama con i suoi ottimi discorsi e in privato, tenendo conferenze con i giovani, guadagnò e ricavò molti soldi da questa città». 

I Greci fondavano la loro società sulla meritocrazia (quella del corpo, per gli atleti e quella della mente, talvolta anche in competizione fra loro). Pitagora sceglieva in base al merito: «Specificamente egli credeva necessario indirizzare gli sforzi verso le scienze e gli studi e stabilire, per i suoi discepoli, prove svariatissime e castighi… Prove, premi e castighi da imporre all’anima col massimo rigore». 

(da I Greci maestri di meritocrazia di Dorella Cianci, Il Sole 24 ore, 30 Giugno 2013)

Discordanti sono però le opinioni riguardo ad una società basata sul merito: i fautori di questa convinzione ritengono che la meritocrazia sia la soluzione per una società più produttiva e non-discriminatoria, che risponda al criterio di giustizia che chi eccelle deve ottenere ciò che merita; i detrattori sono convinti che, invece, il basarsi esclusivamente sul merito, possa portare ad un eccesso di potere monopolizzato da parte di pochi e discriminazione sulla base del quoziente intellettivo e dello sforzo che a lungo andare nuocerebbe ai più, dunque alla società.

Nel nostro Paese si parla sempre di assenza di meritocrazia, senza rendersi conto che essa è prima di tutto un principio soggettivo cui ‘assoggettarsi’ che si concretizza nel dovere di ciascuno di conseguire gli obiettivi al meglio, scegliendoli a seconda delle proprie capacità: questa è la cultura del merito cui la nostra società dovrebbe aspirare.

Diffondere questa ‘cultura’ è forse l’innovazione metodologica più urgente. Meritocrazia può essere intesa anche come il sollecitare ad una sfida con se stessi prima che con gli altri. Il principio meritocratico può non mirare solo a promuovere l’eccellenza in vista di un premio sociale adeguato, ma può servire anche alla valorizzazione della ‘normalità’ e alla crescita generale della società, spronando a rifiutare un livellamento verso il basso. Se è vero che la meritocrazia genera le ‘èlite’, può tuttavia produrre anche una comunità capace di controllarne l’operato, condizione necessaria per la democrazia.

Salvatore Daniele, Meritocrazia

Valeria Genova

[Immagini tratte da Google immagini]

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