Tre tazze di tè e un cucchiaino di Filosofia

«La prima volta che bevi un tè con uno di noi sei uno straniero, la seconda un ospite onorato, la terza sei parte della famiglia» – Haji Ali, capo del villaggio Korphe, Pakistan.

Il tè è la bevanda che, in molti luoghi del mondo, viene utilizzata per socializzare, oltre che per comunicare emozioni di vario genere, per accogliere gli ospiti, per concludere trattative, per riunirsi e stare un po’ insieme, per iniziare la giornata e per concluderla, per prendersi una pausa, per fare pace, per stare meglio.
Per il tè ci vuole tempo e passione, la sua preparazione è un rito che con i suoi movimenti ed i suoi tempi precisi induce alla calma, al rilassamento; il suo profumo riempie i sensi, il suo calore scalda le mani, il cuore e l’anima, perché le sue piccole foglie, quando si aprono, fanno incontrare diverse culture e tradizioni.
È la bevanda che dalle Corti Imperiali della Cina, ai Monaci Zen alle Geisha giapponesi, dai venditori ambulanti dell’India, dall’aristocrazia Europea al popolo ancora oggi unisce e racconta leggende, riti, usanze e guerre in epoche e paesi diversi di tutto il mondo.

Il suo profumo mescolato ad aromi di frutta, fiori, radici e spezie è unico e rapisce, così va scelto e cercato tra le sue forme ed i suoi colori così diversi! C’è un tè per ogni stagione, per ogni momento, per ogni occasione, per ogni umore e raccontarlo, descriverlo e offrirlo a qualcuno è un vero onore. E’ come un gioiello prezioso che va indossato solo nel giusto luogo, nel giusto momento e nel giusto tempo, quel tempo che ci vuole, per prepararlo, gustarlo lentamente alla giusta temperatura, inalando le sue delicate sfumature di profumi che ci riportano alla mente antichi ricordi, inducendoci a parlare e ad ascoltare con calma.

Le antiche civiltà cinesi e indiane conoscevano la cosiddetta energia della luce, chiamata Qi: si pensava che fosse presente in diverse sostanze naturali sotto forma di energia curativa e queste “cellule della luce” sono presenti ancora intatte nel tè verde, il più prezioso tra i quali, il matcha, viene usato nella cerimonia del tè (Cha No Yu o Chadō), un’attività culturale dalle antichissime origini, tutt’oggi praticata in Giappone e dietro alla quale si nasconde una vera e propria filosofia di vita.

Il tè in Italia è ancora un grande sconosciuto: è ancora quella cosa che si beve quando non si sta molto bene, quella cosa che fa bene ma che non ci piace tanto, quella cosa che è legata spesso a brutti ricordi.
In Oriente invece le case da tè sono immerse nel verde e nella quiete fuori dai centri abitati: questo concede concentrazione, in assoluto rilassamento del corpo e della mente, per ritrovare pace e serenità.

Noi vorremmo, attraverso la divulgazione della cultura del tè, far conoscere le sue molteplici forme, i suoi colori, i suoi infiniti profumi, le sue storie e leggende, i Paesi da cui proviene e le tradizioni a cui appartiene, gli oggetti necessari alla sua preparazione, le cerimonie e quell’infinito mondo che appartiene alla filosofia del tè.

Gabriella Scarpa – Ar-tea Associazione culturale

Appuntamento mercoledì 22.06 ore 20.00 presso Ar.tea Associazione culturale a Treviso per l’evento Tè con Filosofia: la Filosofia nel quotidiano.

Maggiori info: qui

La lettrice – Annie François

Il lettore in apnea è imprevedibile: un bacetto sul collo può farlo saltare fino al soffitto. È un asociale, solitario, una sorta di autistico. Provate ad impedirgli di finire il paragrafo. La persona più affabile va in bestia. Fino a quando un lettore non ha posato il libro di sua spontanea volontà, è un essere potenzialmente pericoloso.

