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Sartre

Identità e senso in Sartre

Nel 1934, poco dopo essersi dedicato allo studio di Husserl e Heidegger, Sartre scrive uno degli “ingressi alla filosofia” più interessanti di tutto il Novecento: La trascendenza dell’Ego, un’opera che dà prova di essere tanto complessa nel linguaggio quanto nei propositi. Nella riflessione di Sartre, l’io non è da intendere come padrone dominante della realtà ma è più precisamente costituito a partire dal rapporto con i propri oggetti: non è un ente astratto e distaccato dal mondo ma più concretamente qualcosa che sorge e si modifica in esso. A tal proposito, significative sono le pagine che Sartre scrive all’inizio del secondo capitolo quando definisce l’odio uno stato, affermando di voler sottolineare, con questa definizione, il carattere di passività che caratterizza il sentimento (e dunque più in generale l’uomo), e aggiungendo:

«Si dirà forse che l’odio è una forza, un impulso irresistibile ecc. Ma anche la corrente elettrica o la cascata d’acqua sono forze temibili: questo toglie forse qualcosa alla passività e all’inerzia della loro natura? Forse che non ricevono la loro energia dal di fuori? La passività di una cosa spazio-temporale si costituisce a partire dalla sua relatività esistenziale. Un’esistenza relativa non può che essere passiva» (J.P. Sartre, La trascendenza dell’ego, Marinotti, 2011, p. 58).

Sartre effettua dunque un passaggio particolarmente significativo: il sentimento è passivo in quanto non generato attivamente dall’individuo ma legato al rapporto che esso ha con il mondo ma, nonostante ciò, non è da svalutare e da intendere come manchevole di qualcosa; si potrebbe per l’appunto paragonare l’odio, o una generica affezione, ad un corso d’acqua: sono del tutto contingenti il suo movimento e la sua conformazione ma ciò non può portarci ad inferire che le acque che lo attraversano siano per ciò meno forti e costanti.

Tutto ciò sembra trovare una importante conferma in ciò che Sartre scrive ne La Nausea quando afferma che «nella nostra partita noi abbiamo a che fare soltanto con sentimenti completi, ai quali diamo nomi generici come Ambizione, Interesse» (J.P. Sartre, La Nausea, Mondadori, 1980, p. 25). Con ciò si evidenzia, per l’appunto, il modo in cui la relatività del sentimento non sia disgiunta dalla sua pienezza e dalla sua trascendenza rispetto all’individuo e al linguaggio di cui esso si serve.

L’analisi proposta dall’autore pone dunque rilievo su alcuni punti centrali per comprendere l’uomo contemporaneo: l’io non è una certezza cartesiana (cogito ergo sum), non è statico, non agisce in maniera attiva e sovrana su un mondo che è passivo e sottomesso; il soggetto è, alla luce di ciò, attivo ma anche passivo, agente nel mondo e costantemente modificato nelle proprie caratteristiche da ciò che il mondo gli offre o gli para contro. Da questo punto di vista l’esempio proposto nel trattare il tema del sentimento è particolarmente importante perché se il sentimento è relativo e l’uomo è spesso passivo nel provarlo, allora l’uomo non è sempre padrone di sé stesso e dei propri stadi ma è spesso colpito, modificato, migliorato da essi; la passività del sentimento è segno concreto della passività esistenziale per la quale il mondo e la concatenazione di fatti che in essi avvengono possono incidere non solo sulla nostra affettività e sui nostri sentimenti ma più in generale sulla vita e sul senso che ad essa attribuiamo.

In ultima analisi, ciò che i temi esistenzialistici presenti in questi due testi propongono al soggetto è di mettere in discussione il proprio io e la possibilità di coglierlo in una sua unica declinazione: l’io non si dà come gli altri oggetti ma  non è distinto radicalmente dal mondo a tal punto da non esserne toccato o modificato.
Il senso del soggetto non è, in conclusione, stabilito a priori ma deve essere reinterrogato, reinterpretato e modificato tanto da ciò che più passivamente ci circonda quanto da ciò che più attivamente mettiamo in scena per costruirlo.

 

NOTE
Photocredit Karl Magnuson via Unsplash

Gabriele Iacono

Gabriele Iacono

Curioso, Ambizioso, Volenteroso

Mi chiamo Gabriele, ho venti anni e vengo da Ragusa. Mi sono trasferito a Pisa per intraprendere lo studio della Filosofia, materia che mi ha sempre incuriosito e stimolato e che ancora oggi mi fa sorgere tanti nuovi interrogativi. Sono interessato soprattutto agli esistenzialismi, al tema del senso (e dei sensi) e al concetto di […]

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