Selezionati per voi: Dicembre 2015!

LIBRI

Dicembre è il mese più magico dell’anno. Un mese la cui atmosfera è quasi palpabile. Odore di muschio, di legna bruciata, di biscotti, di zenzero e arancia. Profumo di tradizioni e di affetti, di infanzia e di passato. E poi musiche dolci, luminarie che abbracciano il centro città, nasi rossi, maglioni pesanti, ombrelli, liste, pensieri avvolti da nastri e carta dorata. Le letture che voglio suggerirvi sono intrise di questo fascino, sono storie che culleranno il bambino che siamo stati, da leggere davanti al camino, con il rassicurante sfondo di tante lucine intermittenti.

Il-tredicesimo-donoIl tredicesimo dono – Joanne Huist Smith

Joanne, insieme ai suoi tre figli, si appresta a trascorrere le festività più dolorose della sua vita, visto che solo pochi mesi prima il marito è deceduto all’improvviso a causa di un infarto. Ma tredici giorni prima di Natale, sulla soglia della porta di casa appare un dono, rituale che si ripeterà nei giorni successivi. La famiglia Smith non ha idea di chi possa nascondersi dietro quei gesti, e ignora che saranno proprio quei piccoli pensieri inaspettati a guidare i loro cuori ammaccati sul sentiero della speranza. Una storia realmente accaduta, che riuscirà a scaldare anche gli animi più disincantati.

Canto di Natale – Charles Dickenscover

Ebenezer Scrooge è un uomo arido, devoto al dio denaro, che ha scelto di venerare a discapito di affetti e sentimenti, completamente banditi dalla sua vita. Ma nella notte di Natale tre spiriti gli faranno visita, ricordandogli il passato, presentandogli il presente e prospettandogli il futuro. Un futuro che forse può ancora essere cambiato. Un classico magico e intramontabile, da leggere e rileggere in questo periodo dell’anno.

 

La cena di Natale – Luca Bianchinibianchini_luca_la_cena_di_natale

Ninella e Don Mimì, consuoceri legati da un amore giovanile non ancora sopito, affrontano la prima cena ufficiale dal matrimonio dei rispettivi figli, Chiara e Damiano. Sarà la cena della Vigilia di Natale, tra mille portate, esilaranti imprevisti, segreti malcelati e regali riciclati. Un libro che vi farà ridere e sorridere, sullo sfondo inatteso di una Polignano imbiancata dalla neve. Da leggere preferibilmente dopo Io che amo solo te.

 

Stefania Mangiardi

 

FILM

Dicembre, si sa, non è solo un mese in cui celebrare le festività natalizie, ritrovarsi in compagnia di amici o parenti e godersi il clima rigido degli ultimi giorni dell’anno. Dicembre è anche il mese in cui si registrano le presenze più alte nei cinema di tutto il Paese. Un’occasione in più per scoprire grandi storie e appassionarsi davanti a uno schermo cinematografico. Come ogni mese, abbiamo selezionato per voi i tre titoli da non perdere negli ultimi giorni del 2015. Buona visione!

monroiMON ROI – Maiwenn Le Besco: Dopo lo straordinario Polisse, la regista francese Maiwenn torna a dirigere una storia molto intensa, presentata in concorso all’ultimo Festival di Cannes. Sopravvissuta a un gravissimo incidente sugli sci, la protagonista Tony usa il tempo della sua guarigione per riflettere sulla turbolenta storia d’amore che sta vivendo con l’irrequieto Georgio (interpretato da Vincent Cassel). Un film che analizza in maniera intelligente e mai banale le dinamiche di una relazione sentimentale. Ideale per una tranquilla serata di coppia. USCITA PREVISTA: 3 DICEMBRE 2015

star-wars-7-poster-italiano-717x1024STAR WARS: IL RISVEGLIO DELLA FORZA J.J. Abrams: Settimo capitolo per la saga più amata nella storia del cinema. Non un semplice film di fantascienza ma un’esperienza visiva e culturale a 360 gradi, capace di trasformare una semplice storia in una sorta di culto mistico da venerare. Ancora pochi giorni d’attesa e finalmente i fan di tutto il mondo potranno tornare ad appassionarsi alle avventure dei cavalieri Jedi nella galassia lontana lontana creata tanto tempo fa dalla mente di George Lucas. USCITA PREVISTA: 16 DICEMBRE 2015

francofonia-trailer-italiano-e-poster-del-film-di-aleksandr-sokurovFRANCOFONIA – Aleksander Sokurov: Uno dei migliori film presentati all’ultima edizione della mostra del cinema di Venezia. Splendida riflessione sul rapporto tra arte e potere, ambientata nella Francia della Seconda Guerra Mondiale. Sokurov racconta la storia dell’occupazione nazista a Parigi e del tentativo dei tedeschi di trafugare le opere più prestigiose del museo del Louvre. Una lezione di Storia ma soprattutto di grande cinema, il cui merito più grande è quello di ricordarci l’importanza assoluta dell’arte all’interno della nostra quotidianità. USCITA PREVISTA: 17 DICEMBRE 2015

Alvise Wollner

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“Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia”

