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I festival come valore del territorio: intervista a Viviana Carlet del LFF

E’ passato quasi un anno da quando uno dei festival cinematografici più validi ed interessanti in Italia aveva rischiato di dover chiudere per sempre i battenti. Oggi però, grazie a un’incredibile forza di volontà e a una costante voglia di mettersi alla prova, l’undicesima edizione del Lago Film Fest è pronta per tornare in scena a Revine Lago. Abbiamo intervistato Viviana Carlet, la direttrice della rassegna (insieme a Carlo Migotto) e ci siamo fatti raccontare qual è la filosofia che si nasconde all’interno di un festival cinematografico

-Dopo alcuni mesi, in cui molti avevano temuto che la storia di Lago Film Fest fosse giunta al suo epilogo, è arrivato l’annuncio di quest’undicesima edizione che si presenta come una delle più ricche ed interessanti degli ultimi anni. Da dove è nata la decisione di non fermarsi e la voglia di organizzare una nuova edizione?

La decima edizione per noi è stata la chiusura di un percorso. Non si è trattato di una rottura ma di un’esigenza su più punti, nel senso che il festival era iniziato nel 2005 con degli obbiettivi molto chiari e doveva essere solo uno dei tanti progetti che avremmo dovuto portare avanti. Io definisco il festival come una macchina pesante e ben strutturata, quindi la sua preparazione richiedeva alla fine un anno intero, togliendo il tempo a tutte le altre cose. Abbiamo capito allora che dovevamo mettere un punto per andare a capo e riscrivere la storia della rassegna, soprattutto perché la nostra è un’attività legata allo sviluppo sociale e culturale di un luogo. Non proiettiamo solo film ma cerchiamo di valorizzare un territorio. Il punto messo alla fine della decima edizione ci ha permesso di reinventare il festival, facendolo diventare qualcos’altro. La decisione annunciata l’anno scorso non è stata solo una questione di soldi, ma anche di programmazione e di una concezione di quello che si vuole veder fatto per un territorio. Sono queste le idee da cui siamo partiti per organizzare l’undicesima edizione.

-Quali sono le novità principali inerenti alla rassegna di quest’anno?

Per l’undicesima edizione abbiamo deciso di ridisegnare completamente il festival, creando una “Piattaforma Lago”, una realtà fisica, fatta di persone reali che fanno parte di una serie di progetti per dare la possibilità a più persone possibili di crescere e imparare. Lago Film Fest non è più l’unico progetto intorno a cui ruota tutto, ma è diventato uno dei tanti. Per uno spettatore che arriva da fuori non c’è molta differenza, ma per il nostro gruppo si è trattato di un cambiamento profondo e radicale. Quest’anno poi punteremo molto sulle attività giornaliere, non ci saranno le proiezioni pomeridiane come negli anni scorsi bensì una serie di workshop aperti al pubblico. Ci saranno dei seminari tenuti dai giurati presenti al festival e un focus dedicato a ognuno di loro. La mattina ci saranno le conferenze stampa in cui si potranno incontrare gli attori e i registi presenti in concorso. Il primo fine settimana sarà invece dedicato alla danza, mentre la Svezia sarà la nostra punta di diamante con varie rassegne dedicate e autori presenti in concorso. Ci saranno poi concerti tutte le sere e attività dedicate ai cantautori veneti, una serie di varie performance, e infine le proiezioni serali dei film in concorso.

-Che aggettivi usereste per riassumere al vostro pubblico questa nuova edizione?

Pensando all’aspetto cinematografico te ne do tre: affilata, femminile (senza averlo cercato) e impegnata ma in modo obliquo, anche se per il fatto che nessuno se la sarebbe aspettata direi che è un’edizione inaspettata per l’appunto, perché ha un linguaggio diverso rispetto a tutto quello che avevamo fatto fino ad oggi

-Nonostante Lago Film Fest sia un festival molto legato al territorio locale riesce sempre ad allestire un programma di respiro internazionale, collaborando con le principali rassegne cinematografiche nel resto del mondo. C’è un festival che voi amate particolarmente e a cui vi siete ispirati per organizzare la vostra rassegna?

Quando ho iniziato i miei modelli erano due festival italiani che da sempre mi sono rimasti nel cuore. Inizialmente Lago Film Fest doveva essere un progetto di public art e il cinema doveva essere solo un mezzo per raggiungere uno scopo. Successivamente però l’aspetto cinematografico è cresciuto sempre di più. I miei modelli sono il Lucania Film Festival e il Milano Film Festival. Sono rassegne legate in modo molto stretto e forte allo spazio in cui vengono realizzate. Sono in realtà dei progetti e non dei festival canonici. Sono delle realtà che riescono a dialogare con lo spazio e con le persone che lo vivono. Riescono a creare un’interazione tra cinema, arte e territorio e sono questi gli obbiettivi che abbiamo cercato di raggiungere anche con il nostro festival.

-Ogni festival, a suo modo, ha una propria filosofia stilistica e di pensiero. Lo si capisce dal modo in cui è strutturato e dal programma di film che porta di edizione in edizione. Qual è la filosofia del Lago Film Fest?

La base di partenza, come detto prima, è la continua valorizzazione del territorio. Molto importante per noi è poi la continua ricerca, nel senso che vogliamo far si che i registi o gli artisti che vengono a lavorare qui possano fare delle loro cose creative, realizzando i loro sogni. Vogliamo insomma dare un ruolo attivo all’artista e anche allo spettatore.

-Parlavamo poco fa di quanto il Lago Film Fest sia legato alla valorizzazione del territorio in cui viene organizzato. Se non aveste scelto Revine ci sarebbe stato un altro luogo in cui avreste voluto organizzare un festival cinematografico?

