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Dalla moda alla noia: intervista a Lars F. H. Svendsen

Intervistiamo il professor Lars F. H. Svendsen, filosofo norvegese classe 1970 autore di molti libri e docente all’università di Bergen, Norvegia. La sua riflessione filosofica riguarda numerosi aspetti della vita quotidiana di ciascuno, racconta in numerose pubblicazioni arrivate anche in Italia, alcune delle quali hanno riscosso un buon successo. Citiamo tra gli altri Filosofia della moda (Guanda 2006), Filosofia della paura: Come, quando e perché la sicurezza è diventata nemica della libertà (Castelvecchi 2017) e Filosofia per amanti degli animali (Guanda 2020).
Ecco cosa gli abbiamo chiesto.

 

Giorgia Favero – La moda ha come fondamento il nuovo di per sé, senza utilità né volontà estetica: per questo è irrazionale, perché persegue il cambiamento per il cambiamento. Considerando però i danni ambientali e sociali causati soprattutto dalla cosiddetta fast fashion, che rendono l’industria della moda una delle più inquinanti al mondo, ritiene possibile l’esistenza di una moda (sempre nel senso di abbigliamento) che vada di pari passo con l’ecologia?

Lars F. H. Svendsen – I vestiti economici sono prodotti in grandi quantità e non sono fatti per durare a lungo, inoltre sono inevitabilmente molto dannosi per l’ambiente. Tuttavia il fatto che la moda sia stata per così tanto tempo un riciclare la moda precedente significa che c’è un nuovo potenziale di durata pur restando sempre alla moda. Per cui direi che la cosa più utile per l’ambiente che possiamo fare è comprare ai mercatini dell’usato o di seconda mano degli oggetti di vera qualità e che quindi siano duraturi.

 

GF – Nel 1999 ha pubblicato il libro A philosophy of boredom (Guanda), in cui ad un certo punto scrive che «boredom can be like the voice of conscience». 11 anni dopo questa pubblicazione, metà del mondo ha vissuto più o meno lunghi lockdown a causa della pandemia da Covid-19: crede che possa essere stata l’occasione ideale per sperimentare questa “voice of conscience”?

LS – Credo di sì. Questa crisi taglia fuori così tanto della nostra vita quotidiana e ordinaria che abbiamo un’occasione per riorientare e ripensare noi stessi all’interno delle nostre vite. Poiché alcune fonti di significato non sono più disponibili, abbiamo l’opportunità di trovarne di nuove, e forse di più solide – dopo aver guardato tutto quello che Netflix e simili avevano da offrire. Emerge uno spazio nel quale uno può porsi la domanda: cos’è che mi interessa? Mi interessa quello che dovrebbe interessarmi?

 

GF – Il suo ultimo libro edito in Italia è “Understanding Animals: Philosophy for Dog and Cat Lovers” (Guanda 2020) e offre molti spunti interessanti che aiutano ad uscire – almeno per qualche momento – dalla nostra prospettiva antropocentrica. Ma per quale motivo secondo lei dovremmo provare a comprendere gli animali, soprattutto considerando che viviamo in un mondo in cui la stragrande maggioranza degli animali esistenti viene allevata per essere mangiata?

LS – Un punto fondamentale del libro è la dimostrazione che c’è molta più continuità tra la mente umana e quella animale rispetto a quello che i filosofi hanno sempre sostenuto. Perché dovremmo interessarci degli animali? Gli animali hanno dei comportamenti morali, nonostante gli animali ne abbiamo di diversi tra di loro, ma questo perché tra loro differiscono nel livello di qualità morali che posseggono. Gli animali che sperimentano il dolore non dovrebbero essere sottoposti al dolore quando non necessario. Gli animali con un ampio range di preferenze e di gusti dovrebbero veder riconosciute le loro preferenze, soprattutto quando allevati in cattività. Tuttavia, non credo che nessun altro animale che non sia l’essere umano abbia consapevolezza della propria finitudine, coscienza d’essere nati e che moriranno, e quindi non credo che uccidere animali non umani sia necessariamente sbagliato, anche se solo per essere mangiati.