Recensione de Il vecchio che leggeva romanzi d’amore di Luis Sepulveda

C’è una foresta senza limiti a El Idilio, di quelle con l’aria calda e pesante che ti si appiccica alla pelle come una pellicola, di quelle il cui cielo coperto pare una pancia d’asino rigonfia e si sa che da un momento all’altro si apriranno le cataratte del cielo. Lì, a bordo di una canoa, ci arriva Antonio José Bolivar Proaño, un colono bianco. Il suo passato è un ritratto di coppia con assenza: si sposa a tredici anni con una ragazzina che ama molto ma dalla quale non riesce ad avere un figlio, motivo questo che costringe la coppia ad allontanarsi dal loro paese natio. Si trasferiscono così ai margini della foresta ecuadoriana ma quando la donna resta finalmente incinta muore di parto e Antonio José Bolivar Proaño prosegue la sua vita, solo, accanto agli indios. Sono loro che gli insegneranno i modi per sopravvivere nella foresta. Un giorno, tuttavia, andando a caccia, viene morso da un serpente chiamato IX e arriva moribondo al villaggio shuar più vicino: essi lo curarono, lo accudiscono, gli salvano la vita. Presso di loro conosce il suo compagno di battute di caccia che però un giorno viene ucciso per errore da alcuni coloni bianchi giunti lì in esplorazione. Antonio José Bolivar Proaño si trasforma rapidamente in un assassino per vendicare l’uccisione dell’amico ma lo fa alla “maniera dei bianchi”, causando cioè la morte del nemico con un fucile e non con dei dardi velenosi come gli avevano insegnato gli indigeni shuar. Da quel luogo verrà dunque cacciato, esiliato dagli stessi indios che non riescono più a riconoscerlo come parte integrante della loro famiglia. Antonio José Bolivar Proaño vivrà quindi i restanti anni della sua vita a El Idilio, leggendo romanzi d’amore che pensa possano riempire il vuoto lasciato dalla morte della moglie e mettendo a disposizione degli abitanti del posto le sue conoscenze sulla foresta nella caccia ad un animale pericoloso.

SEPULVEDAScritto con una semplicità naïve in memoria dell’attivista ecologico assassinato Chico Mendes, la struttura narrativa di questo romanzo si arena con determinazione in quegli spazi vitali propri dei nativi indiani Shuar che sanno scuotere la coscienza del lettore come dardi velenosi conficcati in cuori pulsanti. La foresta rigogliosa dell’Ecuador, infatti, di fronte alla costante minaccia di essere trasformata in terra desolata per colpa di cacciatori d’oro o squallidi avventurieri lotta e si ribella. Solo chi sa interiorizzare il linguaggio segreto della terra ed entrare in armonia con essa si salva e vive. Antonio José Bolivar Proaño si fa dunque simbolo della resistenza, resistenza contro le macellazioni anti-ecologiste dei bianchi, resistenza contro la furia e la cattiveria umana come a dire che opporsi alla barbarie in-naturali è ancora possibile. Non sa solo resistere però, ai ricordi e alla vecchiaia, a quei tafani che rodono miserabilmente le nostre solitudini, a quelle leggi immutabili proprie degli uomini. Leggere romanzi d’amore pare dunque essere l’unico antidoto efficace, perché nessuno riesce a legare un tuono, e nessuno riesce ad appropriarsi dei cieli dell’altro nel momento dell’abbandono. Come a dimostrare che non resta che continuare meravigliosamente a respirare.

Luzia Ribeiro da Costa

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Tell Tale Signs: il cinema italiano riparte da Londra

E’ colpa nostra se il cinema italiano non viene valorizzato a dovere nel nostro Paese, o è merito delle altre nazioni che sanno sfruttare bene tutto quello che abbiamo da offrire? L’annosa questione della cosiddetta “fuga di cervelli” dall’Italia non riguarda solo l’ambito della ricerca universitaria e scientifica, ma finisce per coinvolgere sempre più spesso anche il mondo della cultura. Sono infatti tantissimi i registi e gli autori che in questi ultimi anni hanno lasciato la nostra terra per cercare fortuna altrove, con risultati spesso gratificanti.

Una di loro è Ginevra Gentili, giovane regista di origini toscane, trasferitasi a Londra già da alcuni anni. Negli ultimi mesi l’autrice ha dato vita a un progetto molto interessante, attraverso una campagna di raccolta fondi sul sito newyorkese specializzato in crowdfunding: Kickstarter. Lo scopo è quello di finanziare il suo prossimo cortometraggio ambientato proprio nella capitale inglese. Una produzione britannica che prende vita da una mente italica. “Sono rimasta affascinata dai vari incontri che ho fatto nel corso degli anni qui a Londra, dalle storie che si celano dietro i tatuaggi che marchiano a vita la pelle delle persone. La mia intenzione è quella di raccontare la storia di un personaggio danneggiato nel profondo, attraverso i tatuaggi che si fa imprimere durante la sua esistenza, i suoi segni rivelatori.” Tell tale signs (in inglese “segni rivelatori”, per l’appunto) è un film che già dal soggetto si preannuncia molto interessante per la sua capacità di unire temi molto diversi tra loro come l’amicizia, la realizzazione di sé stessi, l’amore e gli abusi psicologici subiti all’interno di una famiglia. Sentimenti che lasciano un segno prima di tutto al nostro interno ma che possono essere esternati grazie alla realizzazione di un tatuaggio. All’attore inglese Frankie Wilson è stato assegnato il ruolo di protagonista. Conosciuto in patria per le serie tv Cradle to Grave in onda su BBC Two, Still Life e Acceptance il ragazzo sembra destinato ad avere una carriera molto promettente nel corso dei prossimi anni.

