I SEGRETI DELLA CASA SUL LAGO – KATE MORTON

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«Ricordava ancora l’amore, l’amore totalizzante che si prova da giovani, sebbene fosse ormai passato tanto tempo da allora. C’era bellezza in un amore come quello e, indubbiamente, pericolo».

Sadie è una detective e ha commesso un errore che non avrebbe dovuto compiere. Così adesso si trova in Cornovaglia, si è rifugiata a casa di nonno Bertie, per trascorrere un periodo di pausa forzata da Londra e dal lavoro. Mentre percorre una strada di campagna per la consueta corsa mattutina, si imbatte in qualcosa che attira la sua attenzione: una villa abbandonata, circondata da quello che un tempo era stato un giardino maestoso e che ora appare come una selva inestricabile.
Quella dimora abbandonata, in cui tazze di fine porcellana giacciono ancora sul tavolo sotto una spessa coltre di polvere e la vita sembra essersi congelata, sospesa come nella più terribile delle fiabe, attrae Sadie con un fascino inspiegabile. La giovane detective vuole saperne di più e ciò che scopre non fa che accrescere il suo desiderio di riportare la luce tra quelle vecchie mura: settant’anni prima, proprio in quella casa, un bambino è scomparso senza lasciare traccia. Gli Edevane, la famiglia che viveva a Loanneth, lasciarono la Cornovaglia dopo la tragedia per non farvi più ritorno. Ma cosa sarà accaduto in quella casa? E che fine avrà fatto il piccolo Theo, l’ultimo genito degli Edevane? Sadie è determinata a scoprire la verità e ignora che il suo desiderio di sapere la porterà in un viaggio a ritroso nel tempo, dove giacciono segreti che attendono di essere dissepolti.
Nel 1933 in quella casa si sta per celebrare il solstizio d’estate. Alice, la secondo genita degli Edevane, ha sedici anni e il cuore pieno di speranze. E’ innamorata di Ben, uno dei giardinieri della villa, e sogna di diventare una scrittrice. Ma ben presto un evento doloroso stravolgerà ogni cosa e niente sarà più come prima.

«L’erba folta, le ombre di una giornata d’estate di tanto tempo prima, le macchioline bianche delle margherite in primo piano. Un breve momento nella vita di una famiglia felice, immortalato prima che cambiasse tutto».

Kate Morton, scrittrice australiana laureata in letteratura inglese, è una delle autrici contemporanee che più amo e, ancora una volta, riesce a regalarci una storia intessuta con maestria, intrisa di emozioni, pervasa da un mistero che trova radici nel passato. La più grande abilità di questa autrice va ricercata nella sua capacità di prendere per mano il lettore, dissolvere i contorni del suo mondo e trasportarlo in luoghi e tempi lontani, dai quali si fatica a fare ritorno. Le descrizioni sono così dettagliate, poetiche e suggestive che durante la lettura si ha l’impressione di essere entrati in un affresco, di trovarsi nella Cornovaglia degli anni ’30, di passeggiare nel giardino di Loanneth, con le sue siepi fiorite e il lago che luccica placidamente sotto il tiepido sole di giugno, in un contesto così reale da indurre il lettore a provare nostalgia per luoghi e tempi mai vissuti. Come nei libri precedenti, si assiste alla presenza di due diversi piani temporali, il presente e il passato che si avvicendano, per comporre sotto gli occhi del lettore un mosaico che va via via prendendo forma, fino al tassello finale che lascia, come sempre, senza fiato. Un’altra costante dei suoi libri risiede nella presenza di figure femminili potenti, affascinanti ammantate da un’aurea che ammalia. In questo libro, tuttavia, anche le figure maschili ricevono maggiore spessore, risultano più approfondite e complesse rispetto ai libri precedenti in cui, a mio avviso, perivano all’ombra delle donne. Ho trovato alcune parti prolisse, la vicenda che riguarda Sadie e il suo temporaneo allontanamento dalla Polizia avrebbe forse potuto occupare meno spazio, senza dare così l’impressione di interrompere il filone principale della storia. Tuttavia la scrittura coinvolgente della Morton alleggerisce il peso delle pagine e non toglie il desiderio di arrivare fino in fondo. Non posso quindi che consigliare questo libro a chi ama i misteri, i sentimenti antichi, le epoche passate. I segreti della casa sul lago vi incanterà con le sue atmosfere cariche di fascino.

