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Una pratica buddista per il post Covid-19

Mai come in questo periodo abbiamo bisogno di imparare ad affrontare a viso aperto la sofferenza, l’incertezza e la confusione per tornare alla vita fuori delle nostre case, dopo l’isolamento forzato causato dal Covid-19. La paura del contagio potrebbe protrarsi ad altre sfere delle vita quotidiana, nonostante la ripresa delle attività, influenzando il nostro modo di percepire la realtà, aumentando la diffidenza nei confronti del prossimo così come rendendoci incapaci di reagire alle nuove sfide che ci attendono. Chi ha perso il lavoro o ha posto fine ad una relazione sentimentale, dovrà essere capace di reinventare la propria vita che fino a quel momento viaggiava su binari noti; chi ha perso i propri cari si trova di fronte all’elaborazione del lutto, rimandata per via della separazione forzata. Il tutto si somma alla paura di un futuro incerto che spinge molti a desiderare di tornare in un passato “idealizzato” in cui “si stava meglio”, a chiudersi in sé stessi oppure ad adottare dei comportamenti verbalmente aggressivi verso il prossimo.

Secondo gli antichi insegnamenti buddhisti, l’essenza fondamentale della paura è l’attaccamento a ciò che proviamo o viviamo ed assieme il rifiuto delle sensazioni spiacevoli che hanno origine nelle perdite, nei conflitti e nella mancanza di coincidenza dei nostri desideri con la realtà. L’antica psicologia buddista insegna non tanto a rimuovere le emozioni ma a superarle, raggiungendo la pace mentale e spirituale tramite un atto di presenza e di silenzio compassionevole, sviluppando la volontà di “stare con noi stessi e l’emozione che proviamo” raggiungendo uno stato interiore e psicologico di “piena coscienza” che ci permette di valutare gli eventi e le reazioni ad essi per quello che sono, senza il filtro “distorto” delle sensazioni momentanee, per non attaccarvisi e lasciarle fluire via. Accettare che tutto è transitorio è la base della filosofia che il buddismo insegna.

Il distacco non va confuso con l’indifferenza: si tratta piuttosto di sviluppare una comprensione maggiore delle emozioni da cui siamo attraversati, non identificandoci con esse: tutto ciò che giunge nella nostra vita è solo una realtà transitoria, compresi gli stati d’animo che proviamo. Un’emozione non è il “Sè”, ciò che ci contraddistingue come esseri nella nostra totalità. Basti pensare che nella vita di tutti i giorni, senza accorgercene pienamente, mutiamo stato d’animo o indossiamo diverse maschere e ruoli a seconda dei contesti con cui interagiamo. Quale di queste, siamo noi davvero? La piena coscienza di questo ci rende molto meno timorosi dei lati che ci compongono e che accettiamo di meno mentre la fuga da ciò che viviamo e sentiamo non è mai una soluzione che può aiutarci: infatti uno stato d’animo di per sé non può essere nascosto sotto al tappeto come polvere o rimosso.

Dalla non comprensione nasce l’attaccamento e con esso la paura della perdita. La paura della perdita (di un lavoro, un caro, uno status) è, quindi, un errore percettivo per il buddismo che si traduce in immagini fantastiche o terribili che finiscono per prendere il sopravvento sulle nostre menti: se ci identifichiamo con esse, perdendo il contatto con  il qui ed ora, creeremo un divario colmo di ansia che ci accompagnerà costantemente. La paura genera un circolo vizioso: se proviamo paura tendiamo ad attaccarci a qualcuno o qualcosa, ci sentiamo vulnerabili, preda dell’ansia, alimentando la paura stessa ed infine, l’attaccamento, l’origine della sofferenza. Superare la paura è attuare un’alchimia emotiva come suggerisce Tara Goleman (moglie del più famoso Daniel, autore del rivoluzionario Intelligenza emotiva. Che cos’è e cosa può renderci felice) ossia passare da uno stato di sofferenza ad uno di equanimità e compassione tramite un processo di auto consapevolezza mentale ed emotiva che deriva da un distacco compassionevole e dal successivo abbandono degli stati emotivi dolorosi tramite semplici pratiche meditative quotidiane affiancate agli strumenti psicologici d’analisi cognitivista-comportamentale. Il distacco dalle emozioni per noi occidentali risulta difficile da comprendere, dal momento che tutta la nostra logica ruota intorno all’avere, persino in termini relazionali ed emotivi. Per chiunque volesse affrontare la paura e l’ansia nel quotidiano, per conseguire uno stato di benessere mentale in un periodo socialmente ed economicamente difficile come quello che stiamo vivendo, l’autrice suggerisce per prima cosa di eseguire delle inspirazioni ed espirazioni, in un luogo tranquillo ed appartato. Una volta concentrata l’attenzione sul respiro, per una decina o una ventina di minuti, potremo passare a percepire i rumori che ci circondano lasciando fluire ogni sensazione o pensiero critico relativo ad essi. Passata un’altra decina di minuti, una volta sintonizzati con l’ambiente esterno, sposteremo l’attenzione al nostro interno osservando le immagini, i ricordi, i pensieri, le emozioni che emergeranno da dentro di noi, senza giudicare ma lasciandoli andare via, fino a quando ci sentiremo“svuotati”, in uno stato di “silenzio interiore profondo e senza pensieri”. Lì oltre ciò che può concepire la nostra mente razionale, troveremo la pace dalle nostre emozioni e un presente senza preoccupazioni.

 

Veronica Rossetti

 

Sono una scrittrice per vocazione e giornalista appassionata di filosofie orientali, yoga, psicologia, spiritualità ed ecologia. Insegno ad usare la scrittura autobiografica e creativa come strumento di comprensione e crescita personale. 

 

NOTE:
1. Tara Bennett Goleman, Alchimia emotiva. Come la mente può curare il cuore, ed. Bur Biblioteca Universale Rizzoli

[Photo credit unsplash.com]

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