Tell tale signs non è solo un film, è un’opportunità da non farsi sfuggire per tutti coloro che credono nel cinema e nella valorizzazione dei nostri talenti all’estero. Per far iniziare le riprese del film, la produzione deve infatti raggiungere la quota di 15 mila sterline attraverso una serie di donazioni online. A 18 giorni dalla scadenza, la produzione ha già raccolto una somma di 6846 sterline. Un ottimo risultato che però non basta per far iniziare le riprese. Chiunque di voi voglia contribuire alla causa può farlo liberamente cliccando su questo link. Per tutte le persone che faranno una donazione sono previsti svariati premi e riconoscimenti che vanno dal dvd ufficiale del film (donando un importo pari a 25 sterline), al titolo di associate producer con la possibilità di vedere il proprio nome all’interno di un progetto che ha l’obiettivo di girare numerosi festival europei, esportando il suo modello di produzione cinematografica in più Paesi possibili. Se non possiamo aiutare il nostro cinema in Italia quindi, possiamo sempre cercare di aiutarlo a farsi conoscere all’estero grazie al nostro sostegno. Sempre più spesso infatti, non sono i film girati grazie ad avventate sovvenzioni statali quelli in grado di farci uscire appagati dai cinema, ma sono l’iniziativa e il coraggio dei giovani talenti italiani le caratteristiche giuste per raccontare storie che siano ancora in grado di farci emozionare. L’importante è accorgersene in tempo, riuscendo a dar loro il valore che meritano.

Alvise Wollner

Selezionati per voi: Novembre 2015!

LIBRI

Novembre è il mese in cui i colori caldi dell’autunno scolorano nelle fredde tinte invernali. E’ il mese delle sciarpe intorno al collo, della pioggia che si fa prepotente, dell’acqua che porta via le foglie sgualcite, degli ambienti caldi che diventano un rifugio dal mondo esterno, dell’attesa che rende gli animi inquieti. E’ un mese di transizione, di passaggio, di mutazioni in divenire. Non è più autunno e non è ancora inverno. Le letture che voglio consigliarvi parlano proprio di cambiamenti, di trasformazioni, di rivoluzioni interiori.

veronika-decide-di-morire-paulo-coelho-Veronika decide di morire – Paulo Coelho

Veronika, una ragazza giovane e bella, tenta il suicidio ingerendo una massiccia quantità di sonniferi. Si risveglia in un ospedale psichiatrico e proprio in quel luogo dove la normalità non esiste, riscoprirà il valore della vita.

 

 

 noi_due_e_gli_altri_02_2__1Noi due e gli altri – Fionnuala Kearney

Beth e Adam sembrano una coppia solida. Finché Beth non scopre che il marito la tradisce con un’altra. Ma questo è solo uno dei tanti segreti di Adam. La vita di Beth e tutte le sue certezze andranno in frantumi e per ricominciare le toccherà aggrapparsi alle poche verità rimaste.

 

 

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Le ali della vita – Vanessa Diffenbaugh

Letty a trentatré anni lavora in un bar, mentre la madre, Maria Elena, si occupa dei suoi figli, avuti da due uomini diversi quando era solo una ragazzina. Ma inaspettatamente i suoi genitori decidono di fare ritorno nel loro paese natale e Letty dovrà affrontare la sfida più grande: imparare a fare la madre.

 

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Se mi vuoi bene – Fausto Brizzi

Diego ha quarantasei anni, due figli e un divorzio alle spalle quando nella sua vita sopraggiunge un’inquilina inattesa: la depressione. In modo subdolo e graduale la malattia lo porterà a chiudersi in se stesso e a perdere i contatti anche con gli amici più intimi. Solo nel momento più buio Diego arriverà a comprendere quanto sia realmente complicato essere d’aiuto agli altri e penserà ad un modo per rimediare al bene non fatto.

 

Stefania Mangiardi

 

FILM

Novembre è l’ultimo mese davvero utile per andare al cinema e vedere quelli che potrebbero essere ricordati come i migliori film di questo 2015. Tantissimi i titoli presenti nelle sale italiane nei prossimi trenta giorni, con un’ampia possibilità di scelta su tutti i generi: dal blockbuster al film d’autore più ricercato. Abbiamo selezionato per voi tre titoli da non perdere.

45 anni 45 ANNI di Andrew Haigh: Osannato da molti critici e premiato all’ultima edizione del festival di Berlino, 45 anni è il racconto della settimana che precede il festeggiamento del 45° anniversario di matrimonio di una coppia della provincia inglese. Un film intimo e dolente, recitato in maniera superlativa da due attori in stato di grazia: Charlotte Rampling e Tom Courtenay. Un dramma intenso, ben scritto e diretto, destinato a diventare uno dei titoli più importanti di questo 2015. USCITA PREVISTA: 5 NOVEMBRE

 

29883ALASKA di Claudio Cupellini: Dopo l’apprezzato Una vita tranquilla con Toni Servillo, il regista padovano Cupellini torna sul grande schermo con un’opera molto forte, presentata all’ultima Festa del cinema di Roma. Alaska è la storia di una complicata relazione di coppia tra Fausto e Nadine, due giovani dalle vite tormentate che provano ad amarsi cercando di evitare i tantissimi ostacoli che la vita ha in serbo per loro. Il film nel complesso ha delle mancanze, ma la prova di Elio Germano e della splendida Astrid Berges-Frisbey vale da sola il prezzo del biglietto. USCITA PREVISTA: 5 NOVEMBRE

 

la-felicita-e-un-sistema-complesso-posterLA FELICITA’ E’ UN SISTEMA COMPLESSO di Gianni Zanasi: Il pregio più grande del nuovo lungometraggio di Gianni Zanasi è quello di essere un film italiano che però non è né una banale commedia romantica né il solito film che parla di mafia e crimini organizzati nel nostro Paese. La felicità è un sistema complesso è la storia di un uomo che per lavoro avvicina dirigenti totalmente incompetenti e irresponsabili e li convince a dimettersi salvando così il futuro delle aziende in cui lavorano. L’incontro con due gemelli orfani però, cambierà per sempre la sua vita. Lavoro semplice ma ben fatto, il cui punto di forza principale sta nell’ottima scelta del cast: da Valerio Mastandrea a Giuseppe Battiston. Una commedia intelligente che propone qualcosa di nuovo nel panorama del cinema nostrano. USCITA PREVISTA: 26 NOVEMBRE

Alvise Wollner

[immagini tratte da Google Immagini]

Gente sommersa – Fermento di Luglio di Erskine Caldwell

C’è un cielo al crepuscolo in Georgia, nell’estremo sud degli Stati Uniti, che sa di incessante fermento.

