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La crisi delle idee, il culto del già visto

Nel Quattrocento veniva chiamato: “stile imitativo”, ed indicava la bravura e la capacità di svariati interpreti nell’imitare le più note composizioni polifoniche scritte dai musicisti dell’epoca. Non eri bravo se inventavi, eri stimato se copiavi quello che già era stato fatto. Vi suona familiare? Dovrebbe, perché il nostro universo artistico-culturale funziona oggi allo stesso modo. Vi proviamo a spiegare perché.

“È la nostra difficoltà a vedere le cose in maniera diversa, originale, creativa che ci fa pensare non ci sia più nulla di nuovo da dire o da scoprire.” Vannuccio Barbaro, poeta del Web, usa questa massima per descrivere una crisi quanto mai sintomatica e preoccupante nel mondo delle Arti. Musica, Pittura, Cinema sembrano non avere più nulla da dire. Ricorrono a schemi e formule già usate in passato, si rifugiano nell’imitazione e nel recupero del già visto, come se ci fosse una sorta di timore nei confronti dell’atto di creare qualcosa di nuovo, finendo per chiudersi nella pavidità della situazione già sperimentata e collaudata. Qualche esempio pratico, per chiarirvi il concetto. A livello musicale, la grande produzione del genere commerciale (l’unico ancora capace di vendere qualche disco, anche solo in versione digitale) ha visto in questi anni la comparsa di svariati artisti che hanno riscosso ottimi successi e consensi, proponendo in versione rivisitata, canzoni che avevano già avuto un loro vasto successo discografico. E’ il caso di fenomeni come i Pentatonix, gruppo americano “a cappella” che ha reinterpretato in tre dischi le più grandi hit della recente scena pop. Oppure dei 2Cellos, The Piano Guys e David Garrett, paladini della musica classica, resa fruibile alla massa attraverso la “coverizzazione” di melodie rock e dance. Si suona qualcosa di già sentito e amato e lo si ripropone in una nuova veste, alla quale è stata tolta la polvere e la noia degli anni che passano.

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Lo stesso discorso è applicabile al mondo del Cinema. Se ci fate caso, la notizia che ha tenuto banco tutta questa settimana non è stata l’uscita di qualche nuova pellicola nelle sale (e ci sarebbe stato molto su cui parlare) bensì il ritorno con furore di David Lynch e della sua serie culto “Twin Peaks”, tornata sotto i riflettori dopo oltre vent’anni. Un annuncio arrivato dopo mesi di rumors tra gli appassionati della Rete e che ora sfocerà in una  terza stagione, di fatto una miniserie di 9 episodi, che andrà in onda sulla rete via cavo Showtime. Non si tratta di un remake, ma della continuazione aggiornata ai giorni nostri delle storie interrotte da ABC nel 1991. Lynch scriverà le sceneggiature con Frost e curerà la regia di ciascun episodio. Non un rifacimento, ma un’astuta trovata per tornare sulla cresta dell’onda e godere di quella gloria così difficile da abbandonare, una volta dopo averla conquistata. Ma il filone del “già visto” cinematografico prosegue nelle sale italiane in questi giorni, dove potrete trovare “Billy Elliot – Il musical”, rifacimento canterino dello storico film che sbancò i botteghini di tutto il Mondo non molti anni fa. Oppure vi basterà aspettare il weekend di Halloween per gustarvi il nuovo “Dylan Dog – Vittima degli eventi”, una rilettura tutta italiana di uno dei fumetti più abusati sul grande schermo. Lo spettacolo in questo caso, dovrebbe valere il prezzo del biglietto, ma resta sempre il fatto che di idee originali si comincia a sentirne sempre più la mancanza.
Tirado le somme, quella che stiamo commentando non è in realtà una vera crisi, anche se ne avrebbe tutte le caratteristiche. E’ una fase di passaggio storico in cui è la povertà culturale a farla da padrone, ma che in ogni caso è destinata a concludersi. Inutile fasciarsi la testa. Lo spettatore medio oggi è una semplice marionetta lobotomizzata, nelle mani delle case di distribuzione e dai responsabili del settore, il cui unico talento è quello di aver saputo trasformare l’Arte in una spietata industria capitalistica, dove non c’è posto per chi non sta al passo con i tempi e non porta a casa il fatturato necessario. Sotto sotto del buono c’è sempre, sapendolo cercare. L’originalità non è certo morta, aspetta solo che questa crisi delle idee si consumi come un’araba fenice per tornare in un futuro prossimo a illuminare i fruitori della cultura con una nuova luce. D’altronde come diceva il grande scrittore José Saramago:
“Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, andare ad osservare la pietra che con il tempo ha cambiato posto.”
Alvise Wollner
[Immagini tratte da Google Immagini ]

Alvise Wollner

cinefilo, cinofilo, fotosensibile

Classe 1991, anno della capra, vivo tra Treviso e Venezia. Dopo la maturità classica e le lauree in Lettere e Giornalismo a Padova e Verona, ho pensato che scrivere potesse aiutarmi a vivere. Giornalista pubblicista, collaboro dal 2013 con la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e sono redattore del quotidiano online TrevisoToday dal 2015. […]

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