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“Orizzonti di gloria”

Agli inizi della sua carriera, che lo vedrà poi consacrarsi come uno dei più grandi registi del XX secolo, nel 1957 Kubrick gira Orizzonti di gloria, il suo quarto lungometraggio e la seconda pellicola delle tre totali in cui si misurò con scenari di guerra e con il mondo militare. Ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, nelle retrovie francesi, questo film è una pietra miliare del cinema antimilitarista, un ritratto duro e feroce della vita in trincea. La produzione incontrò non poche difficoltà in quanto il governo francese non ne autorizzò le riprese, che vennero poi effettuate in Germania; anche dopo la sua uscita Orizzonti di gloria fu lungamente censurato in Francia, apparendo solo dopo il 1975, per protesta verso la rappresentazione di Kubrick degli ufficiali francesi.

La vicenda si svolge sul fronte conteso tra francesi e tedeschi. Dopo il disastroso fallimento di un grande attacco francese, un generale ordina come punizione l’uccisione di tre uomini, scelti a caso, per dare l’esempio alle truppe. Vengono accusati di viltà e codardia dal generale, nel tentativo di coprire le proprie colpe e responsabilità di un attacco suicida e senza senso. Saranno inutili i tentativi di un colonnello (interpretato da Kirk Douglas alla sua prima collaborazione con Kubrick) per salvare i tre condannati a morte, in quanto interpretati dall’alto comando come desiderio di prendere il posto del generale.

Siamo ancora lontani dalla rappresentazione dell’uomo nei confronti della guerra che farà Kubrick trent’anni più avanti in Full Metal Jacket: non c’è ancora quella lucida e spietata analisi dell’assurdità della guerra, che spegne l’essere umano, svuotandolo completamente per riempirlo poi di odio e distruzione. Qui invece siamo di fronte alla casualità che il potere pretende di gestire; all’assoluta pazzia di chi, in nome di qualche mostrina in più sull’uniforme, si erge a dio, scegliendo chi deve vivere e chi invece morire.
I fatti raccontanti in questa pellicola prendono spunto da eventi realmente accaduti; i libri di storia parlano di vicende analoghe o, a volte, peggiori. Ma forse nessuno prima di Kubrick era riuscito a rappresentarle in modo così diretto, sincero, ad analizzare la guerra in quanto tale, senza dietrologie, senza inutili retoriche. Gli uomini sono solo pedine di una grande scacchiera e come tali possono essere sacrificati. Non c’è logica, non c’è umanità; solo un unico grande “gioco” che è la guerra, che deve essere finito e vinto, non importa come e non importa a che prezzo.

Orizzonti di gloria è il primo capolavoro di questo grande regista. Girato con la maestria che ha caratterizzato tutta la sua carriera, il grande uso della fotografia, qui in bianco e nero per accentuare ancor più la tragicità della storia. Di particolare impatto il piano sequenza lungo la trincea francese all’inizio del film, che riprende lo sfinimento e la paura sui volti dei soldati francesi; o la scena finale, struggente, in cui una giovane donna tedesca canta per i soldati che l’avevano accolta schernendola, finendo invece per commuoverli nel profondo. Passando con la cinepresa da un volto all’altro, Kubrick dà un ultimo schiaffo allo spettatore, mostrando la sua visione dell’uomo, lacerato e conteso tra bene e male.

Lorenzo Gardellin

[Immagine tratta da Google Immagini]

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