In poco tempo, infatti, comincia a circolare la notizia che un negro ha violentato una giovane bianca di nome Katy Barlow e la comunità precipita immediatamente nella rabbia. Gli uomini del paese si organizzano in gruppi con l’intento di intraprendere una serrata caccia all’uomo mentre i loro cuori accecati si alimentano di paure e frustrazioni vecchie tanto quanto le loro proprietà agricole. E anche se la falsa accusa di stupro verrà ritirata, nulla muterà di fronte ad un destino già segnato, per nulla sibillino.

Al suo ultimo sforzo narrativo, Caldwell genera un romanzo dalla trama dolorosa e scarna nella quale a guidarci è un personaggio secondario, lo sceriffo Jeff McCourtain, che nella sua debolezza piena di pregiudizi oscilla tra due bestialità: quella scura di due giovani ragazzi di colore in fuga e quella chiara di una folla fermamente convinta che il loro paese appartenga ai bianchi e che nulla possa essere fatto per cambiare lo stato delle cose.

Scritto per denunciare la pratica del linciaggio, il romanzo ripercorre la cicatrice profonda propria di chi sa vivisezionare le forme di razzismo più crude senza eccessi patetici e senza trascurare le ombre altrettanto cave che precedono l’umanità come il cinismo e gli interessi politici. Emblematica, a questo proposito, è la scelta iniziale dello sceriffo che, pur di non perdere voti alle elezioni successive ostacolando la scelta di uccidere il presunto colpevole, decide di andare a pescare, come a dire che la vita di un uomo di colore vale tanto quanto un hobby qualsiasi.

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Ecco, Caldwell si fa rappresentante esattamente di questo: di un narrare sincopato e veloce nel quale i personaggi emergono da quel piattume autodistruttivo proprio delle terre americane del sud per farsi latori o di azioni e pensieri eccessivi o di un’apatia e indifferenza totali. Chi legge, dunque, non può che restare disorientato dal sonno di quella gente sommersa, un sonno della ragione che si sa, spesso genera mostri. Non sono ammessi sentimenti di alcun tipo, quì, nemmeno di fronte a chi pensa:

Molto meglio fare come ho appena detto. Impiccarne uno ogni tanto, in modo che gli altri non dimentichino qual è il loro posto. Cavolo, se non ci fossero più negri in questo paese, finirei per sentirne la mancanza. E poi, se mandassimo via i negri chi li farebbe certi lavori?”.

Questa storia la si legge astenendosi da qualsiasi giudizio, come se si leggesse la propria vita, la propria realtà, con le emarginazioni che ognuno di noi compie a danno di una parte di sé o dell’altro; quotidianamente, inconsapevolmente, forse. E nemmeno i tentativi di redenzione, come quelli intrapresi dai protagonisti bianchi nel libro, avranno fortuna perché in fondo, siamo un po’ tutti gente sommersa.

Luzia Ribeiro da Costa

[immagine presa da 4ever.eu]

Emma – Jane Austen

Ogni romanziere sa che scrivere un libro è difficile, ma scrivere l’inizio lo è ancora di più; gli incipit dei romanzi di Jane Austen sono invece del tutto naturali e portano subito il lettore al centro della storia perché in realtà racchiudono così tanti indizi del libro da lasciare tutti a bocca aperta.

Bella, intelligente e ricca, con una dimora confortevole e un carattere felice, Emma Woodhouse sembra riunire in sé alcuni dei vantaggi migliori dell’esistenza; e aveva vissuto quasi ventun anni in questo mondo con scarsissime occasioni di dispiacere o dispetto”.

Scopriamo dunque già molto della protagonista –il suo aspetto e carattere, la sua condizione sociale, la sua età- ma soprattutto intuiamo che tutto il libro ruoterà attorno alle piccole beghe di una giovane donna che (probabilmente) si troverà finalmente a dover fare i conti con un po’ di dispiaceri e dispetti. Infatti è proprio così: le vicende si collocano nella tranquilla campagna di inizio Ottocento e nella sua piccola società, all’interno della quale l’autrice stessa viveva, e che è dunque capace di ritrarre con vividezza e grande acume, ma soprattutto con velata ma assai decisa ironia.emma-jane-austen

Ecco dunque che ci troviamo immersi nella vita di Emma e ci vengono via via introdotti tutti i caratteristici personaggi che la animano: da prima il rispettabile ma comicamente lamentoso padre, il signor Knightley, uomo deciso ed impegnato nella missione di smorzare la vanità della protagonista, così continuamente sollecitata dall’ammirazione di tutti, e poi ancora la giovane Harriet Smith, ragazza di ignoti natali e quindi di scarse pretese sociali, la quale però riesce involontariamente a suscitare su di sé l’interesse di Emma. La nostra eroina decide dunque di prenderla sotto la sua ala, ed essendosi congratulata con se stessa per (dubbi) meriti nell’essere riuscita a maritare la sua cara governante, la signorina Taylor (ora signora Weston) è ormai risoluta a combinare un matrimonio per Harriet.

