Home » Rivista digitale » Filosofia pratica » Esistenza » Nascita e privazione delle possibilità tra Cioran e Leopardi
nascita

Nascita e privazione delle possibilità tra Cioran e Leopardi

L’affacciarsi al mondo si mostra come il primo atto di manifestazione dell’esistenza e rappresenta, in gran parte del patrimonio culturale dell’Occidente, un evento carico di simbologia positiva, una festa che porta con sé l’idea di un inarrestabile fluire della vita e un carico di novità che si è abituati ad accogliere con grande gioia e positivo coinvolgimento. La nascita costituisce, senza dubbio, un momento filosoficamente e teoreticamente cruciale perché si considera, come recita l’antica riflessione presocratica, un passaggio dal non essere all’essere, l’unione della materia e della forma che, per dirla con Aristotele, si concretizza in ciò che ci rende degli esseri esistenti, ossia delle sostanze.

L’idea di un’intrinseca positività nell’atto di nascere si collega, in relazione a quanto si è finora affermato, alla necessità del festeggiamento e alla visione della vita come un dono da celebrare, ma se si allargasse la riflessione ad un’analisi deterministica ed esistenzialistica in senso stretto ci si ritroverebbe a pensare alla nascita come ad un momento di privazione totale delle molteplici possibilità di essere: nell’istante in cui il vivente viene al mondo determina se stesso, acquista una forma che porterà poi avanti per il resto dei suoi giorni, rimanendo di fatto privo di tutte le altre “cose” che avrebbe potuto abbracciare e di tutte le altre forme che sarebbe stato in grado di accogliere. Anche dal punto di vista esistenzialistico, il venire al mondo porta allo scontro con l’imprevedibilità ignota e incalcolabile delle sofferenze alle quali la Natura, Dio o le divinità, condannano inesorabilmente l’uomo senza alcuna possibilità di appello.

L’idea della nascita come momento di blocco e di congelamento delle forme dell’essere viene sviscerata in uno dei testi più evocativi e profondi del filosofo di origini rumene, naturalizzato francese, Emil Cioran: ne L’inconveniente di essere nati, egli affronta, attraverso l’arma brutale e tagliente dell’aforisma, il tema delicato della “primordiale” privazione delle possibilità connessa alla nascita intesa puramente come atto di determinazione asciutto ed essenziale, in perfetto accordo con la grande tradizione delle filosofie orientali che egli approfondisce e conserva come stabili alleate, affermando in uno dei passaggi più eloquenti:

«Abbiamo perduto nascendo quanto perderemo morendo. Tutto» (E. M. Cioran, L’inconveniente di essere nati, Adelphi, Milano 1991, p. 57).

In questa affermazione semplice, ma dotata di una straordinaria profondità speculativa si nasconde l’essenza della riflessione che il filosofo propone all’interno di questo testo: nascere è un evento che cela, in sé, la forma più alta della sofferenza perché conferisce al vivente quello che il Kierkegaard, padre del filone esistenzialista, avrebbe identificato come un aut aut; il determinare chi siamo ci priva automaticamente della possibilità di essere, ci cristallizza in una forma precisa, incasellata che, con il passare del tempo, diverrà sempre più fissa, immutabile fino a trasformarsi in un monolite che toglierà all’essere stesso l’unica vera fonte di felicità, connessa inscindibilmente alla possibilità di cambiare se stessi seguendo quello che Nietzsche definirebbe come “il flusso vitale dell’esistenza”. 

Ad arricchire la visione del nascere come primo atto di determinazione e quindi come inizio delle sofferenze umane contribuisce la riflessione di un autore che si considera da sempre esclusivamente come punto di riferimento della tradizione letteraria, mettendo da parte il contributo specificatamente filosofico che la sua mente brillante porta avanti a partire dall’opera più significativa, lo Zibaldone di pensieri: Giacomo Leopardi, una delle figure cardine del panorama letterario italiano, affronta il tema della nascita come principio della sofferenza in un componimento poeticamente molto rilevante contenuto nei Canti del 1831 e conosciuto con il titolo di Canto notturno di un pastore errante dell’Asia. 

Il poeta di Recanati, recuperando con un taglio antropologico e squisitamente vago gli antichi racconti che descrivono l’usanza dell’accogliere con tristezza la nascita, diffusa in alcune comunità dell’Asia, descrive in questo modo l’atto di venire al mondo:

«Nasce l’uomo a fatica,
ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
per prima cosa; e in sul principio stesso
la madre e il genitore

il prende a consolar dell’esser nato»
(G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, in Canti, Mondadori, Milano 2018, vv. 39-44).

Avvicinare Leopardi, un intellettuale della prima metà dell’Ottocento, al filosofo contemporaneo Cioran sul tema della nascita come perdita delle possibilità potrebbe apparire bizzarro e rischioso, ma, se si segue il ragionamento che si è tentato di delineare, si scopre che la riflessione proposta da entrambi gli autori, oltre ad essere accomunata da questo riferimento alle culture orientali, contiene una profondità complessa e tutt’altro che superficialmente pessimistica: l’atto di nascere è una forte affermazione di se stessi che si porta dietro una responsabilità importante. A volte l’abitare il mondo ci lascia smarriti e inermi di fronte alle infinite possibilità dell’essere e alle scelte che richiedono una forte dose di coraggio per mutarsi, appunto, da semplici possibilità in tangibili attualità portatrici del rischio insopportabile di ritrovarsi ingabbiati in una forma sociale, familiare o personale che impedisce a noi umani di abbandonarci a quel fluire della vita che ci fa realmente toccare con mano il significato profondo della felicità.

 

NOTE
[Photo credit Christian Bowen via Unsplash.com]

 

Annalisa Boccucci
Umbra, classe 1993. Si è laureata in Scienze Filosofiche presso l’Università degli studi di Siena, ha una laurea triennale in lettere e un master in discipline letterarie. È docente di scuola secondaria di secondo grado e giornalista pubblicista iscritta all’albo della regione Umbria. La appassionano molto l’arte, la letteratura e la poesia alle quali cerca di applicare le varie sfaccettature della riflessione filosofica. 

Gli ultimi articoli

RIVISTA DIGITALE

Vuoi aiutarci a diffondere cultura e una Filosofia alla portata di tutti e tutte?

Sostienici, il tuo aiuto è importante e prezioso per noi!