La lettrice, a metà tra un diario e un saggio, racconta la passione sfrenata di Annie François, editor parigina, per i libri.

Passione che accomuna tutti i bibliofili, tutti coloro che vivono di storie, quelli che senza un libro tra le mani proprio non ci sanno stare.

Tra le pagine di questo libro ogni lettore potrà trovare un pezzetto di sé, riconoscendo manie ed idiosincrasie, abitudini irrazionali e gioie segrete che solo gli amanti dei libri possono comprendere.

E allora scoprirete di non essere gli unici a non riuscire a prendere sonno senza aver letto almeno una riga:

Devo sempre leggere prima di addormentarmi. Anche alle quattro del mattino ho bisogno della mia dose. Incapace di fermarmi alla fine del capitolo, del paragrafo o della riga, mi blocco a mezza frase, stecchita.

a1hlAmeA tremare temendo che un conoscente chieda in prestito uno dei libri che più amate:

Chi non ha temuto l’occhio curioso, il dito che scorre sui dorsi e che si ferma? Ecco. Il libro è condannato. Non lo rivedremo più. Ci piange il cuore. Non quello. Non a lui, non a lei, che non restituiscono mai niente o Dio sa quando.

A sentire l’esigenza compulsiva di acquistare nuovi titoli, anche quando molti altri attendono di essere letti e le finanze non lo consentirebbero:

Come il bulimico evita di passare davanti alle pasticcerie, mi distolgo dalla vetrina delle librerie per evitare di farmi prendere dalla golosità, evitare gli acquisti compulsivi che servirebbero soltanto ad accrescere l’immensa pila in attesa che vacilla accanto al letto: di sicuro le opere si vendicherebbero franandomi addosso durante il sonno.

In un susseguirsi di capitoli lapidari, l’autrice espone, sotto forma di appunti personali, ogni implicazione dell’essere un bibliofilo. Ogni aspetto del libro viene sviscerato e analizzato, dalla fascetta promozionale, usata puntualmente come segnalibro, all’abitudine di affondare il naso tra le pagine per aspirarne l’essenza, alla repellenza per il codice a barre che come un graffio marchia il lettore, lo riduce al ruolo di volgare consumatore prigioniero di un mercato.

E poi scopriamo chi sono i lettori, cosa li spinge ad accumulare volumi su volumi, ad anteporre la lettura ad altre attività, in un’indagine non esente da ironia e critiche.

Perché anche la lettura può diventare indigesta quando ci si dimentica del mondo circostante.

Tutti questi personaggi, queste bestie, queste nuvole, queste tragedie, questi paesaggi, queste avventure sordide o magnifiche mi soffocano. Perché questi giochetti di sostituzione, questi viaggi di carta, questi surrogati di passione, di delitto? Voglio vivere. Sottrarmi alla tirannia della loro finzione. 

Alcuni passaggi sono addirittura imbarazzanti perché, ammettiamolo, la bibliofagia, come ogni altra dipendenza, può rasentare il ridicolo. Inevitabile riflettere su cosa penserebbe un osservatore esterno vendendoci in preda ad una crisi di panico per aver dimenticato il nostro libro nella valigia già imbarcata, oppure trovandoci talmente assorti nella lettura da non riuscire a recepire nulla di ciò che ci accade intorno.

Un vademecum del lettore, come avrete intuito, i cui limiti sono strettamente connessi alla sua francesità. L’autrice, infatti, infarcisce il testo di molteplici riferimenti appartenenti al mondo culturale e letterario francese, decisione che a mio avviso rende il testo eccessivamente contestualizzato.

Nonostante ciò non posso che consigliare questo volumetto a chi ama la lettura e il libro inteso come oggetto in sé, oltre che per la storia che custodisce. Sono certa che troverete tra le pagine un pezzetto di voi e della vostra meravigliosa follia.

Stefania Mangiardi

[immagine tratta da Google immagini]