Home » Rivista digitale » Cultura » Arti » Il fantasma dell’Opera: cosa c’entra Jung? E a noi cosa importa?
fantasma dell'opera

Il fantasma dell’Opera: cosa c’entra Jung? E a noi cosa importa?

Il sipario scende immerso in uno scroscio di meritati applausi. Per la prima volta sto assistendo dal vivo a una rappresentazione de Il fantasma dell’Opera di Andrew Lloyd Webber dopo averlo visto nella versione del 25esimo anniversario e dopo averne consumato la playlist su Spotify. Nella quiete dell’intervallo, mentre l’adrenalina scende, mi parte involontaria una riflessione: che cos’ha quest’opera, così chiaramente fuori dal nostro tempo, che accende così tanto la fantasia? 

Brevemente la storia. Siamo nel 1890, Christine Daae è una ballerina dell’Opera Populaire ed è convinta che, morendo, l’amato padre le abbia mandato “l’angelo della musica” per insegnarle a cantare. In realtà scopriamo subito che l’angelo della musica è il Fantasma dell’Opera, essere che pare sovrannaturale perché fa capitare terribili incidenti in teatro ma in realtà, dietro la maschera, è un semplice uomo terribilmente sfigurato ma enormemente intelligente che si è nascosto nei sotterranei per sfuggire a una vita di emarginazione e disprezzo. E infatti ha anche un nome: Erik. Erik ama Christine e vuole farla sua attraverso la potenza della musica; quando compare Raoul, visconte di Chigny, che altrettanto s’innamora di Christine (che lo ricambia) diventa una furia e cerca di strappargliela via. In tutto ciò però non si capisce che cosa (o meglio chi) voglia davvero la ragazza.

Christine sembra trovarsi in mezzo tra due archetipi: da un lato il Fantasma/Erik, che incarna la notte, il mistero, i sensi, l’istinto, la musica; dall’altro Raoul che è luce, ragione, sicurezza, chiarezza1. In termini Disney, la bestia e il principe azzurro. La scelta tra i due rappresenta il “viaggio” di maturazione della ragazza2. Ma anche il Fantasma/Erik ha il suo percorso ed è l’amore di Christine a trasformarlo. Per lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung l’amore è un dio, qualcosa di archetipico, cosmologico, una forza psichica che ci trascende. Ed ecco che Erik, proprio come Marte posa il capo in grembo ad Afrodite in quella toccante scena del De rerum natura di Lucrezio3, si lascia invadere dall’amore incondizionato di Christine, tanto da sciogliere quel controllo di potere che ha su di lei e da rinunciare alla sua inclinazione malvagia e iraconda che tende ad annientare il prossimo. Attraverso la maschera del Fantasma, Erik si è preso quel potere furioso di chi ha passato una vita nel disprezzo e nello scherno altrui; un potere che ora cede finalmente all’amore.

Chi del resto vorrebbe semplicemente essere temuto? Chi non vorrebbe essere riconosciuto, accettato e amato? Eppure proprio quando Erik sembra riuscire a ottenere ciò che vuole – cioè Christine –, si accorge di non provarne alcun senso di vittoria. Di quell’uomo perseguitato dall’ “Ombra”, direbbe Jung – ovvero, semplificando, dominato dallo stato più inconscio e negativo di sé, un lato solitamente non riconosciuto –, grazie alla divina natura del femminile rappresentata da Christine, si è ora aperto il vero Sé. Chissà se il Fantasma ha più o meno incoscientemente inseguito Christine per essere risollevato dalle profondità in cui si era cacciato, convinto intimamente della possibilità di redenzione, di arrivare a individuare sé stesso – ovvero, per Jung, il raggiungimento della piena affermazione del Sé, il “farsi sé”.

E che dire della nostra protagonista? In quei due baci al volto orrendo al quale ha strappato la maschera, non c’è forse l’enorme coraggio di una persona che vuole liberarsi di questa figura posticcia del padre, che fino a quel momento le è stato mentore, amico, amante, padrone?4 E che al contempo vuole farsi anche salvatrice di Raoul – in quel momento tenuto in scacco dal Fantasma –, smettere di dipendere da lui per la propria salvezza?
La compassione come strumento di libertà. L’amore come risveglio. Il riconoscimento (prima dall’esterno e poi dall’interno) come fine ultimo. Mettendo in una scatola il lampadario di cristalli, i pesanti costumi di scena, le ambientazioni gotiche dei sotterranei dell’Opera Populaire, è un po’ questo che rimane. 

Certo, uno/a potrebbe anche vederci la storia di una stereotipatissima innocente ragazzina abusata da un uomo potente e disturbato che le fa credere di amarla – mentre in realtà il suo è solo becero desiderio di possesso –, un uomo del quale s’innamora preda della più classica sindrome di Stoccolma, e dal quale si allontana solo dopo che la sua pura bellezza interiore non ha “sciolto” il cuore malvagio della bestia cattiva e assetata di sangue con la quale no, giammai possiamo simpatizzare visto che ha ucciso una serie di persone… 
Ma dove sarebbe allora la poesia?
Certo, rimarrebbe la musica. Quei testi sublimi, capaci di toccare corde nascoste; quegli accordi trionfali, quelle melodie malinconiche. Forse bastano davvero solo questi.

 

 

NOTE:
1 – “Turn your face away from the garish light of day / Turn your thoughts away from cold, unfeeling light / And listen to the music of the night. Let the dream begin, let your darker side give in / To the power of the music that I write”, canta il Fantasma a Christine.
2 – Un momento chiave di passaggio è la canzone solista di Christine “Wishing you were somehow here again” in cui canta: “Too many years / Fighting back tears / Why can’t the past / Just die?
3 – Lucrezio, De rerum natura, I 31-37: “Infatti tu sola [Venere] puoi con la tranquilla pace aiutare / i mortali, poiché i feroci effetti della guerra Marte / signore delle armi gestisce, lui che spesso nel tuo grembo si / getta sconfitto dall’eterna ferita di amore, / e così guardando in alto con il tenero collo ripiegato / soddisfa gli sguardi avidi di amore stando a bocca aperta verso di te, dea, / e dal tuo volto non si stacca il respiro di lui che giace“.
4 – “Pitiful creature of darkness, what kind of life have you known? God give me courage to show you, you are not alone” dice Christine al Fantasma/Erik prima di baciarlo.

[Photo credit unsplash]

Giorgia Favero

plant lover, ambientalista, perennemente insoddisfatta

Vivo in provincia di Treviso insieme alle mie bellissime piante e mi nutro quotidianamente di ecologia, disillusioni e musical. Sono una pubblicista iscritta all’albo dei giornalisti del Veneto, lavoro nell’ambito dell’editoria e della comunicazione digitale tra social media management e ufficio stampa. Mi sono formata al Politecnico di Milano e all’Università Ca’ Foscari Venezia in […]

Gli ultimi articoli

RIVISTA DIGITALE

Vuoi aiutarci a diffondere cultura e una Filosofia alla portata di tutti e tutte?

Sostienici, il tuo aiuto è importante e prezioso per noi!