Stefania Mangiardi

[immagini tratte da Google immagini]

Dentro soffia il vento – Francesca Diotallevi

L’amore è il più complicato dei sentimenti.

Il più meschino e, allo stesso tempo, il più coraggioso.

Ho atteso Dentro soffia il vento con trepidazione, stregata dalla lettura de Le stanze buie, libro d’esordio di Francesca Diotallevi che mi ha introdotto nella scrittura matura, curata e suggestiva di questa autrice. Quando ho avuto tra le mani la mia copia, inviatami in anteprima dall’ufficio stampa Neri Pozza, invece di riporre il libro sullo scaffale come di consueto, l’ho tenuto sul comodino accanto al letto, in attesa di terminare il libro in lettura. Non lo avevo ancora iniziato ma non volevo già separarmene. Una sensazione che si è concretizzata e protratta non appena mi sono ritrovata nel piccolo villaggio incastonato tra i monti, Saint Rhémy, in Val d’Aosta, durante il primo conflitto mondiale.

Fiamma, la ragazza dagli occhi color del bosco e dai capelli rossi come il pelo della volpe che l’accompagna, è per tutti una strega. Vive da sola in un capanno tra la fitta vegetazione, ai margini della comunità, nell’abitazione che ha condiviso con la madre fino alla sua morte. Da quando Raphael, il suo unico amico, è partito per la guerra non facendovi ritorno, le giornate di Fiamma scorrono in completa solitudine. Gli abitanti del villaggio credono che dentro di lei scorra il sangue del demonio e la tengono a distanza. Di giorno. Perché di notte una processione silenziosa si avvicenda alla sua porta. Gli abitanti di Saint Rhémy, protetti dall’oscurità, si rivolgono a Fiamma per ricevere i decotti curativi che lei, avviata a quest’arte dalla madre, prepara servendosi di fiori ed erbe.

Mia madre lo diceva sempre: non basta il cuore a sconfiggere l’ignoranza e la superstizione.

Raphael, l’amico che sapeva comprenderla e starle accanto come nessuno, ha lasciato un grande vuoto nel suo cuore, ma la sua assenza non è per lei l’unica fonte di tormento. Yann, il fratello di Raph, sembra provare per lei un odio quasi palpabile, sentimento che Fiamma teme più di ogni altra cosa.

La narrazione viene affidata a tre diverse voci: quella di Fiamma, di Yann e di Agape, il nuovo reverendo giunto nel villaggio per sostituire l’anziano parroco, don Jacques. I loro punti di vista si avvicendano, trasportandoci in questo viaggio tra la neve, i boschi, le superstizioni e gli amori, di una storia che avvince e conquista il lettore. Lo stile di Francesca si conferma superbo. Descrizioni curate e suggestive, con un ritmo caldo e avvolgente che ricorda le storie raccontate intorno al bagliore di un focolare. Un libro di cui ho amato ogni cosa: i personaggi con le loro debolezze, che si annidano tra le pieghe di anime stropicciate dalla vita, i luoghi intrisi di personalità, la cura per i dettagli, cesellati con maestria, la descrizione dei sentimenti: vivi, palpitanti, poetici. L’amore ineluttabile, quello che ti sceglie e non lascia via d’uscita. L’amore che vince su tutto, anche sui pregiudizi più difficili da sradicare.

L’amore non si insegna, è l’unica cosa che non posso spiegarti. Non posso dirti quali battaglie combattere, dovrai capirlo da sola e non sarà facile. L’amore non lo è mai, richiede coraggio e tenacia. Non si sceglie, è sempre lui che sceglie te.

Impossibile per il lettore non rimanere avviluppato nella storia, non empatizzare con i turbamenti che colorano le pagine, non lasciarsi coinvolgere e commuovere. Un insieme che non fa che confermare la bravura di questa autrice che, ne sono certa, continuerà a regalarci emozioni tramutate in carta.

La sera in cui ho terminato, tra le lacrime, questo libro, il cielo della notte era tinto di viola. Mentre percorrevo in macchina il tragitto che mi separa dalla casa in campagna dei miei genitori, i personaggi che turbinavano ancora nella mia mente, ho intravisto tra le sterpaglie una coda fulva. Ribes, ho pensato senza rifletterci. In quel momento ho capito che ci sono storie che scivolano via ed altre destinate a conquistarsi un pezzetto di cuore.

Fiamma non mi avrebbe abbandonato.