Altri coloratissimi personaggi entrano progressivamente in scena, ciascuno dei quali capaci di strappare al lettore un sorriso e spesso un arricciamento di sopracciglia; molti di loro sono destinati a creare un certo scompiglio nella tranquilla comunità di Highbury, ognuno a modo suo: compare dapprima Jane Fairfax, una giovane da tutti ammirata ma misteriosamente riservata, poi la signora Elton, garbatamente insopportabile, infine il signor Frank Churchill, l’eroe tanto atteso ed universalmente ritenuto amabilissimo, eppure inconsapevolmente osservato con sospetto dal signor Knightley. Emma ha su tutti loro il suo ben deciso parere, una risolutezza che viene sempre messa in dubbio dalla vena ironica di cui la prosa di Jane Austen è pervasa: la protagonista infatti (e spesso insieme a lei anche il lettore) verrà puntualmente costretta a ricredersi, arrossendo ma sempre incapace di ammettere di aver preso vere e proprie cantonate, provocando la serie di equivoci tipica delle trame dell’autrice. Attraverso di essi il lettore può osservare la crescita psicologica di Emma, l’accortezza con cui impara a vedere il mondo e se stessa: il momento in cui decide di smettere di cercare di combinare il matrimonio di Harriet coincide infatti con la rivelazione del suo stesso cuore, da lei sempre trascurato nella sicurezza di essere sempre superiore a tutti i tormenti del comune essere umano.

Con questo libro si riscopre soprattutto il piacere della conversazione: il mondo di Jane Austen consiste infatti di piccole azioni ma di grandi conversazioni, è un mondo dove i dettagli non devono passare inosservati nemmeno al lettore. Nei dialoghi possiamo andare a caccia di verità nascoste, opinioni segrete celate in impercepibili termini e aggettivi scelti con cura, ma anche imparare quanto una conversazione sul niente possa diventare elaborata, quanto possa essere riempita di piccole e cerimoniose accortezze. Senza dubbio un mondo molto distante dal nostro, in cui comunicazione diretta e messaggi chiari vengono maggiormente apprezzati, tuttavia ci ricorda quanto può essere affascinante l’acume che può nascondersi in una normale conversazione.

Il lettore potrebbe scovare in questo romanzo una lunga serie di morali, nascoste tra le righe di brillante ironia uscite dalla penna dell’autrice, ma forse, la vera morale è che non ci sono morali né giudizi: averli è legittimo, ma attaccarsi ciecamente ad essi è presuntuoso, oltre che infinitamente sciocco.

Giorgia Favero

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L’invenzione della madre – Marco Peano

Il cancro. Questo sconosciuto che vorremmo rimanesse tale per tutta la nostra esistenza. Il cancro, non ho paura di chiamarlo col suo nome.

il cancro. Lo scrivo a chiare lettere. Lo leggo con gli occhi sbarrati, con occhi attenti e furiosi. Non sono più colmi di quelle lacrime che mi ha portato. Non sono più spaventati i miei occhi. Io so chi è, io conosco questo mostro.
Lo conosco da vicino, l’ho visto assalire la persona che amavo di più al mondo. L’ho visto invadere la mia vita. L’ho visto annientare. L’ho visto creare distruggendo. L’ho visto nascere per poi uccidere.

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Un ossimoro insopportabile quando cerca di accingersi alla vita, specialmente se si tratta di quella delle persone a cui vogliamo bene. Una battaglia. Una sfida che sembra già persa. Un mondo che sembra già crollato. Un gioco di carte piegate all’indietro. Un filo tagliato.

“L’invenzione della madre”, di Marco Peano è un romanzo che racconta come madre e figlio siano uniti per la vita; proprio per la vita intera, sì, e anche per quella destinata a finire in un tempo più breve della felicità stessa.
Malattia. Amore. Due parole contrastanti, due parole che si escludono a vicenda. Due parole che quando coesistono rendono l’essere umani una piaga indelebile.

Mattia ha ventisei anni ed una vita normale. Una famiglia, una fidanzata, un futuro da costruirsi tassello per tassello. Questo almeno finché al suo mosaico non viene tolto un pezzo, per la precisione quello che tiene in vita la madre, una donna che ha portato con sé il cancro per dieci anni, un’anima destinata a lasciare tutto ciò che ama e che odia. Una persona a cui non rimane grande possibilità di scelta, un essere a cui il destino non ha chiesto cosa volesse fare della sua esistenza. La vicinanza tra malattia e scadere inesorabile del tempo rende il rapporto tra madre e figlio ancora più intenso che nella vita quotidiana: una madre che non è più in grado di proteggere, un figlio che non riesce ad accettare un tragico destino.

Chi riesce ad accettare una definitività alla vita? Chi accetta un limite entro cui vivere chi ama?

Un libro che parla di amore spassionato ed appassionato al tempo stesso. Un libro che parla di un destino ineluttabile che ci piomba addosso e dell’enorme capacità che riusciamo a ricavare da noi stessi per affrontarlo. Un libro che è empatia e realtà al tempo stesso. Un libro che insegna a chi non sa cosa significhi e ricorda a chi ha già combattuto contro situazioni così familiari.
Capita raramente che ci si chieda se valga la pena continuare la propria esistenza allo stesso modo; ad un certo punto qualcosa scava dentro di noi arrivando di colpo. Ad un certo punto il battito del nostro cuore si ferma per poi accelerare senza smettere mai. Ad un certo punto la vita smette di lasciarci imparare autonomamente ed inizia ad insegnarci.
Non c’è prontezza, non c’è capacità di essere migliori degli altri, non si sa mai come essere giusti o sbagliati in questo destino che ci chiede sempre di più rispetto a ciò che pensavamo ci presentasse.
Chemioterapia, radioterapia, cure palliative, metastasi, male incurabile. Le parole di cui prima conoscevi un mero significante, iniziano a farsi strada nei più profondi significati. Cosa vuol dire resistere alla malattia? Conviverci, senza avere mai la percezione di esserne capaci.
Viverla, senza lasciare che ci abiti.

