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Habermas e la politica deliberativa: un’utopia?

Ma perché tutto questo ottimismo?

Se c’è una cosa che non manca mai di stupirmi è la fiducia che alcuni pensatori attribuiscono ancora oggi alle capacità proprie della sfera politica. Io la guardo con un atteggiamento di pura rassegnazione: per me politica è soltanto sinonimo di slealtà e manipolazione. Di fronte al panorama odierno non riesco ad avere occhi ottimisti, e forse proprio per questo motivo fuggo a cercare consolazione in qualche pagina di sana filosofia politica, perché quella si che riesce a far vedere la realtà con un po’ di speranza in più. A volte però, di fronte ad alcune pagine, qualcosa non mi torna. Mi sembra, infatti, che alcune problematiche vengano liquidate con troppa rapidità.

Fatti e norme è un testo scritto da Jürgen Habermas nel 1992, e da allora è uno dei punti di riferimento del dibattito politico contemporaneo. Qui Habermas permea le sue teorie di un ottimismo che a tratti potrebbe apparire addirittura fuori misura. Bisogna dire fin da subito, però, che il 1992, per quanto cronologicamente possa sembrare un passato recente, in realtà per tutta una serie di fattori socio-culturali, si distanzia dal nostro presente in maniera piuttosto decisa.

Habermas apre la sua riflessione con una distinzione tra due attitudini comportamentali tipiche dell’essere umano: orientamento al successo e orientamento all’intesa. L’orientamento al successo, di matrice evidentemente hobbesiana, è da lui avversato, in quanto intrinsecamente impossibilitato a realizzare una democrazia che possa dirsi solida e stabile: se ciascuno pensasse soltanto al proprio interesse, infatti, non tarderebbe ad utilizzare qualsiasi mezzo al fine di proteggere la sua sfera d’azione, arrivando con ciò anche ad ostacolare libertà ed integrità altrui. L’orientamento all’intesa invece, è l’attitudine da Habermas considerata non soltanto corretta, ma anche da promuovere all’interno della società. Essa infatti, fonda l’idea centrale del testo e dell’intera proposta politica habermasiana: l’interazione discorsiva come presupposto di ogni processo decisionale in campo politico.

L’obiettivo della partecipazione politica per Habermas deve essere il raggiungimento del bene comune. Questo deve essere individuato non più attraverso il riferimento alla sfera morale, bensì attraverso l’attuazione di discussioni pubbliche tra individui che si riconoscono l’un l’altro come liberi ed eguali. In ciò consiste la politica deliberativa proposta da Habermas, e in ciò si fonda anche tutta la mia perplessità.

Mi pare infatti che il ricorso alla strutturazione di spazi pubblici di dialogo politico, sia non soltanto un tentativo già proposto da altri in passato, ma sia anche una strada difficilmente percorribile. Come possiamo, attraverso il dialogo, accordarci? Come possiamo, al giorno d’oggi, accantonare l’orientamento al “successo” in favore di un’intesa profonda con gli altri individui? In taluni casi non è il mero successo ciò a cui pensa la gente, ma è il poter vivere serenamente e con dignità. Inoltre, quanto può incidere la parola di noi cittadini sulle direttive politiche? A me pare che la risposta sia piuttosto evidente. E per questo motivo la mia lettura di filosofia politica questa volta sembrerebbe deludermi: troppo ottimismo, troppa sbrigatività. La realtà mi sembra talmente complicata!

Poi però mi ricordano: ciò che attribuisce ad una norma un potere regolatore è il suo discostarsi dalla realtà. Se non vi fosse questa distanza, allora non vi potrebbe essere nemmeno margine di miglioramento. A questo punto mi sembra di poter tornare a dormire sogni tranquilli. Ma un’ulteriore domanda mi blocca: qual è la distanza massima per non dover rischiare di sprofondare nell’utopia?

 

Federica Bonisiol

Testo: J. Habermas, Fatti e norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, Laterza, Roma-Bari 2013

[immagine tratta da Google Immagini]

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