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Storia di un genitore che ama troppo

Poco prima di spararsi un carrozziere di sessantacinque anni in pensione, ha chiamato le sorelle per comunicare loro il gesto disperato che aveva compiuto.

Ho ammazzato tutti, e ora mi ammazzo io.

La tragedia familiare è avvenuta a San Fele, un paesino lucano nella provincia di Potenza.

Il pensionato ha ammazzato nella mattina del nove agosto scorso la moglie e i due figli, una ragazza di ventisette anni, e il primogenito di trentadue, portatore di handicap.

La motivazione che avrebbe spinto l’uomo a compiere questo gesto estremo è ancora incerta, tuttavia l’ipotesi emersa nelle prime ricerche sarebbe quella della sua incapacità di sopportare la diversità di un figlio disabile, destinato a continuare la sua vita senza alcuna speranza di miglioramento.

La sofferenza che un’intera famiglia per molti anni stava attraversando, l’impotenza di un genitore che non ci riusciva proprio più a sopportare tutto quel dolore presente ogni giorno davanti ai suoi occhi, un amore tanto forte da non permettere più a un padre di accettare e di rassegnarsi all’idea che suo figlio non avrebbe mai potuto condurre una vita come tutti gli altri, segnato da un destino che, con lui, era stato troppo ingiusto.

Ma che cosa è giusto dopotutto?Lo è forse distruggere la propria famiglia, come se niente fosse successo, come se l’amore tra questo padre, annientato dalla disperazione, e sua moglie non fosse mai esistito?

E’ un po’ questo quello che sembra apparentemente essere successo. La violenza ha cancellato l’amore che stava alla base di questa famiglia, malgrado il padre sia stato spinto, nella sua mente, a prendere la pistola e a puntarla contro ogni membro familiare cliccando il grilletto, proprio per amore.

Forse perchè tutto era diventato troppo pesante, forse perchè era troppo debole per guardare, vivere..ma perchè, mi sono chiesta, si può essere capaci di arrivare a tanto, se è proprio l’affetto a sostenere un atto così brutale?Non avrebbe potuto, al contrario, cercare di essere forte, continuare a resistere per sua moglie, per i suoi figli?

Quando si ascolta dall’esterno una notizia di questo genere è sempre estremamente difficile trarre delle conclusioni. Ogni giudizio risulta in forte contraddizione e non si arriva mai a rispondere al perché.

Daltronde, entrare nella mente di un padre disperato è impossibile e di motivazioni, a questa strage familiare, non ce ne saranno mai abbastanza.

Questa è l’ennesima tragedia avvenuta all’interno delle mura domestiche, all’improvviso, senza che nessuno se l’aspettasse, come se l’obiettivo, da parte dell uomo, fosse appositamente quello di eliminare ogni traccia di dolore che lo aveva accompagnato per l’intera vita, come se la soluzione fosse scomparire portando con sé tutti i suoi familiari per non lasciare altre persone in lacrime.

Si è generalmente portati a credere che l’amore di un genitore verso il proprio figlio sia quello più naturale ed incondizionato possibile. L’amore più puro, perchè non può esistere nessuno in grado di darti ciò che nasce come frutto dell’unione affettiva di una donna con il proprio uomo.

Un amore quasi a priori, che non dovrebbe venire meno.

Dietrich Von Hildebrand parla dell’amore e più specificatamente dell’amore genitoriale, usando queste parole:

L’essere amati, l’essere abbracciati dall’amore di un’altra persona è già una cosa che dà profonda felicità, indipendentemente dal nostro amore. Quando il raggio dell’amore penetra come fonte di calore, di felicità, nel nostro cuore, si dischiude in noi la totale magnificenza della qualità dell’amore.[…]

Il “mio” che troviamo nell’amore genitoriale e filiale costituisce un grave problema; poiché qui si tratta evidentemente di un’unità che è data in precedenza e che non si costituisce a partire dall’amore. I genitori sono oggettivamente i suoi genitori- prima di qualsialsi presa di posizione del figlio- e il figlio è il figlio dei genitori, il “loro” c’è ancora prima di una risposta al valore al figlio e indipendentemente dal loro amore per lui.[…]

L’appartenenza oggettiva, o unità, è infatti qui pre-data nella relazione dei figli verso i genitori.[…]
Già nel tempo della gravidanza aspettano il loro bambino, ancora indipendentemente da una risposta al valore del figlio.
È del tutto falso credere che l’unità che qui fonda il “mio”, sia il motivo, il fondamento dell’amore.

Il filosofo sosterrebbe quindi che l’unione (intesa in termini biologici) esistente tra una madre o un padre e il proprio figlio non necessariamente può essere generatrice di amore.

Che relazione esiste, infatti, tra amore e biologia?Può l’affetto essere cristallizzato in un semplice codice genetico?Se così fosse, sarebbe impossibile spiegare la ragione che porta una madre ad abbandonare la propria creatura o, come in questo caso, un padre ad uccidere il proprio figlio. Se l’atto creativo implicasse necessariamente l’amore, non esisterebbero abbandoni, né tragedie familiari come queste.

Malgrado, forse, sia stato proprio l’affetto per il figlio a spingere quest’uomo a strappare via la vita della moglie, di entrambi i figli e la propria.

Malgrado sia l’amore malato, a volte, a spingere l’individuo a compiere atti che la mente cosciente non può nemmeno immaginare.

Sara Roggi

[immagini tratte da Google Immagini]

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