E’ quando il tempo manca che non avvertiamo più il terreno sotto ai nostri piedi. E’ quando l’attimo fugge velocemente che non riusciamo più ad afferrarlo. E’ quando la cima sembra troppo alta che vorremmo scalare come dei robot per raggiungerla. Vivere il distacco e aumentare la vicinanza. Soffrire senza che la persona amata se ne accorga e raccontarle che va tutto bene. Essere forte, nonostante vorresti soltanto piangere di rabbia. Sorriderle, perché vale di più la serenità che può rimanerle di un nostro solo attimo di sfogo.
Lo spegnimento di una vita può darti la sensazione che le luci non sono mai state accese; Marco Peano racconta di un protagonista terrorizzato dall’idea di scoprirsi come non si è mai visto, se dovesse perdere una parte di sé. Un ragazzo che lascia la voglia di vivere a sua giovinezza cercando di ricordare ogni cosa e di portarla con sé per quando non ci sarà più.
Sei consapevole del fatto che non sentirai più certi odori, quelli odori così familiari. Che non ascolterai ancora una volta quella voce. Che non potrai litigare con lei di nuovo. Che non potrai riabbracciarla appena torni a casa. Che non aspetterai un momento più opportuno di altri per dirle che le vuoi bene.
Un bene che ti sembra di non aver mai provato. Un bene che ti sembra non poter conservare più dentro di te.

E’ un romanzo di crescita interiore, un romanzo che parla di amore, quello vero e più puro, quello con la “A” maiuscola.
In un vortice di emozioni, non c’è spazio per la razionalità. In un vortice di paura non c’è spazio per aspettare che passi. In un concentrato di ricordi, cerchi di afferrare la vita che hai paura di dimenticare perdendone un pezzo fondamentale. L’invenzione della madre racconta di un cambiamento di posizione: è uno spostamento tra genitore e figlio, in cui le garanzie di sicurezza le assume il secondo, per la prima volta. Un romanzo che racconta coraggio, un romanzo che racconta forza estrema.

La forza che trovi dentro per affrontare te stesso e chi ami di più. La forza che non eri consapevole di avere. Stupendoti, crescerai, diventando conscio di non voler più fermare gli attimi per un’eternità, ma ringraziando l’enorme possibilità che quel destino tanto crudele – nonostante tutto – ti abbia dato l’occasione di vivere.

“La malattia è il lato notturno della vita, una cittadinanza più onerosa. Tutti quelli che nascono hanno una doppia cittadinanza, nel regno della salute e in quello della malattia. Preferiremmo tutti servirci soltanto del passaporto buono, ma prima o poi ognuno viene costretto, almeno per un certo periodo, a riconoscersi cittadino di quell’altro paese”.

Susan Sontag

Cecilia Coletta

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Selezionati per voi – MAGGIO 2015

LIBRI

Maggio. Odore di estate. Odore di serate davanti ai tramonti. Odore di libri letti e riletti. Odore di emozione. Odore di eventi. Odore di attese.

C’è sempre un mese per scoprire una novità, e prima di raccontarvi quelle letterarie di maggio 2015, vi segnalo un evento da non perdere: L’edizione 2015 del Salone Internazionale del Libro di Torino, che si svolgerà da giovedì 14 maggio a lunedì 18 maggio. Pensata per giovani ed adulti, pensata per qualsiasi passione e qualsiasi genere, non potete assolutamente mancare!

Proposte del mese, da sfogliare pagina per pagina:

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La piuma – Giorgio Faletti

Il 4 luglio 2014 moriva Giorgio Faletti, scrittore best-seller. Faletti non era soltanto un grande scrittore, era un grande uomo, di quelli che al mondo si contano su una mano, e ti avanzano anche dita in più. Ad un anno dalla sua scomparsa, torna con uno scritto dolente, colorato di malinconia e rassegnazione: La Piuma. Definita una “favola morale” che ci dirige tra le bassezze degli uomini, fino a poter cogliere il senso più profondo e meno lineare delle cose. Perché il mondo è fatto di personaggi e punti deboli, volti di vergogna e colori poco innocenti. Uscita prevista: 15 maggio.

Perché tu non ti perda nel quartiere – Patrick Modiano

L’ultimo capolavoro del premio Nobel 2014 Patrick Modiano, romanzo in cui racchiude i temi a lui più cari, tra cui l’importanza della memoria e l’amore che sembra scordarsi solo apparentemente per tornarci ad aggredire non appena le nostre debolezze si lasciano andare. Il protagonista è Jean Daragane, uno scrittore parigino ormai anziano che vive in totale solitudine, lontano da tutto. Lontano dal mondo finché non gli squilla il telefono di casa, come per richiamarlo. Come per dirgli che non tutto se ne va per sempre, come quell’uomo che dalla parte opposta del telefono gli dice di aver ritrovato una sua vecchia agenda, persa sul treno, come sembravano persi i suoi ricordi. Uscita prevista: 26 maggio.

La stagione degli innocenti – Samuel Bjork

Già caso letterario in Norvegia, il nuovo thriller tinge le foreste del nord. Esordio di Samuel Bjork, uscirà in ventidue paesi. Si apre nello scenario di una foresta immersa nel silenzio, dove giace una giovane vittima impiccata ad un albero con appeso al collo un cartello dove c’è scritto “Io viaggio da sola”. La crudeltà e l’efferatezza del caso convincono a richiamare in servizio il veterano Holger Munch, uomo solitario e con una sfrenata passione per gli enigmi. Troppe cose si nascondono dentro di lui. Come dentro ad un caso ancora da risolvere.

Cecilia Coletta

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FILM

Maggio è uno dei mesi più amati dagli appassionati di cinema. Non tanto per la ricchezza di film in uscita, quanto piuttosto per l’inizio dell’attesissimo Festival di Cannes. Tappa imperdibile per scoprire quali saranno i migliori titoli della stagione. Aspettando la manifestazione francese potete scoprire nel frattempo i nostri tre consigli cinematografici per questo mese. Buona visione!

