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Tecnologia e terrore

Quando comparvero i primi treni che andavano a ben 80 km all’ora alcuni detrattori dell’utilità di quella tecnologia sostennero che a quella velocità inaudita i passeggeri avrebbero subito gravi danni alla salute, la velocità avrebbe impattato sugli organi interni dei passeggeri portandoli a morte certa. Edison, fermamente contrario alla corrente alternata, arrivò a friggere una povera elefantessa in una orribile esecuzione pubblica. La tecnologia non è né buona né cattiva, dipende dall’uso che ne facciamo: i telefoni cellulari hanno rivoluzionato il nostro modo di vivere in positivo, ma possono anche essere usati per attuare attentati terroristici.

La foto di Mark Zuckerberg al discorso scandito dal palco di Samsung al Mobile World Congress: “La realtà virtuale è la piattaforma del futuro. Cambierà le nostre vite” che sceso dal palco viene immortalato di fronte a una moltitudine di persone dagli occhi coperti da un innovativo dispositivo tecnologico immerse in una realtà virtuale, basta per rievocare orde di neo luddisti pronti a immaginare scenari apocalittici. Facciamo un passo indietro, chi è Ned Ludd? Il luddismo è stato un movimento di protesta operaia sviluppatosi all’inizio del XIX secolo in Inghilterra particolarmente noto per accanirsi contro i macchinari industriali.Ned Ludd, forse una figura mitologica, è descritto come un giovane che nel 1779 avrebbe distrutto un telaio in segno di protesta. Ludd incarna la distruzione delle macchine percepite come nemiche di tutti i lavoratori salariati oppressi dai padroni e sconvolti dalla rivoluzione industriale. Ludd può apparirci come una figura distante, ma è ancora tra noi nella misura in cui ci si approccia alle nuove tecnologie con atteggiamento denigratorio, la storia dell’umanità è piena di esempi di resistenza sociale al mutamento tecnologico.

Intanto bisogna sgomberare il campo da una grande ipocrisia: si cerca spesso di descrivere una tecnolgia in senso negativo come se questo fosse un dato oggettivo, ad esempio la fissione nucleare è un male in sé a prescindere dall’utilizzo che se ne fa, cosa smentita dalla realtà nella misura in cui essa va a beneficio della salute di pazienti malati di gravi patologie. I detrattori della tecnologia sono costretti ad ammettere che la diffidenza verso la novità deriva più da un dato soggettivo, una sorta di nostalgia per le cose com’erano una volta, la manifestazione del desiderio che tutto resti com’ è. La spinta alla conservazione tende ad essere sempre più forte di quella all’innovazione eppure il dato è che il mondo cambia ed è in perenne movimento, esigere che le cose restino statiche significa negare la vita.

Il concetto economico di “decrescita felice” è sensato nella misura in cui parliamo di razionalizzare sprechi e consumi, diventa invece nemesi della vita e utopia nella misura in cui nega la tensione umana al progresso, che è il superamento costante dei propri limiti, motivo per cui siamo stati spinti ad esplorare ogni angolo del nostro pianeta e le stelle. Forse proprio da questa tensione a superarsi l’umanità trarrà un giorno la forza per esplorare lo spazio e fuggire da un sistema solare morente, a lungo termine la tecnologia è l’unica condizione di possibilità della salvezza dell’intero genere umano.

Bisognerebbe riprendere Hegel: la storia dell’umanità è storia del progresso e la soluzione ai problemi derivanti dalla tecnologia non possono che derivare dalla tecnologia stessa e dallo sviluppo della conoscenza scientifica, a patto che dalla dialettica uomo-macchina, sapere umanistico e sapere scientifico si tragga infine una indentificazione nel concetto che essi sono in definitiva la stessa cosa, identificazione tra chi fa quella determinata tecnologia e quella tecnologia stessa.

L’innovazione è l’unica condizione di possibilità dell’essere umano dal momento che guarda sempre al futuro e ne vive la dimensione temporale: ansia, speranza e aspettative fanno parte del nostro modo di vivere il tempo. Il modo in cui l’umanità vive il tempo la rende del tutto diversa dalle altre forme di vita animale e vegetale che conosciamo.

Viviamo in un futuro prossimo in cui uomo e macchina raggiungeranno livelli di simbiosi inauditi e non è certo utopico pensare che un giorno saremo supportati da macchine androidi, possiamo opporci a tutto questo sapendo che accadrà comunque oppure possiamo abbracciare il futuro cercando di guidarlo nel migliore dei modi a partire da un insaziabile desiderio di superarci come individui e come specie?

Matteo Montagner

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