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Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este (1863-1914)

Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este (1863-1914) fu Arciduca d’Austria e, dopo il suicidio del principe Rodolfo nel 1889, erede al trono imperiale di Vienna. Il suo assassinio, il 14 giugno 1914 è divenuto tristemente celebre come il casus belli che condusse allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, segnando definitivamente le sorti dell’Impero Austro-Ungarico.

Francesco Ferdinando si era distinto in vita come uno dei più attivi sostenitori di una riforma radicale dell’impero. Egli era un sostenitore del suffragio universale e di una riorganizzazione dell’impero in stati divisi a secondo dell’etnia predominante, aggiungendo un terzo regno a maggioranza slava. L’Arciduca avrebbe avuto la possibilità di attuare le riforme proposte una volta diventato imperatore, tentando quindi di risolvere il malcontento etnico con le proprie aspirazioni assolutistiche: questa sua particolare visione ha dato luogo a visioni contrastanti della sua persona da parte dei contemporanei e degli storici. Egli s’impegnò attivamente perché gli Asburgo mantenessero un ruolo di primo piano tra le grandi potenze, attirandosi all’estero la nomea di guerrafondaio, mentre gli si rimproverarono ambizioni pacifiste durante i conflitti del primo Novecento in Bosnia e Serbia. Al contempo Francesco Ferdinando non nascose mai un’antipatia anche personale verso gli ungheresi e delle profonde simpatie cattoliche, guadagnando l’odio dei non cattolici e degli antipapisti, che lo consideravano reazionario e clericale.

Nell’Europa occidentale già da tempo si stavano sviluppando i moderni stati nazionali, a oriente invece il modello principale era quello dei grandi imperi multinazionali. All’interno dell’impero asburgico coesistevano ben undici nazioni diverse: la coesistenza tra queste undici nazioni all’interno di un unico Stato, in un’epoca in cui andavano affermandosi le democrazie ed i nazionalismi, fu la questione principale degli ultimi cinquant’anni di vita dell’impero.

La questione nazionale emerse a metà dell’Ottocento, quando l’imperatore Francesco Giuseppe tentò di porre rimedio alla debolezza della corona austriaca cercando l’appoggio della popolazione ungherese dell’impero. La riforma, denominata Ausgleich, “compromesso”, fu attuata nel 1867 e vide concessi un parlamento ed una costituzione all’Ungheria, conferendo di conseguenza alla popolazione magiara un prestigio pari alla componente tedesca dell’impero. Nei territori a guida ungherese (approssimativamente Ungheria, Croazia, Slovacchia, Dalmazia e Transilvania) si assistette quindi ad un decisa supremazia economica e politica dell’etnia magiara, mentre nel resto dell’impero, ora detto appunto Impero d’Austria-Ungheria, rimaneva privilegiata la componente tedesca. Ne conseguì una serie di problematiche: gli ungheresi attuarono spesso una politica di discriminazione sociale verso le altre etnie del regno, i cui membri erano accettati nell’élite solo una volta abbracciate la lingua e la cultura magiare (è perciò incorretto parlare di razzismo). Al contempo cresceva il malcontento delle minoranze che non si erano viste assegnare alcun privilegio, in particolar modo i cechi, terzo gruppo etnico dell’impero, e degli slavi del sud, croati, bosniaci e serbi, che avevano finora tollerato il dominio austriaco ma che iniziavano a mostrarsi insofferenti ora che la componente tedesca veniva percepita non più come una classe dominante ma come una delle tante etnie dell’impero. Ciò scontentò inevitabilmente anche i tedeschi stessi, preoccupati di mantenere le proprie prerogative e di conservare la natura germanica della corona imperiale.

Fin dalla sua attuazione la politica del Compromesso apparve ai più insoddisfacente ed incompleta, ed in molti invocarono ulteriori riforme nel cinquantennio successivo, andandosi però a scontrare contro il feroce ostruzionismo dei gruppi politici opposti.

Le riforme che Francesco Ferdinando aveva intenzione di attuare avevano l’obiettivo di placare le rivendicazioni dei diversi gruppi nazionali, e la tripartizione dell’impero in Austria, Ungheria e Regno degli Slavi avrebbe minato il consenso degli slavi del sud verso i movimenti che promulgavano l’annessione della Bosnia-Erzegovina al Regno di Serbia, gli unici a mettere veramente in discussione l’unità dell’impero. La morte di Francesco Ferdinando nel 1914 fece tramontare ogni speranza di riforma dell’impero, che non si rialzerà più dalla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, mentre la questione etnica, anch’essa irrisolta, emerse ripetutamente per tutto il Novecento, seppure in contesti politici molto diversi.

Umberto Mistruzzi

[immagini tratte da Google Immagini]

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