22 luglio 2014 lachiavedisophia

Umanità significa identità

Donne, uomini; certo. Prima di tutto – però – siamo PERSONE. Non ci limitiamo ad avere due occhi per vedere; molto spesso le lacrime li bagnano. Non abbiamo una bocca che sa solo offendere, serve anche per essere capaci di chiedere scusa. Non abbiamo un cuore soltanto per rimanere biologicamente vivi, il suo battito cambia a seconda delle emozioni che proviamo.

Ma quanta importanza danno gli altri alle lacerazioni che può subire il nostro cuore? Di questi tempi, molto poca. L’importanza, oggi, si chiama menefreghismo. Parola d’ordine tra i giovani, la noncuranza verso chi riteniamo diverso da noi, regna sovrana.

Qual è il significato della parola “diverso”?

“Che non è uguale né simile, che si scosta per natura, aspetto, qualità da altro oggetto, o che è addirittura un’altra cosa”.

Un aggettivo che non si adatta alla descrizione di alcune persone rispetto ad altre, perché siamo tutti differenti, ma di certo non diversi; se la differenza risiede infatti nelle caratteristiche, nell’aspetto, nel modo di vivere la vita di ogni essere umano, la diversità risiede nella vera e propria natura. Eppure, nella nostra società così avanzata, viviamo ancora sporchi di pregiudizi, senza riuscire a vedere normalità ed uguaglianza anche dove c’è. Abbiamo, per di più, fatto un passo “in avanti”: non volendo apparentemente discriminare le persone, assumiamo atteggiamenti meschini e vili, tanto da nasconderci dietro ai nostri gesti.

Miles è un bambino americano di sette anni, costretto su una sedia a rotelle per una distrofia che ha da quando aveva poco più di un anno. Un giorno Miles va a scuola, magari anche un po’ emozionato come ogni suo coetaneo, perché quel giorno avrebbero fatto la foto di classe. Lui, ingombrante con la sua carrozzina, viene spostato a lato, lontano dai suoi compagni, apparendo in disparte nella foto e “diverso” nella realtà. Una foto che sembra definire la presenza di Miles di ostacolo all’armonioso gruppo, che sembra scrivergli in fronte le parole “in più”. A seguito della denuncia dei genitori, la foto di classe viene fatta nuovamente; stavolta Miles è seduto sulla panca con tutti i compagni. La cosa che sorprende di più, è che sia nella prima foto che nella seconda, esibisce lo stesso sorriso meraviglioso, la stessa gioia di fare la foto coi suoi compagni.

Quel sorriso non vale come quello degli altri, ma vale anche di più. Perché è un sorriso sincero, che viene direttamente dal cuore, che grida gioia, che parla di quanto una persona possa sentirsi bene. Miles è un bambino di sette anni che tra tutti i suoi compagni ha il sorriso più bello nella loro foto di classe; così vorrei descriverlo. Niente sedia a rotelle, niente disabilità; voglio notare il suo sorriso.

La storia di Miles è soltanto un esempio di come le persone disabili vengano discriminate, perché di casi di questo tipo ce ne sono davvero tanti, in ogni piccola o grande realtà. Etichettare gli handicap come diversità o gestirli come impedimento, qualifica queste persone come “problemi”. Le persone sono problemi? Gli individui sono oggetto di disturbo?
Di certo sì, ma mi riferisco a coloro che sono dotati di superficialità ed egoismo; ritengo non siano solo oggetto di disturbo, ma anche pericolosi e possibili artefici di una società malata. Viviamo in un’epoca in cui il principale valore è quello della bellezza fisica: essere esteticamente belli, non significa essere di valore.

Ma davvero chi discrimina ritiene di essere migliore degli altri? Sì, il passo successivo a cui siamo giunti è che si riesce anche a non vergognarsene. Malati di egoismo e della “via più semplice”, malati di superficialità e di “non mi curo di chi ritengo diverso da me”: questi sono i veri mostri, i veri ostacoli alla lotta contro pregiudizi e discriminazioni.

Ripenso a tutte le donne e a tutti gli uomini che sono stati etichettati come “diversi” o che sono stati trattati come tali.
E penso che loro siano molto più forti dei mostri da cui sono circondati. Penso che a loro, la cattiveria e le parole forti degli altri, brucino dentro per dare vita al sorriso migliore che hanno. Penso che loro, più di tutti, questa vita siano in grado di prenderla a piene mani.

“Umanità significa identità: tutti gli uomini sono fatti della stessa argilla; nessuna differenza, almeno quaggiù, nella predestinazione; la medesima ombra prima, la medesima carne durante, la medesima cenere dopo. Ma l’ignoranza mescolata all’impasto umano lo rende nero, incurabile, penetrando nell’interno dell’uomo vi diventa il male”.

I Miserabili, Victor Hugo

Cecilia Coletta

[immagini tratte da Google immagini]

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