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Breve elogio di un sindaco-poeta

Un uomo baffuto rivolge il suo sguardo sconsolato (oramai da più di un secolo) alla sua sinistra verso la laguna veneziana in attesa di giorni migliori. Con il capo stancamente appoggiato sul palmo della mano, rassegnato, riflette molto spesso sull’arte, la poesia e il teatro: le sue grandi passioni. Una vocazione artistica ritenuta, dai notabili di professione, un bagaglio inutile per chi si appresta ad amministrare una città. Non serve a nulla “aver scritto due commedie” se non si è imprenditore, economista o avvocato. Non c’è spazio nella cosa pubblica per poeti incapaci di stilare un bilancio.

Eppure Riccardo Selvatico, il sindaco poeta di Venezia, riuscirà a marchiare con il suo nome un’epoca o perlomeno un intervallo di tempo, seppur breve, proiettato al futuro.

La sua elezione, avvenuta nel 1890, venne immediatamente considerata dagli addetti ai lavori come un incidente di percorso, dovuto soprattutto agli errori politici degli avversari e alle dimissioni premature dei delfini alleati. In ogni caso Selvatico, seppur riluttante all’inizio, accettò di ricoprire il ruolo di primo cittadino di Venezia, una città che proprio in quegli anni vide la nascita e l’espansione di stabilimenti industriali insulari con i cantieri Breda a Sant’Elena, il mulino Stucky, il cotonificio etc. Una realtà in cambiamento guidata da una giunta che non professava alcun colore politico preciso: non era conservatrice, ma neanche socialista. Si dichiaravano democratici e progressisti, come sottolineato da un programma estremamente lungimirante. Bisognava fondare molte scuole professionali, riorganizzare il servizio sanitario, alleggerire il carico tributario, muovere verso una più ampia partecipazione politica della società e preparare un piano di edilizia popolare, una delle piaghe maggiori della città.

Niente male per un poeta crepuscolare e un commediografo del teatro vernacolare veneziano.

Oltre a dimostrare rare preoccupazioni per gli strati più poveri della popolazione, il sindaco diede sfogo anche alla propria vocazione artistica fondando la Biennale, l’Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia. Una vetrina notevole per i giovani artisti italiani e uno spazio interamente laico dove anche le richieste del patriarca non trovavano ascolto alcuno, come dimostra il caso del quadro Il supremo convegno di Giuseppe Grosso1. Un accentuato anticlericalismo che contraddistingueva la politica del sindaco poeta, coraggioso e ingenuo nell’affrontare una figura come Giuseppe Sarto, patriarca di Venezia e futuro Papa col nome di Pio X. Molto probabilmente, proprio a causa di questa ostilità, il gigante Golia mise fine all’esperienza politica di Selvatico sostenendo la lista guidata da un altro sindaco importante nella storia della Venezia contemporanea: Filippo Grimani. Un profilo più consono agli obiettivi politici ed economici di una classe imprenditoriale clerico–moderata.

Lo sguardo di quel poeta baffuto, nonostante le delusioni che la sua Venezia spesso gli serba, continua con le ultime sue forze a guardare oltre l’orizzonte. Oltre il tempo, come ha sempre fatto.

Marco Donadon

NOTE:
1. Il 10 aprile 1895 l’opera giunse all’Esposizione. Secondo l’opinione pubblica il quadro poteva recare oltraggio alla morale pubblica poiché la scena, ambientata in una chiesa, raffigurava una camera ardente e cinque figure femminili nude. Nel feretro doveva contenere Don Giovanni.
Il Sindaco Selvatico decise di sottoporre la questione, se esporre o meno l’opera, ad una commissione di letterati. Si scelse di esporla. La decisione turbò il Patriarca di Venezia, il quale inviò una lettera a Selvatico richiedendo che la tela non fosse esposta. Il sindaco si appellò al verdetto e la tela fu in questo modo messa in mostra.
Proprio per l’attenzione mediatica che il quadro suscitò, a fine Esposizione, un referendum popolare votò a grande maggioranza per l’opera di Grosso. Infine, una società acquistò il quadro per farlo conoscere negli Stati Uniti, dove era già arrivata la sua fama Per un destino beffardo, attraversando l’oceano, il Supremo convegno venne distrutto da un incendio.

[Immagine tratta da Google Immagini]

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