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La bellezza del prestare attenzione

Perché dovresti stare qui e, come è scritto nel titolo, prestare attenzione? Senza nessun obbligo né biasimo, potresti benissimo interrompere qui la tua lettura, dimenticarti di queste parole in pochi minuti e andare avanti. Anche nella vita capita: spesso, ad ogni domanda a cui non si è in grado di rispondere in modo immediato, si risponde: “boh” e si va avanti. Quante volte siamo caduti in quei momenti di oziosa riflessione interrogandoci sulla nostra esistenza, o, scrollando su Instagram, ci siamo chiesti quanto ci fosse di vero e quanto di nascosto dietro agli apparenti attimi di vite perfette? Quante volte, usando un oggetto, ci siamo chiesti chi lo abbia inventato o da dove derivi il suo nome?

Qualcosa del genere è capitato a tutti, e di solito si reagisce così: si scrolla la testa, come per farsi scivolare la domanda giù dai capelli (per chi li ha) e si passa alla prossima frenetica attività tra le decine che occupano le nostre vite.
Eppure nasciamo pieni di domande, da bambini non si smette mai di chiedere, ci si meraviglia per ogni cosa perché tutto è nuovo, ma, man mano che si cresce, si smette di interrogare e interrogarsi. Arrivano le preoccupazioni, gli amici, il lavoro e in poco tempo, un “boh” per volta, ci si disabitua totalmente a farlo. 

Quindi ecco perché dovresti prestare attenzione: perché ogni volta che diciamo “boh”, ogni volta che ignoriamo la curiosità invece di coltivarla, una piccola parte di noi di spegne, si assopisce e alla fine si atrofizza.
Certamente è una soluzione facile; è facile perché abbiamo altro a cui pensare; perché, in un tentativo di scusa piuttosto goffo, riteniamo inutile pensare a quelle cose; o perché, più banalmente e semplicemente, non ne abbiamo voglia. Ecco, si può dire che il “boh” sia molto pratico come strumento: lascia in sospeso un problema finché non evapora da sé

Arrivati a questo punto, ciò che ci può salvare non è che, per ironia della sorte, un’altra domanda: davvero ne vale la pena? Davvero sono disposto a rinunciare a interrogarmi, a scoprire, solo per ottenere in cambio un’apparente tranquillità, una mollezza priva di gusto che non fa altro che rendere la vita ogni giorno più grigia?
No ovviamente, bisognerebbe a questo punto gridare a gran voce, gettando via quel torpore! Il “boh” è facile, veloce, immediato; caratteristiche che nel nostro mondo sono viste come qualità, perché contribuiscono a rendere qualcosa più efficiente e funzionale, ma non fa altro che occultare, centimetro per centimetro, ciò che fin dall’antichità è considerato da alcuni come la massima espressione possibile di umanità, sebbene piuttosto faticosa da utilizzare correttamente: il pensiero. 

Solo attraverso il continuo pensare, l’interrogare il mondo, anziché subirlo passivamente, si può diventare persone più consapevoli, sempre investite da nuovi stimoli, si può provare a comprendere quel meraviglioso fenomeno che è la vita oltre al modo in cui appare; e sì, questo è enormemente complicato e a tratti scoraggiante, ma è l’unico modo che esista per essere veramente felici. 

E di questo messaggio, il quale più che una semplice riflessione è una vera e propria condotta di vita, si fa portavoce nientemeno che Platone, nella famosa Settima lettera. Qui egli parla di ciò che comporta la vera ricerca filosofica: afferma che la filosofia è sì questione di disposizione personale, ma soprattutto di impegno, di un lavoro continuo ed estremamente faticoso del pensiero, una salita che non risparmia neanche un singolo passo a chi decide di intraprenderla. È la strada più bella di tutte, ma anche la più difficile, che non ha scorciatoie, e chi vi si approccia tentando di trovarne si scoraggia, finendo per abbandonare la filosofia e riempirsi la bocca di opinioni poco ragionate e idee errate, ma più facili da ottenere, rinunciando quindi alla verità. 

Platone in questo testo sta parlando a Dionisio II, il tiranno di Siracusa, per saggiare il suo desiderio di conoscenza, che alla fine si rivela poco sincero. Mettendo da parte il caso specifico, il messaggio è chiaro: solo chi non si arrende davanti all’apparenza, chi è disposto a dedicare tempo ed energie a pensare a ciò che lo circonda, può praticare la filosofia, e quindi, per Platone, iniziare un cammino verso un’autentica felicità. Alla fine è questo il senso più profondo della filosofia: ci aiuta a capire in cosa siamo immersi tutti i giorni, ciò che ci circonda da sempre, ma che, per pigrizia, non abbiamo mai davvero osservato.

 

 

Alessandro Viotti
Dopo aver conseguito il diploma al liceo delle scienze umane, si è iscritto al corso di laurea in Filosofia, di cui sta frequentando il terzo anno. In particolare si interessa di filosofia antica, in merito alla quale sta scrivendo la sua tesi di laurea triennale, ma trova affascinante ogni branca di questa meravigliosa materia. Per qualche tempo si è dedicato alla divulgazione filosofica sui social, siccome ritiene che la filosofia possa davvero aiutare le persone a vivere meglio.

NOTE: [Photo credit Kenny Eliason via Unsplash]

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