Leviathan di Andrei Zvyagintsev

Esce anche sugli schermi italiani l’ultimo film dell’acclamato regista russo, vincitore del Leone d’oro a Venezia per “Il ritorno” nel 2003. Viene dritta dal libro di Giobbe questa parabola umana di disperazione ma è asciugata completamente da qualsiasi forma di speranza o fiducia in Dio. I disastri nella vita del protagonista infatti si susseguono uno dopo l’altro ma non è tanto la volontà di Satana a metterlo alla prova, quanto più prosaicamente l’accanimento del sindaco di un piccolo villaggio russo, cioè della forma minore di potere statale che si possa incontrare. Zvyaginstev sfiora l’Oscar con un film perfetto sul piano formale, elegante e diviso con grande rigore in due parti. Forse non è la sua opera più riuscita ma resta comunque un film che merita di essere visto almeno una volta. USCITA PREVISTA: 7 MAGGIO

Mad Max: Fury Road di George Miller

Sarà presentato in anteprima mondiale proprio al Festival di Cannes il remake di un film che ha fatto storia. Ai confini più remoti del nostro pianeta, in un paesaggio desertico e desolato dove l’umanità è distrutta, e tutti lottano furiosamente per sopravvivere, Max è un uomo d’azione e di poche parole, che cerca pace dopo la perdita della moglie. Tra personaggi inquietanti e sequenze memorabili, si preannuncia un ritorno cult da non perdere. USCITA PREVISTA: 14 MAGGIO

Youth – La giovinezza di Paolo Sorrentino

Il regista premio Oscar per “La grande bellezza” torna a dirigere un film per il grande schermo. Si tratta di una storia ambientata in un elegante albergo ai piedi delle Alpi dove Fred e Mick, due vecchi amici alla soglia degli ottant’anni, trascorrono insieme una vacanza primaverile. Lo stile è quello caro all’ultimo Sorrentino, sempre attento a ricercare l’inquadratura ideale e la perfezione stilistica. Nel cast spiccano i nomi internazionali di Michael Caine, Harvey Keitel e Rachel Weisz. Staremo a vedere se anche questa volta uno dei registi nostrani più apprezzati all’estero sarà riuscito a fare centro. USCITA PREVISTA: 21 MAGGIO

Alvise Wollner

[immagini tratte da Google immagini]

Io e Te – Niccolò Ammaniti

Qualcuno sostiene che non si possa scegliere il modo in cui dovremmo essere e che la Natura che risiede in noi sia indipendente dalla nostra forza di volontà e dalla nostra capacità di cambiare. Ci vengono dati gli elementi del nostro carattere alla nascita, in un calderone di ingredienti che non siamo mai perfettamente pronti a mescolare. Perché non siamo capaci. Perché non siamo abbastanza coraggiosi. Perché non siamo obiettivi. Perché non ci sentiamo mai abbastanza pronti.

Perché – forse – senza essere in DUE, non si è mai abbastanza pronti ad affrontare la vita.

 Lorenzo è un adolescente come tanti; uno di quelli che non si piace, uno di quelli che non si sente accettato, uno di quelli a cui – per dirla tutta – di essere accettato non interessa proprio niente.

Questo il primo tra i motivi per i quali decide di fingere di partire per una settimana bianca a Cortina con dei suoi compagni di scuola, questo il motivo per cui inscena questa vacanza, mentre decide di rimanere chiuso nella cantina di casa sua per una settimana intera.

Genitori entusiasti del fatto che lui abbia finalmente degli amici, desiderio di risultare invisibile soddisfatto, il videogioco che preferisce, qualche lattina di Coca-Cola; tutto sembra organizzato nel migliore dei modi.

Eppure, a quel disegno così preciso, va aggiunto un tassello in più: in quella cantina si rifugerà anche la sua sorellastra Olivia, che Lorenzo non vede da qualche anno.

Olivia ha circa dieci anni in più di lui ed odia il loro padre; è la figlia “abbandonata”, la figlia accontentata soltanto tramite il denaro, la figlia che si sente sbagliata perché ha sempre avuto un motivo per sentirsi tale.

Olivia e Lorenzo non potrebbero essere più diversi e, al tempo stesso, non potrebbero avere di più da condividere. Sentirsi inadeguati in un mondo che non sembra accettarli, sentirsi insoddisfatti pur apparentemente avendo tutto. Beni materiali, giovinezza, una vita davanti, una dose di leggerezza che pesa troppo sulle spalle dell’una e troppo poco sulle spalle dell’altro. Spesso si ha solo bisogno di trovare un compagno di avventure, di trovare un qualcuno che pur non somigliandoci ci proietti nel suo universo mostrandoci che non è poi tanto diverso dal nostro. Abbiamo bisogno di notare che qualcuno possa prendersi cura di noi; una cura poco materiale, una cura costruita su basi più solide di quelle di tutti i giorni.

Olivia non è una sorellastra come le altre: non è amorevole, non è capace di badare nemmeno a se stessa. Lorenzo non è un fratellastro da controllare, perché nella sua solitudine interiore sembra aver già capito come funziona la vita. Entrambi hanno qualcosa da insegnare all’altro, entrambi hanno opinioni da raccontare, entrambi hanno una prospettiva diversa da scoprire.

L’adolescenza non è così lontana dalla prima età adulta; c’è sempre tempo per iniziare ad uscire dalla propria inadeguatezza, c’è sempre tempo per combattere, oppure non ce n’è più.

C’è sempre tempo per farsi delle promesse, non c’è sempre la forza di mantenerle. C’è sempre la possibilità di incontrare qualcuno che ci guidi, nonostante non ci sia sempre la bravura di farsi tenere per mano.

