19 ottobre 2015 Giacomo Dall'Ava

Telepatia? No, neuroni specchio

Pausa pranzo, prima di tornare in ufficio o di rimetterci a studiare, entriamo in un bar per prendere un gelato. Ci cade però l’occhio su una persona impegnata proprio nell’azione che, per colpa di quella dannata gastrite, abbiamo scelto di non fare più: prendere un caffè, corretto o liscio che sia.

Anche se attribuissimo la colpa al clima avvolgente del dopopranzo, che potrebbe farci sentire già ingaggiati nel gesto che altri attorno a noi stanno compiendo, questo non è forse l’unico fattore che ha contribuito al nostro coinvolgimento. C’è qualcosa di più cerebrale che si innesca nel momento in cui osserviamo il braccio di quello sconosciuto muoversi verso il bancone, la mano puntare la tazzina ancora fumante e le dita stringersi adeguatamente sul manico.
Eravamo così fedeli alla nostra disintossicazione, eppure il nostro cervello ha in parte vissuto l’esperienza di quel dannato caffè, l’ha afferrato e l’ha portato alla bocca, proprio come ha fatto contemporaneamente quella persona di fronte a noi.

Ne rimaniamo increduli, ma cos’è accaduto nella nostra testa in quel momento? Cosa accade costantemente quando osserviamo azioni di cui non siamo gli artefici, ma solo “passivi” spettatori? Al nostro cervello è bastato un input visivo, vedere cioè un’azione eseguita da qualcun altro, per innescare il processo sinaptico di alcuni neuroni sensorimotori (deputati al movimento in relazione a stimoli sensoriali): i neuroni specchio. Solo guardando quel movimento, si sono attivati in noi gli stessi neuroni, che si sarebbero innescati se avessimo compiuto personalmente quell’azione.

Cosa vuol dire questo? Osservare equivale ad agire? Il solo fatto di aver guardato compiere un’azione fa sì che il mio cervello registri l’esperienza di quell’attività, che non avevo nemmeno l’intenzione di fare? Teoricamente sì: le neuroscienze, a partire dalle scoperte del team di Rizzolatti, ci spiegano che in noi si attivano alcuni neuroni della corteccia pre-motoria e del lobo parietale, aree deputate al movimento e prive di funzioni cognitive. Le cellule in questione sono neuroni bi-modali, si attivano cioè non solo quando compiamo effettivamente un’azione, ma anche quando guardiamo qualcuno compierla: lavorano quindi sia quando afferriamo la tazzina del caffè, sia nel caso in cui tale movimento venga soltanto osservato.

Tuttavia, questo particolare fenomeno sembra non accadere in ogni circostanza: si pensa invece che i neuroni specchio si attivino in fase di osservazione, quando l’azione dell’altro ha un significato per noi, quando guardiamo un movimento che conosciamo, che è presente nel nostro repertorio di significati. Non si instaura infatti una speciale telepatia con l’altro, ma, dato che non siamo immersi in un mondo sterile e oggettivo, la nostra esperienza si plasma in un contesto che prende forma nella nostra mente nel momento in cui lo guardiamo e siamo in grado di attribuire ad esso un significato.

Ma il caffè noi non lo volevamo più prendere, volevamo smettere con le tentazioni e con ogni esperienza di assunzione della bevanda, cerebrale o effettiva che fosse!

Allora perché questi neuroni si attivano involontariamente, anzi anche contro la nostra volontà? L’ipotesi più plausibile sulla loro funzione è che essi contribuiscano a creare nella nostra mente un’idea di movimento, anche tramite un’azione soltanto vista e svincolata da qualsiasi possibile esecuzione. Nel cervello dell’osservatore prende forma un atto motorio in potenza, che va a creare un personale serbatoio di esperienze, guardate e riconosciute, anche se non eseguite. In tal modo possiamo arricchire il nostro vocabolario motorio con una serie di simulazioni mentali, anche mentre qualcun altro afferra una tazzina di cui non desideriamo il contenuto,

Il caffè non l’abbiamo preso, certo, né siamo più caduti in tentazione di berlo, infatti la nostra volontà e il nostro pensiero regnano ancora sovrani sulla nostra esperienza. Quella del cervello invece è una lettura di movimenti a cui diamo un significato, un incremento di esperienza motoria, per cui non possiamo affermare (per ora) che i neuroni specchio influenzino sovrastrutture personali quali la morale, l’attività cognitiva del pensiero e la capacità di prendere decisioni. Ma le neuroscienze hanno iniziato da poco a studiare questi fenomeni e i filosofi si stanno scatenando sulla loro interpretazione.

Per sicurezza, comunque, ci conviene mantenere puro lo sguardo e dedicare la nostra attenzione ai soli gesti e alle circostanze che reputiamo inclini alle nostre credenze. In pausa pranzo, domani, sarà meglio andare in gelateria.

 

Giacomo Dall’Ava

[Immagine tratta da Google immagini]

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