Stefania Mangiardi

[immagine tratta da Google immagini]

La lettrice – Annie François

Il lettore in apnea è imprevedibile: un bacetto sul collo può farlo saltare fino al soffitto. È un asociale, solitario, una sorta di autistico. Provate ad impedirgli di finire il paragrafo. La persona più affabile va in bestia. Fino a quando un lettore non ha posato il libro di sua spontanea volontà, è un essere potenzialmente pericoloso.

La lettrice, a metà tra un diario e un saggio, racconta la passione sfrenata di Annie François, editor parigina, per i libri.

Passione che accomuna tutti i bibliofili, tutti coloro che vivono di storie, quelli che senza un libro tra le mani proprio non ci sanno stare.

Tra le pagine di questo libro ogni lettore potrà trovare un pezzetto di sé, riconoscendo manie ed idiosincrasie, abitudini irrazionali e gioie segrete che solo gli amanti dei libri possono comprendere.

E allora scoprirete di non essere gli unici a non riuscire a prendere sonno senza aver letto almeno una riga:

Devo sempre leggere prima di addormentarmi. Anche alle quattro del mattino ho bisogno della mia dose. Incapace di fermarmi alla fine del capitolo, del paragrafo o della riga, mi blocco a mezza frase, stecchita.

a1hlAmeA tremare temendo che un conoscente chieda in prestito uno dei libri che più amate:

Chi non ha temuto l’occhio curioso, il dito che scorre sui dorsi e che si ferma? Ecco. Il libro è condannato. Non lo rivedremo più. Ci piange il cuore. Non quello. Non a lui, non a lei, che non restituiscono mai niente o Dio sa quando.

A sentire l’esigenza compulsiva di acquistare nuovi titoli, anche quando molti altri attendono di essere letti e le finanze non lo consentirebbero:

Come il bulimico evita di passare davanti alle pasticcerie, mi distolgo dalla vetrina delle librerie per evitare di farmi prendere dalla golosità, evitare gli acquisti compulsivi che servirebbero soltanto ad accrescere l’immensa pila in attesa che vacilla accanto al letto: di sicuro le opere si vendicherebbero franandomi addosso durante il sonno.

In un susseguirsi di capitoli lapidari, l’autrice espone, sotto forma di appunti personali, ogni implicazione dell’essere un bibliofilo. Ogni aspetto del libro viene sviscerato e analizzato, dalla fascetta promozionale, usata puntualmente come segnalibro, all’abitudine di affondare il naso tra le pagine per aspirarne l’essenza, alla repellenza per il codice a barre che come un graffio marchia il lettore, lo riduce al ruolo di volgare consumatore prigioniero di un mercato.

E poi scopriamo chi sono i lettori, cosa li spinge ad accumulare volumi su volumi, ad anteporre la lettura ad altre attività, in un’indagine non esente da ironia e critiche.

Perché anche la lettura può diventare indigesta quando ci si dimentica del mondo circostante.

Tutti questi personaggi, queste bestie, queste nuvole, queste tragedie, questi paesaggi, queste avventure sordide o magnifiche mi soffocano. Perché questi giochetti di sostituzione, questi viaggi di carta, questi surrogati di passione, di delitto? Voglio vivere. Sottrarmi alla tirannia della loro finzione. 

Alcuni passaggi sono addirittura imbarazzanti perché, ammettiamolo, la bibliofagia, come ogni altra dipendenza, può rasentare il ridicolo. Inevitabile riflettere su cosa penserebbe un osservatore esterno vendendoci in preda ad una crisi di panico per aver dimenticato il nostro libro nella valigia già imbarcata, oppure trovandoci talmente assorti nella lettura da non riuscire a recepire nulla di ciò che ci accade intorno.

Un vademecum del lettore, come avrete intuito, i cui limiti sono strettamente connessi alla sua francesità. L’autrice, infatti, infarcisce il testo di molteplici riferimenti appartenenti al mondo culturale e letterario francese, decisione che a mio avviso rende il testo eccessivamente contestualizzato.

Nonostante ciò non posso che consigliare questo volumetto a chi ama la lettura e il libro inteso come oggetto in sé, oltre che per la storia che custodisce. Sono certa che troverete tra le pagine un pezzetto di voi e della vostra meravigliosa follia.

Stefania Mangiardi

[immagine tratta da Google immagini]

La tristezza ha il sonno leggero – Lorenzo Marone

Ci sono libri difficili da spiegare, perché difficile è districare la matassa di emozioni che generano dentro. La tristezza ha il sonno leggero è uno di questi. Un libro che non è solo una storia, una storia che non è solo una sequenza di parole, perché all’interno c’è un ingrediente che trasfigura ogni sillaba in qualcosa di più: la vita.

