«Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno. Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa […]. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. […] Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore. […] Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse».
Antonio Gramsci, 1 gennaio 1916, Avanti!, edizione torinese
Con queste celebri parole Antonio Gramsci, politico e intellettuale che ha fatto la storia del secolo scorso, riflette sul senso che ha per lui il capodanno. Afferma di detestarlo, perché è una data che segna contemporaneamente una fine e un inizio, ma lo fa con un’imposizione, fissando qualcosa di fluido che dovrebbe essere lasciato scorrere liberamente: il flusso della vita, che è un intreccio di cominciamento e termine. Per questo il pensatore arriva ad affermare che per lui ogni giorno è capodanno, poiché ad ogni risveglio ricomincia a vivere, quasi ex novo, si potrebbe dire, interpretando le sue parole.
Oggi il capodanno è identificato non tanto con il primo gennaio quanto con i festeggiamenti del 31 dicembre: cenoni con amici o parenti, fuochi d’artificio e spumante a mezzanotte. In effetti, tutto questo ci viene imposto, sia a livello commerciale che a livello culturale. La maggior parte di noi tuttavia, accetta di buon grado questa velata coercizione, perché in è un’occasione conviviale e piacevole, che permette di fare festa in allegria.
Siamo a dicembre e la fine del 2019 è vicinissima, così come la fine di questa rubrica, Una parola per voi, che vi accompagna da più di un anno. Ma, per dirla con Gramsci, ogni fine è in realtà un rinnovamento, che sia esso imposto o meno. Torneremo, noi de La Chiave di Sophia, con nuove idee e nuovi progetti per voi. Vi salutiamo con la parola ‘fine’, proponendovi un film, un libro, una canzone, un’opera artistica che rifletta proprio su quest’ultima parola per voi.
UN FILM
Viva la libertà – Roberto Andò
Sappiamo veramente quando sta per giungere la nostra fine? «Qual è questa figura che si allontana nella pioggia?» Citando il film Viva la libertà, dove il protagonista, interpretato da Toni Servillo, sembra saperlo bene e per altro si confonde con il suo sosia fratello.
Nel film troviamo, infatti, due protagonisti composti dagli stessi volti e questo può rende il tutto più difficile. Poco importa. Da una parte si parla di un partito politico in decadenza; dall’altra di un uomo che deve fare fronte ai propri dilemmi esistenziali. La fine sembra essere vicina per entrambi i casi.
Allo stesso tempo, però, c’è il flusso della vita e delle esperienze, perché dopo tutto ogni giorno è Capodanno.
Solo il prossimo telespettatore potrà darne un giudizio: chi effettivamente inizierà con pienezza a vivere o chi, tra di i due, sarà destinato a compiersi, decadendo. È difficile in poche righe descriverne la prassi. Ed è forse meglio così concluderne la recensione.
UN’OPERA D’ARTE
Cardellino e ciliegio piangente – Hokusai
Xilografia policroma del 1832 Cardellino e ciliegio piangente, appartenente alla serie Piccoli fiori, è un poetico esempio di Kachoga, ovvero pittura di fiori e uccelli. Sensuale e leggiadra rappresentazione ridotta all’essenziale, lo schiudersi dei fiori nel rigoglio primaverile, è associata a un haiku della tradizione giapponese: Un uccellino, solo/ è uscito tutto bagnato:/ i ciliegi del mattino (Tori hitotsu/ nurete hidekeri/ asazakura). Inusuale e suggestivo per un osservatore occidentale è il punto di vista dal basso: attraverso tale prospettiva galleggiante il cardellino è raffigurato di scorcio come se venisse osservato dall’artista sdraiato sotto l’albero di ciliegio gli occhi verso il cielo, evocato dallo sfondo blu. I pittori giapponesi – come diceva Van Gogh – vivono nella natura essi stessi fiori: la fine dell’artista Hokusai è quindi l’inizio dell’artista Hokusai che si fonde in armonia panica con la natura trasponendosi al tempo stesso al di qua e al di là della rappresentazione e in essa.
UNA CANZONE
Where I end and you begin – Radiohead
Where I end and you begin (The Sky is falling in) si inserisce appieno nell’album Hail to the Thief (2003) sottotitolato The Gloaming. Il crepuscolo è infatti quel momento di divario e di fusione, di scambio, di incontro e scontro, di inizio e fine: «There’s a gap in between/ There’s a gap where we meet/ where I end and You begin». Interpretabile come dilatazione di un momento d’amore dove estaticamente l’I and You si confondono («Where I end and You begin, 1,2,3,4,5,6,7…») e su un piano anche esistenziale, quasi malickiano («The dinosaurs roam the earth/ The sky turns green»), la canzone è essa stessa crepuscolo, franta e ripetutamente avvolta su se stessa, e non si fissa su un’unica pista di senso ma attraverso l’uso dei pronomi (I e You) l’inizio e la fine possono considerarsi tra loro speculari ma anche, sebbene all’interno di un medesimo flusso, tappe consecutive.
UN LIBRO
La fine è il mio inizio – Tiziano Terzani
Ormai al tramonto di una profonda esistenza, Terzani intraprende un lungo dialogo con il figlio Folco presso la dimora di Orsigna. Seduti all’ombra di un albero, con la sola compagnia della natura e di un registratore, l’autore riporta alla memoria aneddoti, avventure e avvenimenti tragici. Ripercorre così la storia più recente dell’Asia, la crudeltà che a lungo prese in ostaggio il Vietnam, la delusione dell’esperimento comunista cinese, gli incontri più o meno bizzarri, la passione per le statue tibetane e la curiosità per gli uccelli esotici. Così, mentre il fuoco dell’esistenza si spegne, la pienezza del vissuto di Terzani risplende in tutto il suo fulgore.
Francesca Plesnizer, Simone Pederzolli, Rossella Farnese, Sonia Cominassi