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Il bivio filosofico del Covid-19

Chiunque abbia mai provato a salire faticosamente su un sentiero che s’inerpica lungo i fianchi di una montagna o più semplicemente a camminare nei boschi conosce l’importanza che ricopre ogni bivio che s’incontra lungo la pista. Nella storia della filosofia è ricorrente il riferimento all’immagine della montagna come metafora della vita o del cammino della conoscenza. È nota, infatti, la potente forza primordiale che riescono ad evocare le vertigini delle vette e i paesaggi delle maestose foreste, permettendo al pensiero di ricollegarsi all’idea del viaggio, della solitudine, del sacrificio, del dolore, della terra incontaminata, del senso del limite. Fu prima Democrito a scegliere di rinunciare alle comodità di una vita agiata per vivere sulle montagne, nella «frugalità della natura vivente […] lontano da tutti gli uomini consacrato solo all’erudizione». Solo di tanto in tanto egli faceva ritorno al porto di Abdera, dove poteva ridere «del vano affaccendarsi degli uomini che gli si dispiega davanti»1. Si giunge, poi, fino a Nietzsche, che vede nell’uomo un essere che aspira «alla libera altezza», tanto la sua «anima è assetata di stelle», per cui solo chi sa «salire sulle montagne più alte, ride di tutti i drammi, di quelli recitati e di quelli seri»2.

Nella grande metafora del viaggio della vita, dunque, il bivio, per chi cammina lungo il sentiero, costituisce sempre un punto di sosta, un momento di pausa e di riflessione. Ogni incrocio è un allestimento di possibilità che fornisce l’occasione per sospendere qualche istante l’incedere del tragitto ed arrestarsi a riflettere sulla strada che si è percorsa. Una volta fermi, si può controllare la mappa e la trama del nostro cammino. È questo il momento in cui si è chiamati a scegliere la pista che si deve imboccare se si vuole raggiungere un rifugio in cui trovare riparo dal vento e dal gelo della notte o per tornare finalmente a casa. La lunga onda d’urto della pandemia del Covid-19 e le problematiche generate dello shock collettivo del grande lockdown che ha paralizzato la folle andatura di un mondo tardo-moderno in accelerazione costante, rappresentano una sfida epocale, ma anche l’occasione per un punto di svolta. Se l’uomo vuole trarre qualche insegnamento da questo frammento di storia in cui sta gettando lo sguardo nell’abisso, deve riuscire «ad inventare l’espediente alchimistico di trasformare anche questo fango in oro», altrimenti sarà perduto3.

Il contagio, innescando a catena una lunga serie di riflessioni dalla natura pluridimensionale, assume così le forme concettuali di un bivio filosofico, poiché rimette in discussione molte delle grandi rappresentazioni con cui la civiltà occidentale ha raccontato la propria cultura e la propria storia. La vastità dei problemi che sono messi in campo da un evento storico di tale portata e complessità investono la sfera pubblica, così come inducono a scavare nel fondo della coscienza; travolgono il destino economico, così come la relazione uomo-natura. Per questo, dovrebbero essere studiati secondo un approccio filosofico con cui si possa elaborare una teoria critica pluriforme che ne tragga le lezioni indispensabili e che riesca ad individuarne i nodi problematici fondamentali.

Emerge in modo pressante, innanzitutto, la necessità d’interrogarsi sulla problematica storico-economica, per provare a rimettere in discussione il modello di sviluppo abbracciato da un capitalismo globale finalizzato esclusivamente alla crescita illimitata ed al contempo privo di qualsiasi vincolo etico. Solo così si potranno immaginare alternative che tengano in considerazione la possibilità di una vita buona e autenticamente umana. L’infezione virale del Covid-19, poi, impone di rimettere al centro di ogni visione del mondo il problema dell’uomo e della sua relazione con l’ambiente. Non si può che inquadrare una prospettiva antropologico-ecologica che, come scriveva Fosco Maraini dalle vette ghiacciate del Gasherbrum, rappresenti un invito a «prepararsi a diventare umili», nella consapevolezza di essere parte integrante di un ecosistema in cui ogni essere appartiene alla natura ed al suo ciclo vitale di nascita, crescita e morte4. Vi è, infine, la necessità di inoltrarsi in una riflessione etico-politica che riporti al centro del dibattito pubblico il nodo centrale dell’agire politico nel suo farsi ricerca dell’equilibrio fra la libertà dell’individuo e la sfera pubblica. Aprirsi, cioè, ad un paradigma che renda conto dell’interdipendenza, e quindi anche delle conseguenti responsabilità, che legano ogni singola persona al resto del vivente.

In altri termini, ogni volta che il viandante si trova di fronte al bivio, è chiamato ad uno sforzo del pensiero per «decidere la direzione da scegliere», perché il più delle volte essa «non è ancora distintamente tracciata in noi». Possiamo aver fiducia, però, volendo seguire la convinzione di Thoreau in Camminare, che la natura possieda sempre «un magnetismo sottile in grado di guidarci nella giusta direzione, se a esso ci abbandoniamo», anche se «siamo spesso così stolti e incuranti da scegliere quella sbagliata»5.

 

Massimiliano Capra Casadio

 

NOTE:
1. R. Brandt, Filosofia nella pittura. Da Giorgione a Magritte, Mondadori, Milano 2003, p. 119-122, 123.
2. F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Mondadori, Milano 1992, p. 34, 37.
3. F. Nietzsche, Lettera a Franz Overbeck, 25 dicembre 1882, in Giovanni Fornero, Salvatore Tassinari, Le filosofie del Novecento, vol. 1, Mondadori, Milano 2002, p. 3.
4. F. Tomatis, La via della montagna, Bompiani, Milano 2019, p. 475.
5. H. D. Thoreau, Camminare, Mondadori, Milano 2011, p. 29.

 
Massimiliano Capra Casadio, nato nel 1977 a Riccione, studioso di Storia contemporanea e di Filosofia politica, è autore di alcuni libri e di numerosi articoli sulla cultura della destra europea e sul tema della metapolitica. Nel 2010 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Storia d’Europa presso l’Università di Bologna. Dal 2012 insegna come docente di Filosofia e Storia presso i licei della provincia di Rimini e da alcuni anni è titolare del corso d’Introduzione alla Filosofia presso l’Istituto Tecnico per il Turismo Marco Polo.
 
[Photo credit unsplash.com]

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