La vita è quello che troviamo tra le pagine del nuovo libro di Lorenzo Marone, edito Longanesi. La vita vera, quella che non fa sconti, che non protegge dai dolori, che non asseconda i desideri, e che pure sa stupire.

la-tristezza-ha-il-sonno-leggero-lorenzo-marone-la-chiave-di-sophiaErri Gargiulo, quarant’anni e figlio a metà. I suoi genitori, Raffaele e Renata, decidono di separarsi quando ha solo cinque anni e, come tutti i bambini, una fragile sfera piena di sogni e speranze. E’ proprio in quel momento, mentre il piccolo Erri si trova accovacciato contro il muro con gli occhi chiusi e un nodo  che serra lo stomaco, che la sua sfera va in frantumi. Suo padre, qualche mese dopo, parte per la Spagna, per fare ritorno a Napoli anni dopo, con un’avvenente moglie andalusa, Rosalinda, e una figlia in arrivo, Flor. Erri Rimane con la madre, che dopo alcune relazioni sbagliate sposerà Mario, un ingegnere dal buon cuore, già padre di una bambina, Arianna. Renata e Mario avranno, insieme, altri due figli, Valerio e Giovanni. Siete confusi? Pensate ad Erri, cresciuto in due famiglie che gli appartengono solo a metà. E mozzata appare anche la sua felicità, sempre amputata dall’assenza di uno dei due genitori e dal non sentirsi mai completamente parte di nulla. A questo aggiungete una madre rigida, autoritaria e poco propensa alle tenerezze, e un padre introverso e distaccato.

La mia condizione di bambino con due famiglie, due case, due padri, una madre e mezza e non so più quanti fratelli, mi aveva spogliato del ruolo di figlio, della sensazione che i bambini provano nella pancia senza nemmeno saperlo, un insieme di coraggio e forza che nascono quando ci si sente importanti, al centro dell’attenzione dei propri familiari. Io, quella forza, semplicemente non l’avevo.

Questo, il bagaglio pesante che ha curvato nel tempo le spalle di Erri, privandolo del coraggio necessario per portare avanti i suoi sogni, costringendolo a vivere in difesa, per ripararsi dal dolore e, così, anche dalla felicità.

Felicità che sembra avergli voltato completamente le spalle quando la moglie, Matilde, decide di lasciarlo per un collega, dopo anni in cui hanno tentato, e desiderato, di mettere al mondo un bambino.

Sarà proprio questo evento che porterà Erri ad analizzare la sua vita, a mettersi di nuovo in gioco, a porsi domande scomode, cercando le risposte nei cassetti della sua esistenza.

I cassetti verranno aperti uno ad uno, in forma di flashback e digressioni, nel corso di una lunga cena di famiglia, dove insieme alle pietanze servite dalla domestica indiana, troveremo ingredienti inaspettati: rimorsi, dolori, frasi non dette, verità malcelate, speranze sfumate, riflessioni esistenziali, apparenze falsate.

Erri entrerà lentamente nel cuore del lettore, con i suoi limiti, le sue tristi consapevolezze e la lucida indagine a cui sottopone se stesso e gli altri, un’analisi limpida, a volte severa, ma che non tralascia mai il cuore.
Chissà perché, nella vita, più si va avanti, più si tende a eliminare qualcosa: prima i baci, poi le carezze, gli abbracci e, infine, le parole. Invece, bisognerebbe aggiungere. Sempre.

Dopo aver letto, e amato tantissimo, La tentazione di essere felici, primo libro dell’autore, aspettavo con ansia questa seconda pubblicazione che, tuttavia, non sarei riuscita ad immaginare così densa di emozioni. Ho ritrovato la scrittura calda di Lorenzo, la sua capacità di affrescare i personaggi tramutandoli in persone che, in questo grande romanzo corale, non era un’impresa semplice.

Tanti i temi che coinvolgono il lettore: il rapporto genitori/figli, la famiglia allargata, il desiderio di un figlio, la speranza, le aspirazioni personali.

La matita ha accompagnato il mio viaggio nel mondo di Erri perché di cose da ricordare, lui ce ne dispensa tantissime. Due su tutte. La prima riguarda il dolore. La sofferenza è una tempesta che ci stravolge, ci disorienta e ci smarrisce come naufraghi, ma l’isola deserta siamo spesso noi a sceglierla. Ignorando le tante cose belle che pure, nella loro candida semplicità, costellano la nostra vita.

