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“Ti piace perché è bello o è bello perché ti piace?” La bellezza e i suoi perché

Ho veduto una sola volta l’unica, colei che la mia anima cercava, e la perfezione che noi collochiamo al di sopra delle stelle, che noi allontaniamo sino alla fine del tempo, questa perfezione l’ho sentita presente. Era là, questo essere supremo, là nella sfera dell’umana natura e delle cose esistenti. Non vi domando più dove essa è: è esistita nel mondo e può tornarvi; vi è soltanto nascosta. Non domando più che cosa essa sia, l’ho veduta, l’ho conosciuta. Oh, voi che cercate il sommo bene nelle profondità del sapere, nel tumulto dell’azione, nell’oscurità del passato, nel labirinto del futuro, dentro le fosse o sopra le stelle, conoscete il suo nome, il nome di ciò che è uno e tutto? Il suo nome è bellezza. 1

Siamo davanti a un tramonto, ci sfugge un sospiro e pensiamo che non ci sia niente di più bello in quel momento, un po’ come quando guardiamo negli occhi la persona che amiamo. Reputiamo bello ciò che ci piace, ciò che alla fine ci procura piacere, ma anche Kant sarebbe d’accordo nel denotare che nell’istante in cui definiamo qualcosa “bello” stiamo dando soltanto un nostro giudizio personale: si tratta di un giudizio di gusto, non logico, ma bensì estetico. A riguardo del piacevole, Kant usa il termine tedesco Angenehm e afferma che esso “è ciò che piace ai sensi nelle sensazioni”2.

ll bello è per prima cosa una forma, legata all’oggetto delle nostre rappresentazioni estetiche: bello è qualcosa di definito nel materiale, ma inesprimibile in un concetto, può essere bella una rosa o una statua o un giardino fiorito in primavera, ma non si riesce a dire perché è bello. A questo punto si può pensare allora alla sua finalità: può esserci un bello con finalità senza scopo o un bello strumentale. Nel bello senza scopo vi è un nostro totale disinteresse nel dare il giudizio, il bello appare per se stesso e si mostra in sé. Il bello strumentale semplicemente è legato all’utilità dell’oggetto di cui noi vogliamo disporre. Riprendiamo l’ultimo esempio fatto, quello del giardino di fiori in primavera. Se io per la prima volta entro in questo giardino e vedo tutti i fiori ben curati, che sbocciano, di tutti i colori, rimando meravigliata per la bellezza intorno a me, ma non esprimo questo giudizio perché mi interessa o mi serve per qualche motivo preciso, ma perché denoto che è bello di per sé e può essere un giudizio universalmente valido, che tutti posso esporre. Ma se io sono il giardiniere di tutti quei fiori, li trovo belli anche per mio interesse, perché è mio lavoro occuparmi di tutto il giardino e curarlo. Risulta essere in ogni caso una percezione soggettiva che a seconda dell’interesse o disinteresse assume un validità differente perché personale.

Alla fine “Non è bello ciò che bello, ma è bello ciò che piace”, i detti popolari non sbagliano mai.

Ma cosa produce la Bellezza?

Hölderlin scrive che la bellezza ha tre figlie: la prima figlia è l’arte, fonte divina di giovinezza per l’uomo; la seconda figlia è la religione, amore della bellezza; infine la terza è la filosofia, la figlia mancante, poiché essa è limitata da una conoscenza del contingente. La filosofia trova possibilità solo attraverso l’intuizione immediata, che procede dalla bellezza ai sensi, divenendo fondamento logico e ontologico.

Vorrei solo concludere questo articolo con questa citazione:

Il saggio ama proprio lei, la bellezza che tutto racchiude. Il popolo ama i suoi figli, gli Dei che gli si manifestano in forme molteplici. […] E senza tale amore per la bellezza, senza questa religione, ogni Stato non è che scheletro secco senza vita e spirito e ogni pensiero e ogni azione un albero senza cima, una colonna cui è stato troncato il capitello. 3

Al prossimo promemoria filosofico!

Note

1] Holderlin F., Hyperion oder der Eremit in Griechenland (1799), cit p. 59

2] In tedesco “ist das, was den Sinnen in der Empfindung gefallt

3] Holderlin F., Hyperion oder der Eremit in Griechenland (1799), cit p. 89

Azzurra Gianotto

[Immagine tratta da Google Immagini]

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