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Tra avere ed essere, seguendo Fromm. Il paradosso dell’identità

Nella frenetica era digitale e nel turbinio del consumismo globale, la questione che ruota attorno alla modalità di esistenza dell’essere umano si fa più urgente che mai. La tecnologia ci connette, ma al  contempo ci isola, ci offre infinite possibilità, ma rischia di ridurci a ciò che possediamo – beni, status, immagini – allontanandoci dall’autenticità dell’esperienza.
Qualche decennio fa, uno straordinario psicologo e filosofo ha indagato con lucidità le profondità  dell’animo umano, anticipando le sfide del nostro tempo. Il suo pensiero, profondamente radicato nelle tradizioni filosofiche e psicoanalitiche (da Meister Eckhart a Spinoza, da Marx e Freud fino a Heidegger), risuona oggi con forza, richiamando la necessità di passare da una vita misurata in termini  di possesso a un’esistenza centrata sulla qualità dell’essere. Parliamo di Erich Fromm, il pensatore che ha delineato con straordinaria chiarezza la dicotomia tra due modi di vivere: avere o essere. 

Fromm ritiene che la prima di queste due modalità si caratterizzi dal bisogno di accumulare beni, status e relazioni intese come possesso, costruendo un’identità legata a ciò che si detiene. Il tempo, in questa prospettiva, diventa una sequenza lineare di ricordi e aspettative, anziché un’esperienza immediata. La seconda modalità, invece, valorizza la vitalità, il presente e la capacità di instaurare relazioni autentiche, con sé stessi e con il mondo. 

«L’avere si riferisce a cose e le cose sono fisse e descrivibili. L’essere si riferisce all’esperienza e l’esperienza umana è in via di principio indescrivibile» (E. Fromm, Avere o essere?, Mondadori 2016, pag. 101).

È evidente che la modalità dell’avere, che rispecchia l’aspetto puramente materiale delle cose (fisse e descrivibili), non ha nulla a che vedere con l’essere, che si riferisce invece all’esperienza umana, per natura indescrivibile, perché ad essere descrivibile è soltanto la maschera che ciascuno indossa, l’io che presenta, in quanto cosa, contrariamente all’io totale, che non può essere minimamente colto nella sua pienezza. Lo psicologo tedesco denuncia come la società contemporanea, dominata dal consumismo, favorisca inevitabilmente la modalità dell’avere, relegando l’essere a una dimensione marginale. Questo paradigma – che si riassume nell’equazione io sono = ciò che ho e ciò che consumo – alimenta forme di alienazione e di isolamento, contraddicendo il bisogno intrinseco di connessione e autenticità che caratterizza gli individui.

In un mondo segnato da crisi politiche, incertezza economica, isolamento sociale, continuamente alimentato da algoritmi che plasmano desideri e relazioni virtuali, il pensiero di Fromm acquista nuova urgenza. I social media, ad esempio, esemplificano il paradosso dell’avere: accumulare like e follower diventa surrogato di valore, mentre l’esperienza diretta del vivere si dissolve. L’economia dell’attenzione, che trasforma ogni interazione in merce, rafforza questa dinamica, rendendo ancora più necessario un cambio di paradigma. 

Alcune tematiche chiave in psicologia umanistica – come quelle teorizzate da Carl Rogers sull’approccio centrato sulla persona, con la sua enfasi sull’autenticità e sull’empatia come condizioni per lo sviluppo psicologico, o di Abraham Maslow sulla gerarchia dei bisogni e l’autorealizzazione – sottolineano l’importanza della consapevolezza e della crescita interiore, elementi fondamentali per risvegliare la nostra interiorità. Queste prospettive trovano un chiaro parallelo nel pensiero di Fromm, in particolare nella sua critica alla società orientata al possesso. Come Rogers, Fromm vede nell’autenticità e nella capacità di “essere”, piuttosto che “avere”, la base per relazioni umane genuine. Come Maslow, individua nell’autorealizzazione non materiale il compimento della natura umana. La psicologia umanistica, in questo senso, offre un sostegno empirico e metodologico alla visione di Fromm, mostrando come la modalità dell’essere non sia un’utopia filosofica, ma una condizione psicologicamente fondata per il benessere individuale e sociale.

Ispirandosi a filosofi come Heidegger, che ha esplorato il concetto di “essere-nel-mondo” (condizione normale e abituale dell’essere umano che vive presso le cose che utilizza), Fromm ci invita a liberarci dall’identità definita dall’accumulo materiale, riscoprendo la crescita interiore, la creatività e l’autoconsapevolezza come antidoti al conformismo e all’apatia della modernità. 

Il paradigma del possesso ha trasformato l’essere umano in pallido ingranaggio privo di vitalità, schiacciato da logiche di produttività e consumo. Fromm ci esorta a superare i dogmi che ostacolano l’intimità interiore, per riscoprire una conoscenza autentica di sé all’interno di un umanesimo rinnovato.  

«La conoscenza ottimale secondo la modalità dell’essere consiste nel conoscere più profondamente»  (ivi, pag. 55).

In un’era in cui l’identità si frammenta tra profili digitali e l’ansia da prestazione si misura in follower, Fromm ci interroga con radicale attualità: continuare ad avere – dati, oggetti, status simbolici – oppure orientarci verso l’essere, trasformando il presente in un atto di resistenza. La rinascita non è utopia: è riconquistare il tempo sottratto dagli algoritmi, sostituire la competizione con comunità empatiche, ridare voce al corpo oltre lo schermo. Di fronte alla solitudine iperconnessa e alla mercificazione delle emozioni, scegliere l’essere significa opporsi alla riduzione della vita a prodotto: la sua filosofia non è un retaggio, ma una mappa per navigare attraverso il caos, dimostrando che autenticità e connessione restano l’unico antidoto alla desertificazione dello spirito.

 

NOTE
[Photo credit Jon Tyson via Unsplash.com]

Mauro Cuccu

Mauro Cuccu

indipendente, sovversivo, visionario

Filosofo indipendente, divulgatore, amante della natura e degli spazi incontaminati. Laureato con lode in Filosofia e Teoria della Comunicazione presso l’Università di Cagliari, esploro il valore concreto del pensiero filosofico nella vita e nel lavoro. Già in possesso di un Master in HR Business Partner, ho appena intrapreso un secondo Master in Educazione e Supporto per Bisogni […]

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