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altruismo efficace

Da Bentham a OpenAI: l’incanto-inganno dell’“altruismo efficace”

Di fronte a un orizzonte che promette fuoco e fiamme da ogni lato (ambientale, socio-economico, geopolitico), l’inutilità dell’azione individuale pare una prigione dorata, il tentativo di spezzarla una disperata illusione. Ma un giorno milanese qualunque, un volantino azzurro mi consegna la soluzione: si tratta di un invito a partecipare ad un dibattito promosso dal movimento per l’altruismo efficace. In breve, l’altruismo efficace invita all’accumulo di denaro per avere il potere di cambiare le cose; non a caso, tra i suoi sostenitori figurano Elon Musk, Dustin Moskovitz e parte del Board di OpenAI. Dal giorno del volantino, mi tortura un quesito da far impallidire quello sull’uso nazista dell’Oltreuomo nietzscheano: se il testone imbalsamato di Jeremy Bentham potesse parlare, come reagirebbe alla trasformazione della sua teoria nella religione della Silicon Valley?

L’altruismo efficace adotta infatti l’utilitarismo, l’impostazione di etica normativa di cui Bentham è il fondatore. Nella sua formulazione di base, l’utilitarismo identifica il criterio morale fondamentale con la massimizzazione dell’utilità (o del bene)1. L’utilità può essere definita in modi differenti; ad esempio, come presenza di piacere e assenza di dolore, oppure come benessere, o come soddisfazione delle preferenze individuali. Dal momento che il bene si identifica con un fatto del mondo, come può esserlo il piacere, esso è misurabile. Ciò rende possibile la comparazione tra i diversi scenari che si configurano a seconda delle scelte e dei corsi di azione intrapresi, e la loro valutazione sulla base di quando bene producono.

Se il bene si identifica con un fatto del mondo, esso può assumere un valore oggettivo ed universale ed essere anche esteso nel tempo2. Questa la radice utilitarista di un corollario dell’altruismo efficace, il lungotermismo. Il termine, coniato dal filosofo William MacAskill, inerisce ad un orizzonte temporale ampio: se il bene delle persone future ha valore quanto quello dei presenti, occorre dare priorità a calamità improbabili ma dall’annientamento quasi certo, perché incideranno su più persone. L’esempio prediletto è quello dell’apocalisse dei robot, che comporta la necessità di investire proprio in intelligenza artificiale e robotica. Indossata la maschera di altruisti efficaci e lungotermisti, i più ricchi al mondo possono così scegliere quali siano i rischi peggiori per l’esistenza umana ignorando problemi certi ma meno redditizi quali cambiamento climatico e perdita della biodiversità; problemi da cui dipende la stessa esistenza dei destinatari di questa strana forma di filantropia, le persone future.

Occorre precisare che tra gli altruisti efficaci c’è anche chi si occupa di altro, benché in modo sospetto. Il sito di Altruismo Efficace Italia spiega che «alleviare la povertà globale, migliorare il benessere animale e provare a influenzare il futuro a lungo termine» costituiscono gli obiettivi privilegiati dell’organizzazione. Tuttavia, il resoconto dedicato ai primi due elementi è fugace: è il lungotermismo a farla da protagonista. Inoltre, le «organizzazioni benefiche efficaci» consigliate dal sito per «prevenire i danni esistenziali» sono proprio quelle dei milionari di cui sopra, insieme al centro di ricerca di MacAskill.

Altruismo efficace e lungotermismo possono configurarsi come una strategia perfetta per far dimenticare i problemi dell’oggi e giustificare flussi di miliardi in ricerche tanto funamboliche quanto remunerative. A promemoria di un fatto ciclico: la riduzione di sistemi di idee a slogan per servire interessi precisi, con distorsione o semplificazione delle formulazioni originarie. Certamente, che si tratti di Nietzsche o di Bentham, la teoria filosofica presenta in potenza alcuni dei problemi esacerbati nell’atto. Nel caso dell’utilitarismo, sia l’idea dell’accumulo di utilità, sia l’oggettività scientifica del bene presentano difficoltà; ed entrambe ricordano qualcos’altro. Il comandamento dell’utilitarismo si accorda alla perfezione con quello del capitalismo: produrre il maggior quantitativo della moneta in questione, anche se con l’intermezzo di sacrifici e trascurando altri fattori. Poter convertire tutto in denaro – ivi compreso un finto altruismo – è un grande vantaggio scientifico: nulla sfugge alla logica, né al portafoglio.

Tuttavia, ciò che spaventa di più non è la distorsione o l’uso strumentale di un’idea; ma la riuscita, da parte di chi compie questa operazione, a condizionare masse di persone dalle quali ottenere una validazione del proprio operato. Con l’altruismo efficace, la fredda razionalità del calcolo del profitto si traveste in empatia, il capitalismo più feroce si ammansisce in creatura benevola e si affida al buon cuore dei suoi campioni. Una variabile piuttosto estranea al suo spirito, ma che non manca di trarre in inganno – come drammaticamente dimostra quel volantino azzurro appeso in università.

 

NOTE
1. Cfr. L. Fonnesu, Storia dell’etica contemporanea, Carocci, 2018.
2. Cfr. G. Pontara, Etica e generazioni future, Mincione, 1995
Photocredit Braňo via Unsplash

 

Anna Bertelli
Classe 1998, si è laureata in Filosofia all’Università di Pavia e sta per conseguire il Diploma IUSS in Scienze Umane. I suoi principali interessi di ricerca ruotano intorno al binomio vivente-ambiente e uomo-ambiente, e alla disuguaglianza sociale. Dopo un’esperienza come filosofa in azienda e una come science communicator, attualmente ricopre un ruolo gestionale ed editoriale per lo European Strategy Forum on Research Infrastructures (ESFRI). Da tale prospettiva, studia da vicino le pratiche concrete della comunità scientifica ed il rapporto tra scienza e politica.

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