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Comunque andare, anche se è possibile inciampare

A chi scrive è capitato di partecipare a una conferenza, mesi fa, pensata per fare il punto dell’attuale situazione del pianeta, con riferimento alle problematiche specifiche dell’Antropocene. Uno degli astanti, con massimo sconcerto, contestò una delle affermazioni del relatore, in particolare quella sulla “presunta” sovrappopolazione: non è possibile che ci siano troppe persone sul pianeta, diceva, è sufficiente notare quanto sia diminuito il numero di bambini alla sagra di paese per capire che il problema è esattamente l’opposto.

L’intervento, per quanto ingenuo, tradiva evidentemente una squisita provincialità nel pensiero: dato che nel paesino X di seicento anime nascono pochi bambini, è evidente come la sovrappopolazione mondiale sia un falso problema. La percezione locale diventa regola dell’universale.

Il meccanismo che portava il signore di cui sopra a ignorare un problema come una popolazione globale di sette miliardi di individui umani (in crescita), però, è lo stesso che ultimamente genera allarmismi e catastrofismi in classi sociali e culturali tra le più disparate. Sono anni, ormai, che in Occidente si paventa un “ritorno alla barbarie”, che sia per i flussi migratori incontrollati per alcuni o per il riaffacciarsi dei fascismi per altri, per la progressiva islamizzazione d’Europa per i primi o per le preoccupanti vittorie dei populismi per i secondi. Indipendentemente da quali siano le minacce percepite, il risultato pare sempre lo stesso: la distruzione della civiltà (occidentale o totale, spesso considerate sinonimi) ed una imponente retromarcia storica.

Anche qui, però, la prospettiva da cui ci si affaccia per formulare simili profezie è a dir poco limitata e circostanziata: se i fatti percepiti come emergenze sono innegabili in sé, l’interpretazione catastrofista non tiene conto di una visione d’insieme decisamente più ottimistica. Mai come in questo secolo si sono diffusi il diritto alla salute e all’istruzione, si sono fatti enormi passi avanti nella lotta per l’equità di genere in paesi che tradizionalmente non avevano mai esteso alle donne neanche lo status di esseri umani, si stanno raggiungendo insperati livelli di benessere nonostante la permanente povertà di certe aree geografiche, la diffusa alfabetizzazione e partecipazione politica hanno aperto nuove frontiere alle democrazie e la ricerca medica e scientifica ci ha dato una comprensione inedita del corpo e della mente umani, del mondo e del cosmo.

Queste sono conquiste che l’umanità non può “disimparare” e che non possono essere cancellate da qualche colpo di coda di ideologie passate che, per quanto recrudescenti, non hanno certo il potere di portare indietro le lancette dell’orologio. Aveva certamente ragione Giambattista Vico, che coi suoi “corsi e ricorsi” riconosceva alcuni pattern che tendono a ripresentarsi a distanza di secoli nella storia umana, ma anche questi erano comunque inseriti all’interno di un percorso unidirezionale, che non è in alcun modo passibile di inversioni o arresti (per quanto, dal 1945 in poi, lo sviluppo dell’industria bellica presenti per la prima volta la possibilità più che concreta di un arresto totale della storia umana).

La storia può dunque ripetersi in alcune strutture di base, ripresentare vecchie problematiche su nuova scala, ma mai ripercorrere i propri passi. Il cammino storico dell’umanità prosegue in una sola direzione, e le conquiste che appartengono all’intera specie non possono essere cancellate dal declino politico o morale di una sua minima parte. Non si intenda questo, però, come un principio deresponsabilizzante per la collettività e per i singoli: appurato che la direzione del progresso è e rimane una sola, dovremmo seriamente preoccuparci di dove indirizzare i nostri prossimi passi. In fondo, camminare in una direzione sola non significa certo che sia impossibile inciampare o sbagliare strada.

 

Giacomo Mininni

[Immagine tratta da Google Immagini]

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Giacomo Mininni

inquieto, contemplativo, curioso

Vivo da sempre a Firenze, non solo una città, ma un modo di essere. Sono filosofo morale, ma successivamente mi sono specializzato in filosofia delle religioni, e ho lavorato anni nell’ambito del dialogo interreligioso e dei progetti di collaborazione tra fedi e confessioni diverse. Sono felice padre di una bellissima bambina, che pur avendo poco […]

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