No, Lago poteva essere l’unico luogo possibile. Io sono andata via da qui perché era un posto che non mi piaceva, e in cui non avevo nessuna voglia di tornare. Ho scelto Revine perché volevo rivalorizzarla per me stessa. Volevo portare qualcosa nel posto in cui ero nata. Non ci sarebbe stato nessun altro luogo in cui avrei voluto organizzare un festival. Si tratta di un legame molto personale. Avevo bisogno di realizzare un progetto a casa mia e portarlo alla vita nel luogo da cui venivo.

-Lago Film Fest non è solo cinema, ma un evento che unisce tra loro varie arti in maniera unica e trasversale. Quali sono, oltre al cinema, le arti da cui siete più influenzati nella vita e nell’organizzazione di un festival come questo?

L’arte contemporanea senza dubbio. Nella mia idea originaria l’arte doveva essere la vera protagonista di questa rassegna. Se tu vedi l’arte come una piattaforma hai una serie di progetti che ti permettono di lavorare su più livelli creando un festival generalista che unisca l’aspetto di ricerca a quello dell’attenzione verso i gusti del pubblico. L’importante per noi è mescolare le cose. Frequentando l’Accademia di Belle Arti mi sono accorta che i vari settori (pittura, teatro, ecc) erano molto separati e chiusi tra loro, quello che a noi interessa però è creare un’interazione tra l’arte e le persone.

-A proposito di arti, volevo aprire una breve parentesi sulla musica. L’anno scorso la colonna sonora del festival era “Wrong to be kind” di Glenn and the chunkies. Prendendo spunto dal titolo e dalla vostra esperienza personale, è davvero sbagliato essere gentili?

Quella canzone era una meditazione generale sul concetto di no profit e sul darsi gratuitamente. In realtà era un modo spiritoso per ironizzare su un tema molto serio. Si riferiva alla capacità di mediare tra disponibilità e voglia di condivisione. Da un lato era una provocazione, noi cerchiamo sempre di essere gentili però a volte bisogna essere in grado di dire basta.  Il volontariato oggi è definito “il terzo settore”, riesce a muovere montagne ma viene puntualmente ignorato e snobbato da tutti. L’Italia potrebbe vivere solo di cultura senza fare nient’altro eppure non ci riesce. In Francia uno dei pacchetti più importanti è quello della cultura, qui da noi non viene nemmeno presa in considerazione. Questo è un aspetto che da molto fastidio.

-Scriveva Julio Cabrera in Da Aristotele a Spielberg. Capire la filosofia attraverso i film: «Se la filosofia scritta pretende di sviluppare un universale senza eccezioni, il cinema mette invece in scena un’eccezione con caratteristiche universali. »
Il guardare le immagini permette all’uomo di imparare e ragionare molto più facilmente rispetto all’esercizio filosofico tradizionale, poiché la poiesis ci mette in contatto diretto con l’universale. Potremmo dunque intendere il cinema come “la cosa più filosofica”. A vostro parere quali sono i punti di forza e le potenzialità che il cinema possiede nel veicolare certi tipi di contenuti e/o messaggi rispetto ad altre arti?

Il cinema è un’arte di per sé magica perché è costituita da un’immagine in movimento. Contiene quindi più sensazioni al suo interno, capaci di provocare altrettante reazioni negli occhi di chi guarda. A me certi film piacciono per l’esperienza che riescono a comunicarmi, più che per il modo in cui sono girati. La magia comunque resta il più grande punto di forza di quest’arte. Non c’è mai stato nulla di più magico del cinema. Inoltre è un’arte alla portata di tutti, che resta molto più impressa nella memoria rispetto ad altre. Tutti si ricordano il primo film che hanno visto da piccoli, pochi invece saprebbero dirti qual è stata la prima mostra d’arte che sono andati a vedere. Il cinema fa volare le persone, è lo spettacolo più facile da fruire. Lui inizia a raccontarti una storia senza chiederti il permesso, va e tu non puoi far nulla se non rimanere incollato allo schermo. Il cinema è un’arte immediata e anche questo è un grandissimo pregio da non sottovalutare.

-Il cinema è una chiave filosofica per vivere la vita di tutti i giorni. Ma, cosa significa per voi la filosofia?

Caspita, domanda tosta! La filosofia per me è come la politica, è un modo di vivere. Anzi, è come vivo. Nel modo in cui io vivo e mi esprimo faccio della politica ed elaboro idee e concetti che rappresentano la mia vita. Non sono un’intellettuale e non mi definirei tale. Sono una persona “di pancia”. Una persona che ha bisogno di fare le cose per esprimersi. E il festival per me è stato questo: una possibilità per trovare un posto nella società, un ruolo che fosse mio costruendomi un mio spazio e un mio ruolo. Sono una persona che ha sempre bisogno di fare, vivo una filosofia pratica e cerco di applicarla alla vita di tutti i giorni.

 

Sito: www.lagofest.org

FB: facebook.com/lagofilmfest

Programma festival: qui

 

Alvise Wollner

[foto concessa da Viviana Carlet ]

Alvise Wollner

cinefilo, cinofilo, fotosensibile

Classe 1991, anno della capra, vivo tra Treviso e Venezia. Dopo la maturità classica e le lauree in Lettere e Giornalismo a Padova e Verona, ho pensato che scrivere potesse aiutarmi a vivere. Giornalista pubblicista, collaboro dal 2013 con la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e sono redattore del quotidiano online TrevisoToday dal 2015. […]

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