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La musica che trascende spazio e tempo: intervista ad Alcesti, band trevigiana

Alcesti nasce nel 2013. Rappresenta un luogo ideale dove poter assemblare esperienze musicali affini e distinte per raggiungere un suono ed un fine comune. Mattia Quaglia, Marco Ferrante e Stefano Cocco iniziano a suonare insieme senza voler etichettare i loro suoni, lasciando semplicemente scorrere attraverso i loro strumenti ciò che più sente la necessità di essere espresso.

Sotto forma di musica nascono idee contaminate da ogni esperienza individuale: dal disegno alla lettura, dai paesaggi ai viaggi, dalla poesia e dai sogni. Il risultato è un rock fresco, che spesso cavalca le onde del post-rock fino ad infrangersi negli scogli più crudi del rock alternativo italiano.

I testi in italiano sono racconti a tratti reali e sensibili, a tratti onirici e disorientati di ciò che ci circonda, senza la pretesa di coglierne un senso ma con l’ambizione di riviverne il momento.

La band ha all’attivo un singolo, “Navigherò il tuo ventre” e un demo-ep intitolato “Invertebrati”, con i quali ha iniziato a farsi conoscere a critica e pubblico.
Il gruppo è tra i fondatori di Sisma, organizzazione nata nell’estate 2014 con l’intento di promuovere la musica underground ed indipendente della scena italiana e locale. Fin da subito ha collaborato con i Sotterranei di Padova e coinvolto le etichette indipendenti più importanti ed attive della regione. Ad oggi il collettivo ha potuto ospitare band come C+C=Maxigross, Captain Mantell, Altre di B, Norman.

12615562_1057605454260099_3225204667855393876_o Un disco che ha un titolo duplice, Nell’esistente e nell’onirico, o che si completa nell’unione di entità opposte. Quali sono i punti in comune che risiedono nell’esistente e nell’onirico?

Il vero punto che lega queste due dimensioni è la coscienza. Osservare, sentire, percepire prendendone semplicemente atto, arrendendosi al mistero, accentandolo qualsiasi esso sia. Perchè nei nostri testi l’uomo ha un bisogno viscerale di arrendersi, di lasciare andare l’assoluta ragione, perchè priva di soddisfazione.

E’ solo la musica l’arte attuale che può meglio descrivere e accogliere i valori a cui fate riferimento?

Crediamo che qualsiasi forma d’arte se accettata come tale possa ergersi traghettatrice di qualsiasi valore. La musica leggera lo fa con le sue armi, il suono, la poetica, la metrica e le liriche. Pensandoci comunque la stessa parola “valore” potrebbe suonare sbagliata per le nostre intenzioni. I nostri sono pensieri arresi al tempo, che siano anni o secondi, senza la pretesa di divenire valori, al massimo nostre prospettive di verità. Ognuno dovrebbe averne una nel rispetto delle altre.

Riguardo il processo creativo, la ricerca e la scelta delle parole e dei concetti trattati si è svolta più nell’esistente o nell’onirico?

Entrambi, l’uso della metafora ci permette di distaccarci dalla realtà paragonandola a qualcosa di più ampio. Di conseguenza l’intento è quello di dondolarci tra queste due dimensioni, cogliendone emozioni e sensazioni da tutti e due i fronti.

Come le idee di Platone risiedevano in una dimensione estemporanea e particolare, così le vostre canzoni parlano di momenti e vicende non collocate nel tempo. Questo perchè i concetti descritti sono affini ad ogni epoca storica? 

Ci piace scrivere testi che non siano legati al tempo e allo spazio. Sono le due gabbie più grandi dell’essere umano, non siamo in grado di comprendere nulla di reale al di fuori di queste. L’intenzione è quella di spargere pensieri che possano essere talmente arresi e leggeri da planare al di sopra di ogni dimensione. Non è egocentrismo ma resa, davvero. Questo è ciò in cui credo, lo colloco qui, tra terra e cielo, tra sogno e realtà, se ti va prendilo e plagialo con dei tuoi significati, altrimenti puoi lasciarlo li.

cover frontSe ‘Nell’esistente e nell’onirico’ fosse una corrente filosofica, quale sarebbe?

Fenomenologia.

