23 settembre 2016 La valigia del Filosofo

Dove trovammo la valigia del filosofo

C’era un tempo una città senza nome, senza vie e senza case, ma piena di valigie. Gli abitanti del posto non cucinavano in cucina né facevano pipì in bagno, i nonni non riposavano sulle poltrone e i bambini non giocavano sui tappeti. Non essendoci case, infatti, non c’erano bagni né cucine, tappeti né poltrone, nella città senza nome. Ma alla gente questo non pesava perché, più che restare, preferiva spostarsi. Viaggiavano alla ricerca di nuovi alberi da frutto per la colazione, larghi prati per giocare a pallone e robusti tronchi su cui riposare.
Per avere con sé quegli oggetti che nella vita possono tornare utili, gli abitanti del posto si servivano delle numerose valigie sparse per la città. C’erano valigiotte e valigine, con rotelle o con bretelle, resistenti o un poco mosce, poste dritte o un po’ rovesce.

Alcune di queste valigie erano così scomode da trasportare che un giorno un tale suggerì l’acquisto di pratici zaini. Malgrado il diffuso entusiasmo iniziale, la proposta fu bocciata: dare indicazioni sul negozio sarebbe stato davvero complicato, non potendocisi riferire ad alcuna via. Poi, a pensarci bene, sarebbe stato difficile recarsi in negozio se di case, nella città senza nome, non ce n’erano. La gente dovette dunque rassegnarsi a quell’abitudine un tantino scomoda, o espatriare.

Un arioso pomeriggio d’estate capitai nella città senza nome. Passeggiavo in compagnia di una cara amica finché, su in cima alla collina, intravidi qualcosa. Cosa fosse questo qualcosa forse si intuisce già, ma noi che in quella città non avevamo mai messo piede, pensavamo a chissà quale arnese. Una corsa fino in cima e la trovammo, e la aprimmo. Sarà stata degli anni quaranta, fatta di cartone rivestito di una tela marrone.
Sopraggiunse un bambino del posto e ci spiegò che nella sua città non c’erano vie né case, soltanto valigie. Ogni valigia, ci informava, contiene oggetti diversi. Ci sono le valigie dei giochi, che sono le più belle, le valigie dei piatti e delle forchette, che servono quando si ha fame, le valigie delle giacche, per ora impolverate, eccetera eccetera. Potete prenderla, ci aveva detto gentile.
La nostra era la valigia del filosofo. Non è che dentro ci fossero davvero i filosofi, poverini. Però, diciamo, c’erano oggetti che ricordavano cose che non si vedono e non si toccano, i concetti. Notammo che non si trattava di concetti qualsiasi, ma di concetti molto antichi e, come dire, senza scadenza. Molti, ci informò il bambino, scambiano la valigia del filosofo per la valigia dell’antiquario.

Certi oggetti, in particolare, ci suscitarono grande curiosità, così li tirammo fuori dalla valigia e li esplorammo. Alcuni parlavano di sé, altri di metafisica, altri ancora di linguaggio. Dato che nella maggior parte degli oggetti c’era almeno un pizzico di logica, ce ne chiedemmo il motivo. Ci spiegò il bambino che per filosofare bene, indipendentemente dall’argomento, servono buone argomentazioni. Serve sapere, insomma, che se le valigie di piatti sono pesanti e io sto sollevando una valigia leggera, allora è sicuro che questa non contiene piatti. Certo, per imparare a ragionare correttamente bisogna stare attenti a non scivolare nella trappola delle fallacie, a evitare alcuni errori impertinenti che si nascondono in certi ragionamenti. Non si può dire che la giustizia impone che nessuno nella città senza nome possa costruire una casa perché non è giusto che nella città senza nome si possano costruire case. Questo ragionamento è circolare, presuppone che sia vero quel che si vuole dimostrare e quindi non è valido farne uso. In definitiva, per filosofare bene è d’aiuto il buon ragionamento, per capirsi al meglio è necessaria una comunicazione chiara e corretta. Questa ci sembrava una buona via per addentrarsi, insieme a quel bambino, in quella terra apparentemente così astratta e perdigiorno della filosofia.

Passammo un po’ di tempo col naso tra gli oggetti, dopodiché ci addormentammo, in assenza di divani, su un largo prato verde. E sognammo di passeggiare tra i banconi di un antiquario.

Valigia del filosofo

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