Cosa accadrebbe se Adolf Hitler si risvegliasse oggi nel cuore della Germania e iniziasse a comportarsi esattamente come fece nel 1933? La domanda, piuttosto inquietante, è stata posta nel 2012 dallo scrittore tedesco Timur Vermes che ha dato vita a uno dei romanzi più riusciti degli ultimi anni, trasformato oggi in un adattamento cinematografico pronto a sbarcare sugli schermi italiani e sulla piattaforma digitale Netflix.
Lui è tornato. E’ questo il titolo di un vero e proprio miracolo artistico che riesce nell’intento di farci riflettere sulle tante contraddizioni del nostro presente. Il film, diretto da David Wnendt, ci mostra un mondo in cui la politica è allo sbando per colpa di persone che badano solo ai loro interessi, in cui i cittadini si lamentano per i molteplici sbarchi di migranti e richiedenti asilo, mentre la televisione propina di continuo programmi di cucina o reality basati su trash e volgarità. È il nostro mondo, starete pensando, ma se a farvi notare tutte queste cose fosse l’autore del Mein Kampf in persona, voi come reagireste? La risposta che il film dà è a suo modo geniale: sfruttando il genere poco conosciuto del mokumentary (ossia una storia di finzione raccontata attraverso lo stile di un documentario), Wnendt riesce a rendere giustizia alle pagine del romanzo di Vermes, raccontando la nuova ascesa di un Führer (interpretato magistralmente da Oliver Masucci) che torna a farsi amare dal popolo che egli stesso aveva condotto alla rovina durante la Seconda Guerra Mondiale. Aiutato da un giovane e fallito regista televisivo, che in lui vede solo un attore da proporre come novità al suo network per non essere licenziato, il nuovo Hitler inizia a girare le città della Germania, ascoltando l’opinione della gente che gli parla del proprio malcontento. I video del suo ritorno iniziano così a essere diffusi in Rete e da lì le televisioni cominciano a vedere in lui un enorme potenziale per la conquista dello share. In un contesto del genere, per amore della propaganda, il Führer è anche disposto a farsi trattare come un comico da baraccone pur di raggiungere il suo scopo. Del resto, chi mai potrebbe credere di trovarsi di fronte al vero Hitler? Peccato però che la realtà superi di gran lunga la finzione, e così l’epifania collettiva dei protagonisti rischierà di arrivare troppo tardi, rendendo inevitabile il ripetersi della Storia.
Lui è tornato è un film che contiene al suo interno molteplici insegnamenti. Non si tratta di una semplice opera satirica che deride o ironizza una delle pagine più buie dell’umanità. È piuttosto un vero e proprio pugno in faccia ai tantissimi perbenisti ipocriti che affollano il nostro tempo, sbandierando il politically correct mentre cercano di imporre a tutti la loro convinzione di essere nel giusto. Lui è tornato azzera i confini tra giusto e sbagliato. È un film che mina le nostre certezze perché non è un deprecabile lavoro di propaganda o una banale condanna verso le dittature. È un grido d’allarme che ci avvisa che proprio in momenti di enorme crisi come quelli che stiamo vivendo, personaggi determinati e con una precisa ideologia politica, come quella di Hitler, possono fare proseliti. Il fatto che Lui è tornato sia stato scritto, pensato e diretto in Germania potrebbe portarci a pensare che il popolo tedesco abbia compreso appieno la gravità di ciò che è stato commesso in passato. La realtà dei fatti è però ben diversa. Vermes e Wnendt ce lo dicono chiaramente: il confine tra una grottesca finzione e la realtà dei fatti sta diventando, giorno dopo giorno, sempre più labile. Spetta solo a noi non addormentarci di nuovo nel sonno della ragione.
Alvise Wollner
Gli intellettuali oggi