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Presenti nel mondo, presenti a se stessi

A solo un anno di distanza tra loro il mondo ha potuto conoscere due capolavori dell’intelletto umano: il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich (1818) e Il mondo come volontà e rappresentazione di Arthur Schopenhauer (1819).

Lontane fra loro come genere e soprattutto rispetto a noi, queste due opere continuano oggi giorno a interrogarci e a darci importanti spunti sulla realtà circostante. Entrambe pongono al centro e analizzano l’uomo nei confronti del mondo che ha di fronte e in cui è coinvolto, rappresentando quasi due atteggiamenti opposti: l’uno, Friedrich, svuotando il soggetto verso l’oggetto, verso il mondo e portando alla luce la maestosità di ciò che gratuitamente sta dinanzi all’uomo; l’altro, Schopenhauer, concentrando nel soggetto le energie di un percorso che invece lo allontana dal mondo fino a negarlo e a recidere i legami con esso.

Tra l’uomo e il mondo gioca una dinamica di presenza e assenza, che decide il rapporto che ne abbiamo: possiamo pensare e agire per sentirci presenti e coinvolti nel mondo stesso, oppure per prenderne le distanze, per comprenderlo meglio. Allo stesso modo, ma con conseguenze differenti, può non dipendere da noi la scelta ed essere il mondo a farsi a noi più o meno presente, senza averne potere in qualche modo.

Seguire l’atteggiamento del misterioso protagonista del dipinto di Friedrich significa guardare alla presenza del mondo, lasciando in qualche modo anonimo l’essere dello spettatore, di noi stessi. Il percorso di Schopenhauer vuole invece partire dal mondo per negarlo e ascendere a una realtà che sia oltre la stessa dicotomia assenza-presenza, attraverso la massima assenza del mondo e infine da sé stessi.

Nell’era tecnologica è facile smettere di pensare all’attualità della questione dell’uomo nel mondo: è scontato che il mondo d’oggi sia a portata di mano, malleabile, nonostante la crisi economica e culturale portino obiezioni notevoli a queste credenze. E proprio gli eventi che più scardinano le nostre certezze sulla gestibilità del mondo ripropongono da capo la domanda su cosa significhi essere nel mondo stesso o esserne assenti, sia che siamo noi a deciderlo sia che ci si ritrovi inconsapevolmente.

I percorsi di pensiero e di risposta a questa domanda possono essere artistici e filosofici, come per gli esempi all’inizio. Ma anche poetici, scientifici, religiosi. Ogni forma di sapere cerca di stabilire un nesso, un contatto con il mondo in modo tale da non esserne fuori, da capirlo, da non restare assenti e distaccati dal luogo in cui le cose accadono.

Voler mantenere e coltivare questo nesso anche solo impostando la domanda e la ricerca si pone come uno dei più alti intenti che si possano voler raggiungere.

 

 

Articolo scritto in vista del terzo incontro ‘Presenza/assenza’ della rassegna ‘Tra realtà e illusione’ promosso dall’Associazione Zona Franca.

[Immagine tratta da Google Immagini]

Luca Mauceri

ironico, sognatore, procrastinatore

Sono nato e cresciuto a Treviso, ora vivo e lavoro a Padova. Mi sono laureato in Filosofia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dopo essermi appassionato di filosofia antica e contemporanea. Ho pubblicato il saggio La hybris originaria. Massimo Cacciari ed Emanuele Severino (Orthotes) e quando non passeggio o ascolto musica, scrivo articoli e racconti per […]

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