25 marzo 2017 La valigia del Filosofo

Zuppe larghe un metro

Arrivammo finalmente alla locanda: il gioco1 l’aveva vinto la bambina, seconda la mia amica e io ultima. La locanda aveva un’insegna triangolare e si chiamava “I tre piatti”. Dentro c’erano tre sale, oltre alla cucina, s’intende. Ci accomodammo nella prima, nel tavolo a sinistra, che era di forma triangolare.

Arrivò il cameriere e, senza nemmeno salutare, ci disse che il coperto sarebbe venuto a costare più dei piatti e che questi, come già avevamo intuito, erano tre. La bambina rispose che non c’era problema e anzi, avremmo potuto farne anche a meno, dato che l’avevamo portato con noi, il coperto2. Tirammo fuori la tovaglia da picnic ricamata a mano, tre calici di cristallo, un mucchio di forchette di plastica, qualche piatto e anche la bottiglia di aranciata. Ordinammo una zuppa, una pizza e un piatto del giorno.

Mentre aspettavamo la cena, la mia amica fece un commento sul quadro appeso alla parete. Che bell’anatra, disse.

Io guardai il coniglio nel dipinto e corressi la mia amica: che bel coniglio, volevi forse dire!

Ma scusa, dove lo vedi il coniglio? Rispose lei. Capisco tu abbia fame, ma quello un coniglio proprio non è!

Mi aveva fatto quel commento perché il piatto del giorno, che avevo ordinato io, prevedeva le tagliatelle al ragù di coniglio.

La bambina si mise a ridere e noi la guardammo perplesse.

È una figura ambigua, un’immagine cioè che può essere interpretata in due modi alternativi: come un’anatra, disse rivolgendosi a lei, o come un coniglio, disse guardando me.

Arrivarono finalmente i tre piatti. La bambina, fissando la zuppa della mia amica, tirò fuori la lingua e storse il naso.

Che c’è? Le chiese la mia amica.

Perché prendi la zuppa se non è buona? Chiese la bambina.

Certo che è buona.

Non può esserlo, è una zuppa!

Ma certo che può esserlo: è una di quelle cose che funzionano col metro!

Col metro? Intervenni io.

La mia amica fece cenno di sì con la testa e continuò, sicura di sé: per esprimere un giudizio su certi tipi di situazioni, usiamo il metro.

Continuavo a non capire, dunque la mia amica fu costretta a spiegarsi meglio:

Pensa al metro che srotoli ogni volta che devi aggiustare dei calzini. Devi metterci sopra una toppa e per capire quanto lunga serve prendi le misure col tuo metro, no? Ecco, è come se ogni uomo avesse un metro, per misurare alcune cose, un proprio metro personale che è diverso dai metri degli altri. In questo modo il risultato delle mie misure può essere diverso da quello che ottenete voi con le vostre misure.

Se ci pensi, disse allora rivolgendosi alla bambina, è come se io misurassi la bontà della zuppa con un metro diverso da quello che usi tu. Il mio metro dice che è un piatto che mi piace mangiare, mentre il tuo metro dice il contrario.

Ma ci sono delle situazioni per le quali non usiamo metri? Chiese la bambina.

Beh, se prendessi la frase «I lati di un quadrato sono uguali tra loro», è chiaro che nessuno la metterebbe in dubbio: tutti, ma proprio tutti, penserebbero sia una proposizione incontestabilmente vera.

Ho capito! Esclamò la bambina. Come la pizza, che piace proprio a tutti!

La valigia del filosofo

NOTE:

1 Cfr. Scelte obbligate, strade possibili.

2 Ivi.

Tagged: , , , , , , , , , , , , , , ,