Niccolò Ammaniti ci regala un romanzo breve ed intenso, un romanzo che sa dirci così tanto oltre a quello che possiamo leggere e che tenderà a stupirci dalla prima all’ultima pagina.

Perché non sono soltanto coloro che non possiedono nulla a sentirsi inadeguati, perché non sono soltanto gli incompresi quelli che hanno bisogno di una strada, perché c’è sempre tempo per ricominciare daccapo, ma non è detto che ci si riesca.

Non tutti siamo capaci di diventare grandi con l’approvazione del resto del mondo, non tutti siamo capaci di essere chi dovremmo essere.

Siamo semplicemente “come ci viene”, come ci riesce. Siamo semplicemente.

E una strada in salita non è detto che non ci venga più facile percorrerla camminando all’indietro. E un muro come quello della crescita non è detto che saremo in grado di abbatterlo, perché potrebbe venirci semplicemente più semplice scavalcarlo.

Bevo un sorso di caffè e rileggo il biglietto.

– Caro Lorenzo, mi sono ricordata che un’altra cosa che odio sono gli addii e quindi preferisco filare prima che ti svegli. Grazie per avermi aiutata. Sono felice di aver scoperto un fratello nascosto in una cantina. Ricordati di mantenere la promessa,

Tua, Oli –

 Oggi, dopo dieci anni, la rivedo per la prima volta dopo quella notte.

(Io e te – Niccolò Ammaniti)

Cecilia Coletta

IL DIRITTO DI INDIGNARSI (ANCHE AL CINEMA)

Nei mesi scorsi il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha proclamato più volte l’assenza di fondi per pagare i professionisti o occuparsi del restauro e della conservazione di tutto il nostro patrimonio, ricorrendo in numerose occasioni a volontari non specializzati. La scelta di porre in secondo piano il mantenimento artistico del nostro Paese ha portato al conseguente deterioramento (ancora oggi in atto) di alcuni tra i più importanti siti artistici italiani, uno su tutti: Pompei.

Questa non è di certo la sede per addentrarci nel dibattito relativo a tale argomento, ma esso può venire usato come ottima premessa ad una notizia relativa alla nostra industria cinematografica. Succede infatti che il prossimo 5 Febbraio uscirà nelle sale la nuova pellicola di Massimo Cappelli, dal titolo: “Non c’è due senza te”. Una commedia come se ne sono viste tante negli ultimi anni. E allora perché siamo qui a parlarne, chiederete voi? La risposta è presto data. Il Ministero menzionato poco sopra, ha deciso senza una particolare motivazione esplicita, che questa pellicola dovesse essere ritenuta di “grande interesse e valore culturale”, offrendole una sovvenzione statale pari a 200 mila Euro. L’aiuto che lo Stato offre al Cinema è di sicuro un’iniziativa encomiabile e per molti giovani autori indipendenti si tratta di un contributo vitale per portare sul grande schermo i loro progetti ambiziosi. Quello che fa dispiacere però, è che lo Stato che offre sovvenzioni cinematografiche sia la solita Italia governata dai favoritismi e dalla corruzione artistica in cui si può fare strada solo grazie alle giuste conoscenze. Come riportato da “Il Fatto Quotidiano” in un articolo di Davide Turrini, la pellicola di Cappelli risultava già in postproduzione da Agosto scorso, mentre i risultati della delibera ministeriale di fine Ottobre 2014 sono la risposta alle richieste di finanziamento pubblico effettuate dalle produzioni del film nel Gennaio 2014, esattamente un anno fa.

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La casa di produzione Lime Film aveva inizialmente chiesto 400 mila Euro al Mibac, mentre il budget complessivo del film risulta, sempre dalla fonte delle tabelle ministeriali, di oltre 2 milioni e 300 mila euro. Alla fine il compenso ottenuto equivale alla metà di quanto richiesto, ma nell’anno appena trascorso resta comunque la cifra più elevata sborsata dallo Stato per un’opera cinematografica. Solo una coincidenza? Forse sì, anche se a ben vedere il livello artistico della pellicola non è di certo il più elevato tra quelle prodotte nella scorsa stagione. Escludendo Fabio Troiano e Dino Abbrescia, che tornano ad interpretare una coppia omosessuale già vista nel fortunato “Cado dalle nubi” di Checco Zalone, la protagonista femminile è la notissima showgirl Belen Rodriguez che avrà senza dubbio moltissime doti, ma non certo quella della perfetta recitazione. La trama aiuta poi a dare la mazzata finale a tutta questa vicenda. Spacciandosi per commedia impegnata che ama trattare temi sociali e attuali come le coppie di fatto o la convivenza tra gente dello stesso sesso, il film di Cappelli si rivela un autogol che invece di far ridere con gusto, rischia quasi di rivelarsi offensivo nei confronti delle categorie che sceglie di descrivere, trasformando tematiche serie e dignitose in patetici e grotteschi siparietti, come quello della provocante femme fatale che si infila nella coppia omosessuale, riuscendo a “convertire” anche il gay più incallito.

Tutto questo l’abbiamo sovvenzionato noi contribuenti, ed è così che invece di godere di qualche vera e coraggiosa pellicola italiana (relegata come sempre nel dimenticatoio dei festival indipendenti) anche in questo 2015 ci troveremo a spendere 8 Euro e cinquanta per un film che non ha nulla di nuovo da dire se non una serie di tristi banalità viste e riviste. E se è legittimo indignarsi per tutti gli orrori che stanno caratterizzando l’attualità estera di questi giorni, lasciatemi dire che sarebbe giusto iniziare ad indignarsi anche per questi piccoli e reiterati scempi artistici che in maniera subdola e silenziosa uccidono ogni giorno di più un patrimonio artistico che non meritiamo di perdere.

Alvise Wollner 

[Immagini tratte da Google Immagini]