Home » Rivista digitale » Filosofia pratica » Filosofia e bambini » I bambini e il pensiero filosofico: un legame naturale
bambini

I bambini e il pensiero filosofico: un legame naturale

Spesso si sente dire che i bambini sono piccoli filosofi. Ma cosa implica davvero questa affermazione? Bruno Munari affermava provocatoriamente che pensare confonde le idee (cfr. B. Munari, Pensare confonde le idee, Corraini 1993). Eppure, è proprio attraverso il pensiero che i bambini esplorano il mondo: sono guidati da un desiderio incessante di comprendere ciò che li circonda.

I più piccoli hanno una sete continua di sapere: vogliono scoprire, interrogarsi, comprendere. Ogni cosa nuova li stupisce, anche i dettagli che agli adulti appaiono banali. Questa meraviglia spontanea verso il reale è, in fondo, il cuore stesso della filosofia: l’amore per la conoscenza. Scriveva Platone nel Teeteto: «È proprio del filosofo questo che tu provi, di esser pieno di meraviglia; né altro cominciamento ha il filosofare che questo» (Platone, Teeteto, Laterza, Roma-Bari 2006, p. 30). Fin dalla primissima infanzia, il bambino comincia a conoscere il mondo non solo con i sensi, ma anche con la mente. Indica ciò che vede, lo manipola, lo osserva per comprenderlo meglio. Con il passare degli anni, questa attitudine si affina e continua soprattutto su ciò che li affascina di più, fino a quando l’esperienza scolastica non struttura questo processo.

Come può la scuola valorizzare questa naturale inclinazione alla scoperta, che col tempo rischia di affievolirsi? Ogni volta che si introduce un metodo di studio, o si propone un dibattito su un tema complesso, si sta già facendo filosofia. Ma esiste anche un altro modo: invitare gli studenti a riflettere in modo personale, guidandoli verso una lettura attenta dei dettagli. In questo, il ruolo dell’insegnante cambia: non più solo trasmettitore di sapere, ma facilitatore del dialogo e dell’ascolto reciproco.
Fare filosofia significa non solo ragionare, ma anche imparare a dialogare. Non si tratta di portare i bambini ad accettare le idee degli adulti, ma di accompagnarli nella costruzione di una visione autonoma, nella quale possano immaginare un mondo migliore. I più piccoli, infatti, possiedono una naturale capacità di stupirsi davanti a ciò che per noi è scontato.  Hanno il dono di rileggere la realtà con occhi nuovi, di reinterpretarla con creatività e freschezza. Gli adulti, spesso, si confrontano con il presente paragonandolo al passato, lanciando giudizi che celano nostalgia: “ai miei tempi era diverso” ci ripetiamo spesso, intendendo quel diverso come necessariamente migliore. In realtà, queste osservazioni non tengono conto delle normali trasformazioni del mondo, trasformazioni il più delle volte positive, e dimenticano quanto anche noi cambiamo nel tempo. Il noi di oggi, nel passato idealizzato dalla nostalgia, di sicuro non si troverebbe più così bene come crede.

La filosofa americana Martha Nussbaum nel suo testo L’intelligenza delle emozioni (il Mulino, 2009) sottolinea come l’educazione filosofica sia essenziale in una democrazia: insegna a vivere in modo consapevole, a interrogarsi sulle proprie scelte, a non agire in modo automatico. Per questo è fondamentale alimentare la curiosità degli alunni, stimolare la loro immaginazione e favorire la nascita di idee personali, senza imporre punti di vista precostituiti. Non si tratta di condurli a risposte giuste, ma di aiutarli a costruire le proprie domande. Così, la filosofia a scuola può diventare un potente strumento per formare cittadini più liberi, aperti e creativi. In fondo, educare al pensiero filosofico non significa semplicemente trasmettere concetti astratti, ma aprire spazi in cui i bambini possano interrogarsi, meravigliarsi e costruire il proprio sguardo sul mondo. Come scrive Edgar Morin: «insegnare a vivere è il compito fondamentale dell’educazione» (E. Morin, Insegnare a vivere, Raffaello Cortina Editore, Milano 2015, p. 27). E vivere significa sviluppare la capacità di riflettere, di comprendere la complessità, di accogliere il dubbio come parte essenziale della conoscenza. 

John Dewey affermava: «Credo che l’educazione, quindi, sia un processo di vita e non una preparazione per la vita futura» (J. Dewey, My Pedagogic Creed, Avio Edizioni Scientifiche, Roma 2023, p. 57). Fare propria questa affermazione significa riconoscere che ogni bambino che domanda, che immagina e che si stupisce, sta già vivendo da filosofo. Coltivare questa attitudine, come ci invita a fare anche Edgar Morin, significa educare al pensiero complesso, capace di navigare tra emozione e ragione, tra realtà e possibilità. In questo senso, forse, il compito più nobile della scuola non è quello di riempire menti, ma di accendere fuochi: perché da una scintilla di meraviglia può nascere un mondo nuovo.

 

NOTE
[Photo credit Torsten Dederichsì via Unsplash.com]

 

Francesca Pesacane
Insegna filosofia e storia al liceo. Lettrice onnivora e compulsiva dirige i suoi interessi di ricerca tra logos e nomos. Cerca di mantentenere sul mondo lo sguardo filosofico dei bambini: pieno di meraviglia e sempre alla ricerca del perché.

Gli ultimi articoli

RIVISTA DIGITALE

Vuoi aiutarci a diffondere cultura e una Filosofia alla portata di tutti e tutte?

Sostienici, il tuo aiuto è importante e prezioso per noi!