“Questa scelta scolastica non ti porterà da nessuna parte! Ma perché non scegli un percorso più adatto a te!” Quante volte abbiamo ascoltato queste affermazioni in prima persona oppure qualcuno ci ha raccontato di averle sentite nel momento in cui doveva effettuare le proprie scelte educative o lavorative?
Molto spesso i familiari sono i primi ad osteggiare le inclinazioni dei figli, talvolta per proprie aspettative personali, altre volte per alcuni credo maturati negli anni, ma spesso anche per pregiudizi sociali e culturali. Da ciò derivano conseguenze spiacevoli: ragazzi e ragazze che realizzano scelte educative senza troppo interesse, così come lavoratori del futuro poco ingaggiati, fino ad uno spreco di talenti innati che potevano essere investiti in attività lodevoli. In particolare, in questo articolo, mi concentrerò sull’influenza e sulle difficoltà di accettare e promuovere la partecipazione delle donne all’interno del mondo STEM (Science, Technology, Economics & Matematics) sia in ambito universitario che lavorativo.
Una ricerca di qualche anno fa della Fondazione Deloitte Studi e ricerche ha evidenziato il disarmante divario di genere che sussiste in Europa e in Italia nelle professioni STEM, divario che proviene principalmente da pregiudizi sociali che portano ad una certa educazione delle ragazze, fin dall’infanzia spinte verso specifiche materie piuttosto che altre. Riporta infatti il paper: «Cultural norms and role models in the representation of STEM subjects play a fundamental role in children’s learning and development processes, so it is essential that policies and practices aimed at reducing the gender gap are implemented»1.
In dettaglio, socialmente parlando, molti pregiudizi presuppongono una presunta scarsa attitudine delle ragazze verso materie percepite più “pratiche” o dalle caratteristiche logico-matematiche, in quanto divergenti dall’immagine tradizionale della donna emotiva, che soppesa più i sentimenti della razionalità, e di conseguenza non è adatta al ragionamento o alle facoltà scientifiche. Ecco dunque che fin dall’infanzia, le bambine vengono cresciute ponendo importanza alle loro attitudini verso la cura, l’aiuto del prossimo, l’ascolto dell’altro e poco verso le altre inclinazioni legate alla logica o alla pratica. In questo modo spesso le giovani si convincono che tali ambiti “non fanno per loro” anche se magari la loro inclinazione sarebbe un’altra.
D’altra parte tali aspetti sono evidenti se si considerano i dati dei laureati sulla piattaforma Almalaurea. A titolo esemplificativo i laureati dal 2018 al 2023 in Scienze e tecnologie Informatiche (laurea triennale) mostravano una percentuale di donne del 14% contro l’86% di uomini; analogamente i laureati nel medesimo periodo in Ing. Informatica (laurea magistrale) contavano 17,1% donne contro 82,9% uomini2. L’evidente gap tra scelta femminile e maschile in due corsi di laurea ancor oggi considerati “prerogativa” dei maschi è significativo per comprendere quanto lavoro sia necessario fare già a partire dal periodo scolastico. Questo, ovviamente, non significa spingere le ragazze verso materie scientifiche se di base hanno altri tipi di propensione, quanto piuttosto valorizzare e sventare i pregiudizi, laddove questi siano di ostacolo all’espressione di sé.
La situazione non migliora nel momento in cui si analizzano gli ambiti professionali, dove figure come “l’ingegnera” o la “matematica”, per usare dei neologismi su cui si discute oggi, presentano difficoltà ad affermarsi in ambienti prettamente maschili. Non a caso negli anni ’90 la scienziata Margaret Rossiter aveva coniato l’espressione “Matilda Effect” per indicare lo screditamento cui erano sottoposte le scienziate donne a favore dei loro colleghi maschi, elemento che aveva “cancellato” dalla storia i meriti delle scienziate, facendo emergere i colleghi e lasciando nel tempo pensare agli occhi del mondo che l’ambito scientifico fosse qualcosa di prettamente maschile.
In questo panorama complesso è necessario poter agire per scardinare gli ostacoli che collegano universo femminile e materie STEM, per poter costituire una società del futuro più bilanciata ed equa. A questo proposito già da molti anni sono nate associazioni che promuovono l’ingresso delle donne nelle facoltà scientifiche, sensibilizzando gli studenti e le studentesse al valore della formazione tecnico-scientifica. Ad esempio Women in STEM è un’organizzazione internazionale che ha lo scopo di lavorare con le scuole superiori affinchè le giovani siano incoraggiate nelle scienze. Anche diverse aziende collaborano con questa causa: Sanofi Italia, ad esempio, ha messo in piedi un progetto di contatto con le scuole superiori, dove le donne manager, con forte background scientifico alle spalle, hanno portato la loro esperienza tra i banchi di scuola, incoraggiando le ragazze a non effettuare scelte basate sugli stereotipi di genere, ma incoraggiandole a seguire i loro interessi. (G. Beronia, Millennials Effect, Milano, 2018, pp. 81-82).
In conclusione, è sicuramente importante portare avanti la sensibilizzazione su questi temi, per favorire la circolazione di idee e un mondo del lavoro più equo e flessibile. Stando sempre allo studio della Deloitte, per raggiungere la parità di genere nel mondo STEM ci vorranno 258 anni, pertanto rimbocchiamoci le maniche!
NOTE
1. Letteralmente: «Le tradizioni culturali e i modelli di ruolo nella rappresentazione delle materie STEM, svolgono un ruolo fondamentale nei processi di apprendimento e sviluppo dei bambini; è dunque necessario implementare politiche e pratiche volte a ridurre il divario di genere» (Fondazione Deloitte, Osservatorio STEM. Rethink STE(A)M Education, Milano,2022, pp. 25-31, trad. mia).
2. Dati consultabili nella piattaforma www.almalaurea.it/i-dati/le-nostre-indagini/profilo-dei-laureati .
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