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Ascoltare il proprio bisogno di pensare

Sentire la necessità e un vero e concreto bisogno di pensare, ai nostri giorni, potrebbe sembrare ai limiti dell’anacronismo. In un mondo che corre veloce e dentro il quale è facile percepire un senso di caos e smarrimento, desiderare di fermarsi a pensare suona quasi come un capriccio, una posa o un volersi sottrarre dall’attività, dal mondo produttivo, dallo scorrere del tempo ordinario. Ma facciamo un passo indietro: cosa significa pensare? Nel suo significato generico, che possiamo leggere come prima voce di un vocabolario, si tratta di esercitare l’attività del pensiero, cioè l’attività psichica per cui l’uomo acquista coscienza di sé e del mondo in cui vive. Ci aspetteremmo forse un significato maggiormente slegato dalla concretezza e più vicino a qualcosa di immateriale e privato, invece l’atto del pensare e il bisogno di pensare non è solamente legato alla nostra interiorità ma, a ben vedere, le sue implicazioni sono enormemente più vaste e ci consentono di abitare il mondo concreto con coscienza. 

Il momento o i momenti dedicati al pensiero – le ore, gli attimi che possiamo o desideriamo “regalare” a questo esercizio – lungi dall’essere slegati dalla realtà possono, al contrario, aiutarci a decifrare il quotidiano, il nostro tempo, ciò che sentiamo e ciò che amiamo. Allenare la nostra capacità di pensare, dare ascolto a quel bisogno profondo di fermarsi per riflettere e anche difendere questo bisogno non può far altro che migliorarci come esseri umani, perché è il pensiero e soprattutto lo sviluppo del pensiero critico a venirci in soccorso nei momenti di difficoltà, a farci porre un’attenzione particolare non solo a quello che vediamo intorno a noi ma anche a ciò che diciamo e facciamo nella vita di tutti i giorni. Se agire è il pensiero in atto e le nostre azioni sono il riflesso di quel pensare è di fondamentale importanza non mettere a tacere il nostro intimo bisogno di pensare, il desiderio che sentiamo di contemplare, di riflettere, di uscire momentaneamente dal mondo per rientrarci con una nuova difesa che è appunto composta dai nostri pensieri, unici, preziosi e che abbiamo avuto il coraggio di coltivare e veder crescere e svilupparsi. Ovviamente non tutti sentono nella stessa misura questo bisogno ma per quanto di diversa intensità il desiderio di pensare e l’atto stesso del pensare sono qualcosa che trascende l’età, il sesso, la provenienza geografica; è quella caratteristica che ci fa umani e questo lo rende affascinante e, allo stesso tempo (seppur in apparenza non tra i bisogni primari dell’uomo), proprio al vertice di un’immaginaria piramide di elementi non materiali eppure fondamentali per condurre un’esistenza consapevole.

Vito Mancuso, teologo e filosofo, ha intitolato proprio Il bisogno di pensare uno dei suoi libri (Garzanti, 2017). Qui l’autore dialoga con i suoi lettori al fine di risalire alle origini di questo bisogno tanto astratto all’apparenza eppure primordiale che ci rende così diversi da tutte le altre creature del Pianeta. Un bisogno che può anche prendere i connotati di urgenza, e infatti è intimamente legato al desiderio e al sogno. Quando pensiamo, cerchiamo e la nostra ricerca ci fa tendere verso la nostra interiorità, il nostro io più profondo al quale diamo ascolto e con il quale possiamo dialogare alla ricerca di risposte. L’esercizio del pensare è allora anche un esercizio spirituale, seppure si rifletterà sulla nostra esistenza tangibile e quotidiana. È uno strumento unico che può permetterci di non perdere la bussola ma anche fornirci un punto di appoggio per sollevarci quando tutto intorno a noi sembra crollare, ogni certezza farsi vana e, nella nostra esistenza quotidiana, percepiamo un senso di “bassezza”, di incolore uniformità:

«Io vi chiedo quale punto di appoggio avete per sollevare il vostro mondo dalle bassure dell’esistenza quotidiana» (V. Mancuso, Il bisogno di pensare, 2017).

Qui l’autore paragona il pensiero alla nota leva di Archimedeo. Il pensiero, in effetti, ci innalza ed è espressione di amore; quando si riconosce il proprio bisogno di pensare e lo si esercita, invero, si sta compiendo anche un atto d’amore, anzi più di uno: amore per la conoscenza, per l’approfondimento, per le domande, forse soprattutto per quelle che non avranno mai una risposta. Vale dunque la pena strappare dalle nostre giornate momenti da dedicare al pensiero e difendere quel bisogno prezioso, non soffocarlo e lasciarlo invece andare; sarà bello vedere dove ci porterà.

 

 

NOTE: [Photo credit prottoy hassan via Unsplash]

Veronica Di Gregorio Zitella

Veronica Di Gregorio Zitella

curiosa, determinata, sognatrice

Sono laureata in Lettere e Filosofia e tutto il mio percorso accademico si è svolto alla Sapienza di Roma dalla triennale al Master in Editoria, giornalismo e management culturale  e le mie più grandi passioni sono la filosofia, la lettura e la comunicazione; dalla fine del 2018 mi occupo di social media e comunicazione digitale […]

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