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Maldestra ed inattuale analisi del dibattito politico nel mondo sociale contemporaneo

Il dibattito politico andrebbe analizzato nella sua prima accezione: dalla presa del corpo nell’evento e dalle sue prime pulsazioni, dalle sensazioni e dai suoi effetti nella sua pratica, nonché dallo spazio che occupa. Il dibattito è innanzitutto dibattito non solo fra idee, visioni e termini linguistici ma tra posizioni. Quindi è fondamentale identificare lo spazio che il nostro corpo occupa e nel quale intrattiene dibattiti con gli altri corpi, con i suoi vicini. Ecco qui il primo assunto: un dibattito ha luogo se si è consci del proprio spazio e della posizione che questi assume in presenza di un altro spazio e di un’altra posizione inconscia. Il dibattito diviene politico solo in un clima di scontro, cioè quando la posizione e lo spazio a noi prossimo non può essere capito o non è utile renderlo spiegabile, nemmeno al nostro più intimo Io: occupare uno spazio è sempre il primo passo per uno scontro di posizioni e se il nostro antagonista occupa uno spazio inconsistente ed una posizione inspiegabile non farà altro che il nostro gioco; la dialettica politica contemporanea lo sa bene e si da sempre un gran da fare nel rendere torbido il panorama alla base elettorale. La politica contemporanea è un pò una rievocazione della grande guerra: di posizione, muove masse inconsistenti e variegate al suo interno, infiammabile, di sperimentazione e soprattutto oggi come non mai, globale. Ogni posizione politica contemporanea tiene conto, sin dove le conviene, della sua diversità di idee e di sentimenti: ne cavalca l’onda se la marea che la sospinge è di grande numero o di grande valore economico – sociale viceversa oscura persino la sua stessa visione e rende cupe le trame dell’avversario. Non è mai essa stessa una marea, piuttosto ne riprende i connotati mostrandone un’immagine: la politica contemporanea trasforma gli archetipi della vita sociale ed economica facendone stereotipi di semplice fattura e di facile comprensione. Si abbassano i livelli e le astrazioni nei dibattiti politici contemporanei e se ne fa un paniere di gustose idealizzazioni e prima che queste si possano compiere, vengono superate: non c’è tempo per vivere, o si supera o si annichilisce! La vita politica contemporanea è un’abbondanza di linguaggi ibridi – moderni e post-moderni – di volontà e di idee di stampo futuristico; di nostalgie nazionaliste e di un anarchico mondialismo. La politica subisce fortemente l’influenza dell’economia e l’economia subisce i moti e le pulsioni sociali e non perché economia e società siano in stretto legame bensì perché non si è fatto altro che dare alla società sempre più i connotati di un semplice fattore economico. Il pessimismo filosofico ottocentesco e le caustiche previsioni di una primordiale sociologia erano piccoli segnali d’allarme di un brusco, lento e pericoloso ribaltamento dei valori dell’uomo.

Politica e mondo della comunicazione si limitano a tradurre il reale anziché trasmutare l’irrealtà delle nostre idee in azioni reali, programmatiche e pragmatiche. Non regolano bensì vengono regolate; non illuminano ma vengono arse dall’intensità dei lumi della ragione contemporanea. Oggi, la politica si è trasformata in perfetto ideale subordinato all’economia. Da questa configurazione sembra proprio che i concetti marxiani abbiano avuto la meglio ed invece non è così: i modi di produzione dell’economia e del mercato si moltiplicano al pari dell’innovazione tecnologica ma ogni sovrastruttura – continuando con la terminologia di Marx – non riceve impulsi per un naturale ricambio o un altrettanto naturale superamento. I concetti quali sociale, politica, cultura, valore oggi più che mai non riescono a star dietro al mondo economico e tecnologico contemporaneo: l’arretratezza in campo culturale e sociale entra in comunione con i fenomeni di secolarizzazione e di eccesso di razionalizzazione, creando un cocktail sociale dal sapore nichilista. A resistere e ad evolversi rimane solo l’economia, la quale – non so se coscientemente o incoscientemente – è riuscita a coniugare il pensiero di stampo marxista con il pensiero liberista avvallando così un pensiero ultra-razionalista. L’uomo contemporaneo coniuga fini e mezzi con estremo raziocinio tanto da dimenticare tutto il resto che lo circonda. In conclusione l’economia contemporanea si è fatta ideale di primo livello, inglobando a sé tutti i vecchi ideali, subordinando i prodotti sociali quali la politica, la cultura, lo spirito ed approfittando della contemporanea svalutazione dei valori legati alla corporeità umana, strumentalizzandone il senso, la rappresentazione, la fisica, la chimica. Il totalitarismo liberista, qui maldestramente enunciato, non ha ideali di fondo, manifesti sociali, dogmi e valori da promuovere; tutto ciò che il passato umano ha offerto si reincarna in lui ritornando sotto nuove vesti. La civiltà contemporanea domina sulla terra sotto le mille e più ideologie, ognuna complementare dell’altra; si serve del mercato e dell’economia per disincantare l’uomo dai vecchi valori proponendo una semplice, arguta e spietata scappatoia: il calcolo e l’utile tradotto in surplus. Utilizza i suoi stessi tragici effetti – nichilismo e materialismo – per elevarsi ad unica ragione e speranza futura: il panorama dell’uomo, oggi, è volutamente sgombro ma al tempo stesso affollato.

 

Salvatore Musumarra

Classe 1987, impegnato nei settori comunicazione e media, grafico editoriale e laureando in Scienze per la Comunicazione presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania. Contributor presso alcune realtà radiofoniche siciliane e attivo in diverse correnti artistiche tra cui dadaismo, costruttivismo, futurismo. Appassionato di filosofia e sociologia e particolarmente legato agli scritti di Friedrich Nietzsche ed al filone delle filosofie della vita.

[Immagini tratte da Google Immagini]

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