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Quando meno te lo aspetti: i due miracoli di Frida Kahlo

C’era un saggio che diceva di prepararsi a tutto nella vita perché è come essere in mare aperto, poco prima è sereno, e poco dopo è tempesta. Spesso provo a dare dei consigli su come affrontare questo mare, mi rifugio tra i grandi autori per cercare consiglio. Questo perché neanche io so come affrontare il tutto, chi sa come procedere senza cadere?

Forse ce lo può descrivere chi ha davvero sofferto, chi ha avuto una vita piena di dolore e arte, come Frida Kahlo. Magdalena Carmen Frida Kahlo Calderon nasce a Coyocan nel 1907, in concomitanza della Rivoluzione Messicana. È la prima donna che ha avuto il coraggio di essere quello che è nella vita e nell’arte, nonostante le gravi ferite nel corpo e nell’anima e le sofferenze patite. Chi meglio di lei con una vita così piena e travagliata può essere esempio della forza stessa della vita?

Frida è stata la prima donna a fare del proprio corpo il manifesto della propria femminilità in maniera diretta, esplicita e violenta, a volte, rivoluzionandone il ruolo. Si mostra solo per ciò che è, nonostante tutto e tutti, lei e la sua messicanità.

Ciò che si porterà dietro per tutta la vita saranno i danni alla colonna vertebrale e alla perdita della gamba destra causati dal grave incidente avvenuto nel 1925 quando fu travolta dallo scontro tra un tram e autobus. L’opera dipinta all’età di 33 anni, La colonna spezza del 1944, esprime lo stato d’animo di Frida: «Non sono malata, ma sono spezzata. Ma sono contenta di essere viva perché posso dipingere». La forza vitale di Frida si fa spazio nel colore, nelle forme, nelle linee spezzate, come se la tela fosse il suo diario intimo che le può alleggerire l’anima, così che possa restare in equilibrio in quel frangente con il pennello in mano. È ciò che la tiene in vita.

E poi c’è Diego Rivera. Un amore tortuoso, sconvolgente e passionale. Lo sposa due volte e lo ama per una vita intera. Lei stessa lo descrive così in un frammento del suo diario:

«Diego è inizio.
Diego è costruttore.
Diego è mio fidanzato.
Diego è mio ragazzo.
Diego è pittore.
Diego è mio amante.
Diego è “mio marito”.
Diego è mio amico.
Diego è mia madre.
Diego sono io.
Diego è Universo
Diversità nell’unità.
Perché lo chiamo il Mio Diego?
Io voglio il mio Diego perché io lo amo. Non è mai stato mio e mai lo sarà. Non mi appartiene, appartiene solo a se stesso».

Qualcosa l’ha salvata – che sia la pittura o l’amore. Libertà, sofferenza e passione: ecco cosa posso dire di aver visto in questa artista, ecco cosa mi potrà aiutare in questo mare. Abbiate il coraggio di affrontare ciò che viene, vi potrà spezzare, ma se vi ancorate a ciò che sapete vi potrà salvare, allora, avrete trovato il vostro piccolo miracolo.

Infine per voi il mio promemoria è questo: siate grati e abbiate cura di quella cosa o di quella persona che vi fa brillare gli occhi. Un giorno vi salverà.

Al prossimo promemoria filosofico.

A presto.

 

Azzurra Gianotto

 

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