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L’Amicizia, tra la brama del proprio utile e il suo valore

L’amicizia è una forma di greca φιλία, il buon sentimento verso qualcosa, abilmente intrecciato al puro amore, che questo si rivolga a un oggetto inanimato o a un essere vivente.
L’antica sapienza greca ci ricorda sovente il significato immenso di questo concetto, e ci insegna ciò che spesso è celato al nostro sguardo: il suo valore.

Privato dell’amicizia, all’uomo spetta un destino piuttosto triste, di sprofondare nella solitudine di una vita incompleta, poiché senza il sereno dialogare tra amici, la magia di ogni vespro è perduta.
Non dobbiamo però illuderci che questo dono ci sia concesso dagli dei greci dell’Olimpo, ogni virtù nasconde un vizio. Come ricorda Aristotele, l’amicizia coltivata dall’uomo è un’amicizia di utilità, è un sentimento in costante ricerca di ciò che è buono, piacevole, favorevole a sé. Costruiamo amicizie egoiste, perché infatti impieghiamo la grandezza del sentimento amico per meschini profitti, il solo nostro provento, quasi l’amicizia fosse una moneta bronzea!
Alcuni osservano, contrariamente al Filosofo, che tra i loro desideri primi c’è la felicità dei loro cari e che l’utilitarismo del suo pensiero scade in una condizione negativa ed eccessiva. Non c’è pensiero più scorretto secondo Aristotele, la letizia di chi amiamo produce in noi un sentimento gaio, per cui desideriamo il diletto degli amici per un nostro fine di godimento.
Cionondimeno, sussiste al mondo l’amicizia vera. Si tratta della benevolenza autentica che un essere buono prova nell’animo nei confronti di un altro essere buono, ancorché esistano pochi uomini pienamente virtuosi e abili d’amicizia. Il saggio, colui che quindi conosce l’arte della vita, concepisce l’amico come un altro se stesso e, rispettando interamente sé, considera la persona amica in modo assoluto.
Ecco l’amicizia casta.

Personalmente, possiedo soltanto vent’anni fra le mie mani scrittrici, si direbbe che io sia oltremodo giovane per intendere l’amicizia onesta, eppure la conobbi; l’amicizia vera, la quale mi condusse a scrivere il mio primo romanzo “Soffiava un vento leggero”, il romanzo dell’amicizia. E interrogando i più giovani negli incontri di presentazione nelle scuole mi accorgo che nello spirito umano l’idea di amicizia è maestosa.
Alcuni ragazzi sostenevano che la definizione di amicizia potesse dirsi infinita, certuni altri che fosse totalmente soggettiva e che non si potesse giungere a un significato universale, infine un ragazzo paragonò l’amicizia a un’azione sportiva, dove il supporto amico è nodale. Una metafora straordinariamente colta.

Il vigore del sentimento amico è eterno e caotico, e non si arresta né alle parole dei filosofi che ne parlano, né ai confini umani delle nostre azioni abituali. Si narra che l’unica estremità dell’amicizia sia l’orizzonte, giacché una volta raggiunto, questo è nuovamente scampato allo sguardo. Non si diverrà mai padroni dell’orizzonte, giammai tiranni dell’amicizia. L’amicizia è in noi, sebbene talvolta ci trascenda.

 

Daniele Barbisan

20 anni, scrittore esordiente e al primo anno di Filosofia a Padova. Ha partecipato a molti Premi Letterari nazionali e internazionali e ha ricevuto una trentina di riconoscimenti e di segnalazioni. Ha vinto diversi primi premi con racconti brevi e componimenti poetici.
Ha inoltre pubblicato nel 2014 il suo romanzo d’esordio Solo un’avventura con Edizioni Il Pavone e il 2 giugno 2015 è uscito il suo secondo romanzo, Soffiava un vento leggero edito da Badiglione editore di Ferrara.

[Immagine tratta da Google Immagini]

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