Per Kant spazio e tempo non sono né una realtà oggettiva in se stessa, né semplici relazioni tra oggetti, ma piuttosto forme a priori della sensibilità umana. Esse condizionano ogni nostra esperienza sensibile in quanto le cose ci sono presentate sempre all’interno di uno spazio e di un tempo. Da un lato questi dunque operano solo in presenza dei dati dell’esperienza, ma dall’altro sono ricavati per astrazione dalla sensazione. In che modo le parole delle vostre canzoni trascendono spazio e tempo? Possiamo veramente trascendere queste categorie?

I testi delle nostre canzoni non sono situati in un arco temporale ben definito, anche se chiaramene hanno delle radici forti nel nostro presente. La dimensione onirica e dell’immaginazione sicuramente ci ha aiutato a trascendere lo spazio fisico del presente e a volare avanti e indietro nel tempo, ma non abbiamo mai perso d’occhio il qui e il dove: ecco perché la duplicità del titolo dell’album.

Credo che nell’arte la capacità di trascendere il tempo e lo spazio sia uno dei criteri grazie ai quali un’opera scritta o musicale possa dirsi davvero grande. D’altronde cosa sono i classici? Opere del passato che in qualche modo riescono ad avere un valore anche nel presente e ispirare le persone in epoche storiche differenti.

Platone diceva che la musica è una legge morale che dà un’anima all’universo, le ali al pensiero, uno slancio all’immaginazione, un fascino alla tristezza, un impulso alla gaiezza, e la vita a tutte le cose. Per voi che cos’è musica? Quali sono gli ingredienti che fanno sì che una canzone possa considerarsi una bella canzone?

Per noi la musica è prima di tutto una necessità, qualcosa che nasce dal profondo e che trova in questo canale artistico la sua forma di espressione prediletta. Non so se per puro diletto suoneremmo con la stessa motivazione e tenacia, ma io credo di no. Poi ovviamente ci sono altre componenti nel nostro mix personale di “cos’è la musica”, dal brivido di suonare ai concerti al senso di libertà che ti trasmettere creare un pezzo nuovo, ma direi che il senso di urgenza espressiva è l’elemento fondamentale.

Per fare una bella canzone non esistono chiaramente formule magiche predefinite, però gli elementi più importanti, almeno per noi, sono sicuramente la melodia e la complementarietà con l’arrangiamento strumentale. Poi questa cosa si può mettere in pratica in tanti modi: con una chitarra e due accordi oppure con una band di otto componenti che fa prog, o con tutte le diramazioni che ci stanno in mezzo e oltre. Le combinazioni sono infinite, a noi sta il compito di coglierle.

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Un’opera concepita assieme a Sisma e alle realtà musicali emergenti – e non – del Veneto. Cosa le unisce? Si può quindi fare squadra nell’esistente, e anche nell’onirico?

E’ stato un sogno e poi è diventato realtà, ma se i sogni sono reali allora siamo a cavallo, e più generano conseguenze reali più esse genereranno sogni immensi. Ci si autoalimenti e si sogna, finchè la realtà ce lo concede.

Raccontateci come avete vissuto, prima, durante e dopo, il vostro release concert a Treviso di pochi giorni fa.

Siamo in sala prove tre volte alla settimana, potessimo viverci lo faremmo. Prima del concerto eravamo parecchio carichi, ma sempre a piccole dosi, ci piace percepire l’adrenalina ma anche credere di saperla controllare. Del concerto abbiamo pochi ricordi, è sempre così, qualche fotogramma del mare di amici presenti sotto al palco e qualche foto reale. Siamo totalmente immersi da non renderci conto del tempo e dello spazio appunto. Dopo il concerto si sta bene, si respira a pieni polmoni, si abbracciano gli amici, si è più vivi che mai.

Che cosa significa per voi Filosofia?

Significa porsi le domande giuste, senza la pretesa di darsi delle risposte coerenti o definitive, ma con lo scopo di stimolare la conoscenza di ciò che ci circonda e di ciò che ci sta dentro. E’ un po’ quello che facciamo anche con la musica: cercare di esplorare nuovi territori mettendo in discussione le nostre certezze. E’ un modo per crescere come persone e come artisti.

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Ascolta le canzoni: qui

La redazione

[immagini concesse da Sisma]

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