 

Giorgia Favero – Professor Svendsen, qui in Italia siamo in attesa della sua prossima pubblicazione, Filosofia della menzogna (Guanda), prevista per marzo 2022. Vuole darci una piccola anticipazione?

Lars F. H. Svendsen – Il libro è una analisi approfondita sul mentire nella vita quotidiana. Che cos’è esattamente una bugia e in che modo essa si relaziona con fenomeni correlati? Inoltre indago l’etica del mentire, cioè perché mentire è considerato quasi sempre moralmente sbagliato, e perché è particolarmente sbagliato farlo nei confronti degli amici. Il libro si conclude con uno sguardo alla politica, dalla teoria di Platone della “nobile bugia” fino alla “Big Lie” di Donald Trump. Poiché concetti come “fake news” e “fonti alternative” riempiono i nostri feed social, la mia conclusione è qualcosa che forse sorprenderà: anche se occasionalmente mentiamo, noi siamo per la maggior parte delle persone degne di fiducia. Avere fiducia negli altri ci rende vulnerabili e sicuramente verremo ingannati qualche volta, però considerando tutto la fiducia e la vulnerabilità sono preferibili a una vita in un costante clima di sfiducia.

 

GF – Scorrendo i titoli dei suoi libri, è possibile riconoscere un approccio molto pratico alla filosofia, una volontà di parlare a un pubblico ampio ma in chiave filosofica di questioni che riguardano la vita di tutti i giorni. In Italia la filosofia è vista ancora molto come una materia astratta ed elitaria: lei professor Svendsen come definirebbe la filosofia a un pubblico di persone che non la conoscono?

LS – Facciamo tutti della filosofia, anche quando non vogliamo chiamarla filosofia. Non possiamo impedirci di fare speculazioni attorno a delle domande filosofiche e questo è il motivo per il quale Schopenhauer definì gli esseri umani come “animali metafisici”. Inoltre, tutta la filosofia comincia con un qualcosa di pre-filosofico che si trova nell’esperienza su cui fondiamo le basi della nostra riflessione. Considerando ciò, la filosofia può essere vista come l’atto di riflettere su un significato o sull’esperienza che facciamo di qualcosa che esiste. La filosofia trae il suo contenuto e la sua legittimità da qualcosa di cui è già stata fatta esperienza e che è dato per assodato: ciò è metodologicamente significativo perché significa che la filosofia deve mantenere sempre contatto con il pre-filosofico per essere legittima, anche se tendiamo a perderci in grandi astrazioni sempre meno tangibili. Spesso ultimamente perdiamo di vista l’esperienza alla base della nostra riflessione e questo tipo di filosofia manca di un punto cruciale: la sua origine. Secondo me l’origine della filosofia nella nostra vita quotidiana è fondamentale. Come scrisse Wittgenstein: «A cosa serve studiare filosofia se tutto ciò che fa per te è impedirti di parlare in modo plausibile di qualche astrusa questione logica ecc, e se non rafforza il tuo pensiero sulle importanti questioni della vita?». Io credo che il nostro pensiero su queste questioni possa essere rafforzato, e la mia missione è scrivere libri che cerchino di fare proprio questo.

 

 

[Immagine tratta da Facebook.com]

Giorgia Favero

plant lover, ambientalista, perennemente insoddisfatta

Vivo in provincia di Treviso insieme alle mie bellissime piante e mi nutro quotidianamente di ecologia, disillusioni e musical. Sono una pubblicista iscritta all’albo dei giornalisti del Veneto, lavoro nell’ambito dell’editoria e della comunicazione digitale tra social media management e ufficio stampa. Mi sono formata al Politecnico di Milano e all’Università Ca’ Foscari Venezia in […]

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