La seconda ci riporta ai sogni. Non è mai troppo tardi per ricominciare a sognare, e se la vita ci pone davanti un ostacolo forse è solo un segnale più forte e inequivocabile di tutti quelli che fino a quel momento abbiamo ignorato. E’ lo scossone che ci serviva per imboccare una strada nuova che magari non sarà lastricata d’oro, ma potrà comunque insegnarci a brillare.

Un romanzo che consiglio oggi e continuerò a consigliare in futuro perché, per quanto mi riguarda, questo libro ha un potere magico: ognuno di voi troverà all’interno un pezzetto di sé. Lo troverà, perché dentro questo libro c’è la vita vera.

Diciamocelo: se c’è una cosa che fa proprio paura è la felicità. Non sai mai quando arriva.
E, soprattutto, quando se ne va.

Stefania Mangiardi

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La casa del sonno – Jonathan Coe

Terry era un oniromane: i suoi sogni costituivano la parte più pura, preziosa e necessaria della sua vita, e per questo trascorreva almeno quattordici ore al giorno dando loro la caccia attraverso la sua mente addormentata.

Gregory, Veronica, Terry, Robert e Sara sono studenti universitari nei primi anni ottanta. Molto diversi tra loro ma accomunati da un rapporto particolare con il sonno: ossessivo, nevrotico, patologico, inquietante. C’è chi soffre di narcolessia e fatica a distinguere i sogni dalla realtà, chi guarda al sonno con occhio scientifico e vorrebbe carpirne le dinamiche più recondite, chi si abbandona al sonno per trovare la radice della propria creatività artistica.

La-casa-del-sonno_CoeL’austera e grigia Ashdown è il dormitorio che ospita i ragazzi e che, dieci anni più tardi, diverrà una clinica specializzata nei disturbi del sonno, che rimane il filo conduttore di tutta la storia. Storia dalla struttura molto particolare. I capitoli dispari sono infatti ambientati negli anni ottanta, periodo in cui i protagonisti sono studenti alla ricerca della propria strada, mentre i capitoli pari ci conducono oltre un salto temporale di quasi dodici anni, le loro personalità si sono definite, le loro vite sono mutate, imboccando direzioni differenti, alcune prevedibili, altre inaspettate.

Il libro è diviso in sei parti, ognuna delle quali rappresenta un diverso stato di coscienza: veglia, fase uno, fase due, fase tre, fase quattro, sonno REM, ed ogni capitolo si conclude con una frase spezzata che prosegue nel capitolo seguente, con connessioni arbitrarie che in principio destabilizzano il lettore.

La casa del sonno è un libro insolito, psicotico, che procede ad incastri, dove ogni pagina diventa un tassello che va a completare quello precedente e ad anticipare il successivo, proprio come in un mosaico. Il lettore si trova  a tratti smarrito, con la netta sensazione di essersi perso qualcosa, ma proprio quando sta per cedere alla tentazione di sfogliare le pagine a ritroso per chiarirsi le idee, Coe si dimostra bravissimo a sciogliere i suoi dubbi, facendo luce su quella porzione narrativa. E’ uno stile al quale bisogna abituarsi ma che, entrati nella giusta ottica, si fa avvolgente, a momenti anche inquietante, trasportandoci nella psiche dei protagonisti, nelle loro nevrosi e nei loro turbamenti interiori.

Mi sentivo più felice quando dormivo che da sveglio. Facevo sogni bellissimi.

La scrittura è dettagliata, ironica, con una forma pulita che non contempla il superfluo.

Il sonno rimane il protagonista assoluto del romanzo, quello stato in cui non siamo pienamente consapevoli, in cui siamo più fragili e forse anche più veri, privati delle sovrastrutture che guidano le nostre azioni durante la veglia.

Quella condizione di vulnerabilità del cuore in cui anche i dettagli più minuti e banali assumono un carattere luminoso, trasfigurante.

Le storie dei protagonisti muteranno negli anni, a volte deviate per sempre da un destino quasi perverso, che userà malintesi e fraintendimenti per prendersi gioco di loro.

Un libro che saprà coinvolgervi e stupirvi, con un’atmosfera surreale e un ritmo vorticoso che vi sospingerà fino all’ultima pagina. Consigliato agli amanti dei risvolti psicologici.

Stefania Mangiardi

[immagine tratta da Google immagini]