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Adam Smith è ancora tra noi

L’Economia è diventata un tema centrale del dibattito pubblico e della nostra vita quotidiana, paroloni come Spread, BUND, BTP sono entrate prepotentemente nelle nostre vite e non c’è giorno che non guardiamo con una crescente preoccupazione a come stiano andando le cose in questo settore.

Ma come siamo arrivati a tutto questo?

Siete proprio sicuri che la Filosofia non abbia niente a che fare con tutto questo? Come ogni cosa anche l’Economia ha avuto la sua evoluzione all’interno della Storia del pensiero filosofico partendo dai fatti economici risalenti alle comunità antiche o primitive sino alle formulazioni più sofisticate di Adam Smith, filosofo morale inglese che accompagna la rivoluzione industriale. Egli comprende prima di molti altri pensatori contemporanei il ruolo importante assunto dai fenomeni economici nella modernità e il ruolo centrale dello Stato, pensa il progresso dell’economia chiedendosi quale debba essere il ruolo giocato da quest’ultimo in campo economico.

A Glasgow Smith formula la sua “Teoria dei sentimenti morali”, titolo che sembra molto distante dall’Economia stereotipata che abbiamo in mente oggi, ma come vedremo è assolutamente attinente a questo campo del sapere. Infatti Smith comincia allora a porre al centro dell’attenzione non solo i problemi derivanti dalla nuova economia, ma inizia a svolgere una ricerca serrata sulla causa e la ricchezza delle nazioni che darà vita alla sua opera più importante. Come la Filosofia Antica cercava l’essenza della natura così Adam si chiede semplicemente quale sia l’essenza della ricchezza, la sua natura. Si smarca così dalla formulazione aristotelica tradizionale che voleva la ricchezza come qualche cosa che ha a che fare con i beni della natura, questa teoria che può sembrare abbastanza ingenua è stata invece centrale fino al 1600 che sviluppava una formulazione organica dei fenomeni economici identificando la ricchezza prodotta in campo agricolo con la ricchezza in generale, l’Economia del tempo coincideva con la Fisiocrazia, cioè la scienza del potere sulla Physis, la Natura.

Arriviamo così all’opera principale di Smith: La ricchezza delle Nazioni. A dispetto del titolo il volume è fortemente incentrato su un concetto cardine:il Lavoro; la ricchezza viene intesa come il progresso nelle capacità produttive del lavoro, così il testo si configura come una analisi del Lavoro più che della ricchezza in quanto tale, discostandosi totalmente dal concetto classico di ricchezza naturale o agricola. Se il fulcro della ricchezza è il Lavoro diventa sensato chiedersi quale sia l’elemento che ne incrementa la produttività, partendo dal presupposto che non è il lavoro in quanto tale che ha una capacità intrisenca, ma è il lavoro quando entra in una certa modalità organizzativa e così si arriva alla divisione del lavoro e alla formulazione dell’idea della divisione dei ceti della ricchezza.

Le questioni di fondo diventano quindi:

  1. Produttività del Lavoro
  2. Distribuzione della ricchezza: vengono individuati 3 figure di riferimento per la determinazione dei prezzi di una merce quali i Lavoratori, i Detentori del Capitale e la Rendita Finanziaria. Tutte e tre le classi sono fondamentali per il funzionamento della macchina economica.

Il resto viene di conseguenza a questi assunti di base: il principio che all’origine della divisione del lavoro vi sia l’accumulazione e l’impiego dei fondi, che la divisione del lavoro sia limitata dall’ampiezza del mercato la cui ampiezza determina lo spazio economico e più questo spazio sarà esteso più il lavoro sarà specializzato e il concetto di prezzo reale (prezzo in lavoro) e il prezzo nominale (prezzo in moneta) delle merci.

Con Smith i paradigmi classici saltano completamente, la ricchezza non è più qualcosa di collegato alla natura, non si parla più di filia sociale, non vi è una teoria della giustizia cioè un legame etico che stringe gli uomini fra di loro favorendo lo scambio fra i produttori secondo un reciproco riconoscimento.

In Aristotele l’Economia è ancorata alla Politica e all’Etica, con Smith l’Economia si emancipa da ogni subordinazione, da ogni forma di controllo diventando qualcosa di a sé stante; se gli antichi si preoccupavano non del produrre ricchezza, ma di come spendere le risorse nel modo migliore, con questo nuovo paradigma la ricchezza e la sua produzione diventano un valore in quanto tale, la ricchezza è il motore che fa crescere la ricchezza stessa per se stessa.

E così se non vi è più limite all’Economia, non vi è più misura, la ricchezza non è funzionale a soddisfare bisogni nella loro concretezza, la ricchezza chiama altra ricchezza, i bisogni diventano potenzialmente illimitati come i beni offerti sul mercato. L’Economia, liberatasi dall’Etica e dalla Politica, trova il suo miglior alleato nella Tecnica che diventa lo strumento ideale per aumentare la produttività e la ricchezza stessa.

L’Economia tocca a questo punto il suo apice quando si scolla anche dalla sua natura materiale, facendo un ulteriore salto evolutivo, slegandosi anche dalla sua natura materiale, così il denaro inizia a diventare un bene fra i beni, anzi il miglior bene per produrre ricchezza a prescindere dai beni concretamente prodotti.

Vi ritrovate? Benvenuti nel nostro mondo! L’Economia sovrasta la Politica e l’Etica che risultano indifese rispetto a questo ambito che ha subordinato tutti gli altri, la società persegue come un treno lanciato verso un precipizio un fine indefinito, l’incremento indefinito della ricchezza e il progresso diventano gli unici orizzonti dell’Economia.

I rapporti tra gli uomini si sono via via inariditi, se il mondo classico vedeva nello scambio l’orizzonte della giustizia l’Economia moderna guarda solo al guadagno non inteso come produzione per entrambi i contraenti di uno scambio, ma la massimizzazione della sottrazione della ricchezza all’altro contraente. Da una logica cooperativa entriamo in una logica contrappositiva a cui consegue un inevitabile elemento degenerativo della società.

Adam Smith e “La ricchezza delle Nazioni” riecheggiano sino ad oggi con forza nella nostra Economia contemporanea e forse oggi possiamo dire che l’ascesa di quelle grandiose idee sono paragonabili solo al loro epocale fallimento di fronte ai problemi globali che affliggono la nostra Economia.

Forse andrebbe ripreso il monito dell’economista Paul Krugman “L’economia è un sistema sociale creato dalle persone per le persone” e sarebbe opportuno ricominciare a immaginare una nuova Economia a misura d’uomo, anzi a misura globale vista le crescenti problematiche di carattere ambientale.

Matteo Montagner

[immagini tratte da Google Immagini]

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