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We are everywhere!

“We are the Stonewall girls

We wear our hair in curls

We wear no underwear

We show our pubic hair

We wear our dungarees

Above our nelly knees!”

 

Intonando questo ironico motivo, alcune drag queen cercarono di schernire l’arrivo di una squadra anti-sommossa a New York. Un incontro inusuale che si materializzò in Christopher Street davanti al bar The Stonewall Inn, un nome che a molti non suggerirà niente, ma capace negli anni Sessanta e Settanta di ispirare moltissime mobilitazione sociali. In ogni caso The Stonewall Inn viene ricordato per un evento singolare, ma quanto mai attuale: il luogo “where pride began”.

Nella notte del 27 giugno del 1969, in seguito all’ennesima irruzione armata della polizia, un gruppo che vestiva “con abiti del sesso opposto” si ribellò aizzando la folla che nel frattempo si addensò davanti al edificio incuriosita. In poco tempo iniziò una mischia nella quale a farne le spese furono i poliziotti, costretti a rinchiudersi nel locale. Nonostante l’arrivo di rinforzi, i rapporti di forza non si ribaltarono; anzi la folla si andava ad ingrossare man a mano che passavano le ore, fino a contare nelle proprie file circa duemila unità.

Si trattò di una notte carnevalesca, dove i ruoli si ribaltarono. Si trattò di una notte fondante, dove al movimento omofilo si sostituì il movimento militante di liberazione omosessuale. Si trattò di una notte radicale, coraggiosa, nella quale i gay decisero di uscire da quei margini costruiti da una soggettività deformata di una società rinchiusa nella sua educastrazione1. Si trattarono dei moti di Stonewall, la palingenesi del movimento LGB (Lesbiche, Gay, Bisessuali; dagli anni Novanta l’acronimo comprenderà anche la lettera T -Transgender) contemporaneo che ogni hanno viene celebrata provocatoriamente con il Gay Pride parade.

A quell’epoca all’immagine del gay erano associati termini che rimandavano ad un universo promiscuo, sporco e peccaminoso. Spesso erano accostati alla pedofilia, alla corruzione degli alti quadri di Wall Street, alla mala vita organizzata o ancora al coinvolgimento in una possibile tratta dei bambini. Tutte presunte attività che il sindaco repubblicano John Lindsay voleva ripulire, perché rappresentavano modelli nocivi per i bambini d’America pronti per essere già educastrati dalla società borghese perbenista. Ma dopo Stonewall si cambiò strada:2 un mese successivo nacque il Gay Liberation Front, un’associazione che si diffuse capillarmente in tutti gli Stati Uniti e in molti altri Paesi del mondo come Canada, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Francia, Belgio, Australia e Nuova Zelanda. Come le guerre di decolonizzazione che si stavano combattendo in quegli anni, anche quella intrapresa dal movimento omosessuale contemporaneo mirava alla libertà, all’inserimento democratico in una società: “we are everywhere”.3

Con i moti di Stonewall volevo introdurre una piccola riflessione sulle ultime vicissitudini italiane. Mi scuserete l’anacronismo, ma credo sia opportuno. Per un ddl che non aveva niente di rivoluzionario (l’Italia è uno degli 8 paesi in Europa che non possiede alcuna normativa sia in merito alle unioni civili – fra persone di differente o dello stesso sesso – sia per quanto riguarda le adozioni per coppie dello stesso sesso), si è svelata un’opposizione quanto mai becera e povera concettualmente. Per buona parte della classe politica, nella speranza che questa non rappresenti lo specchio della nostra società civile, i gay sono equiparati a pedofili, a promotori di programmi di avviamento della masturbazione per i bambini, o ancora a trafficanti di infanti e di uteri.

Come si può notare alcuni giudizi sono rimasti, seppur dopo 40 anni di lotte. Come si può notare l’ignoranza impera ancora (non venite a parlarmi di libertà d’espressione, visto che non si poggia su nessuna argomentazione o alcuna minima conoscenza). Ciò nonostante gli orridi spettri di una cultura maschilista ancora dominante si sono svelati in tutta la loro potenza, quasi avessero paura.

Il cambiamento è imminente.

We are everywhere.

Marco Donadon

Note:

  1. Il termine educastrazione fu coniato da Mario Mieli nel suo scritto “Elementi di critica omosessuale” (Einaudi 1977).
  2. Occorre aggiungere che prima dei moti di Stonewall, negli States era già presente un movimento omofilo molto radicato. Stonewall, in ogni caso, rappresenta una rottura radicale.
  3. Slogan durante i moti di stonewall.

Filmografia:

  1. Stonewall, 1995.
  2. Stonewall, 2015.

 

Immagine: http://aftersantana.altervista.org/wp-content/uploads/2013/06/worst-fear-best-fantasy.png

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