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La gestione del dolore tra Ragione e Sentimento seguendo Jane Austen

La maggior parte di noi ha incontrato Jane Austen durante gli anni scolastici, un’autrice spesso liquidata piuttosto frettolosamente e della quale, in seguito, magari non ci si ricorda. Eppure i temi trattati dall’autrice sono molto più attuali di quello che potrebbe sembrare in apparenza. I personaggi di Jane Austen e, in particolare, le sue eroine sono spesso in bilico tra volontà e necessità, sogni e realtà, piaceri e doveri come emerge così chiaramente sin dal titolo in Ragione e Sentimento. Il romanzo, pubblicato anonimo nel 1811, ci presenta due figure che sembrerebbero incarnare perfettamente questa eterna lotta che ognuno di noi si è trovato ad affrontare, anche più di una volta, nella vita. Elinor e Marianne Dashwood, pur essendo sorelle, hanno caratteri opposti: se la maggiore, Elinor, si staglia come implacabile ma anche ironica paladina della Ragione, la più giovane, Marianne, è posseduta da passioni tumultuose impersonificando il Sentimento. A ben vedere, però, nel romanzo esse non sono sempre in contrapposizione venendosi, anzi, in soccorso a vicenda. Il Sentimento, con le parole e le movenze di Marianne, interviene per lambire l’animo di Elinor e farla, almeno in parte, capitolare sognante e a tratti malinconica allo stesso tempo; la Ragione, grazie al suo potere di penetrare nell’oscurità delle passioni, lenisce l’animo di Marianne, la riconduce su una via meno tortuosa, in qualche modo la protegge.

«Elinor trovava ogni giorno tempo libero a sufficienza per pensare a Edward e al comportamento di Edward, con tutta la varietà che il mutevole stato del suo spirito poteva produrre in diversi momenti: con tenerezza, pietà, censura e dubbio» (J. Austen, Ragione e Sentimento, 2004).

La difficoltà di scelta tra la ragione e il sentimento, apparentemente sempre in lotta tra loro, si traduce anche nella complessa gestione del dolore; perché se è vero che le sorelle si comportano in maniera diversa nella vita di tutti i giorni ed hanno interessi differenti, il punto focale è la loro reazione ai dolori, nello specifico a due tipi di dolore entrambi legati alla sfera dell’amore. Elinor, innamorata di Edward Ferrars, il fratello della cognata Fanny, rinuncia alla speranza di potersi sposare con lui e lavora mentalmente per poter gestire questo dolore in maniera razionale, facendo appello a quello che, genericamente, potremmo chiamare buon senso. Marianne, invece, viene sedotta e abbandonata da John Willoughby che sceglie un matrimonio più conveniente; in questo caso la gestione del dolore è del tutto opposta a quella di Elinor e Marianne si abbandona alla più totale disperazione fino ad ammalarsi gravemente.  Anche qui, però, si possono notare delle sfumature più sottili: Elinor non sembra indifferente allo stato d’animo della sorella quanto piuttosto una custode, pronta a farla riflettere maggiormente e a non abbandonarsi del tutto all’impulsività. Nelle domande che le rivolge sembra esserci anche un implicito richiamo alla coscienza e all’amor proprio:

«Ma, mia cara Marianne, non cominci a dubitare dell’indiscrezione della tua condotta, adesso che ti ha già esposto ad alcune osservazioni molto pungenti?» (ibidem).

Nella nostra vita, allora, la Ragione non appare solo come qualcosa di rigido ed austero ma anche come aiuto concreto nell’affrontare la quotidianità delle giornate, con le sue gioie e i suoi dolori. Allo stesso tempo, il Sentimento non è solamente irrazionalità ma anche passione, tumulto benefico dell’animo, entusiasmo e curiosità. È proprio grazie alla delicata commistione tra i due elementi, quindi, che riusciamo a reagire ai dolori, alle delusioni, ai piccoli e grandi tormenti ed è, perciò, necessario appellarsi ad entrambi, Ragione e Sentimento, lasciarli dialogare per cercare un equilibrio senza soffocare né l’una né l’altra parte; in fondo Marianne non potrebbe vivere senza Elinor e viceversa. Come fratelli, Ragione e Sentimento, possono sostenerci soprattutto in un periodo storico come questo, fatto di contraddizioni enormi, fragilità ormai evidenti e crisi che sembrano moltiplicarsi di giorno in giorno. Affinché lo sconforto non prenda il sopravvento, dobbiamo davvero fare appello a questi due fratelli così da poter sì analizzare, comprendere, informarci, agire con raziocinio, ma senza perdere quella tenerezza che ci fa umani e che, pure, ci rende capaci di andare avanti senza paura di scoprire il cuore. Imparando a dar voce a entrambi, dopo un primo momento che potrebbe apparire confuso, riusciremo ad ascoltarli e a cogliere il meglio dell’uno e dell’altro.

 

[photo credit Piret Ilver via Unsplash]

Veronica Di Gregorio Zitella

Veronica Di Gregorio Zitella

curiosa, determinata, sognatrice

Sono laureata in Lettere e Filosofia e tutto il mio percorso accademico si è svolto alla Sapienza di Roma dalla triennale al Master in Editoria, giornalismo e management culturale  e le mie più grandi passioni sono la filosofia, la lettura e la comunicazione; dalla fine del 2018 mi occupo di social media e comunicazione digitale […]

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