Lo strano viaggio di un oggetto smarrito – Salvatore Basile

Michele ha trent’anni e tutta la sua vita ruota intorno al lavoro presso la stazione di Miniera di Mare. Ogni sera, quando gli ultimi passeggeri abbandonano il convoglio, lui dà inizio al suo rituale. Sale sul treno, aspira gli odori che permeano le carrozze, pulisce accuratamente tutti i vagoni, lucida vetri e maniglie e, come un padre affettuoso, recupera gli oggetti dimenticati da viaggiatori distratti. Oggetti che ingombrano un’intera stanza della sua casa, situata all’interno della stazione stessa. Tutta la sua esistenza si dipana infatti in una manciata di metri, che Michele percorre e ripercorre giorno dopo giorno, intrappolato in una routine fatta di gesti sempre uguali. Unica compagnia dei suoi pasti insapore, gli oggetti smarriti dai viaggiatori, che cataloga con cura e attenzione. La vita che scorre oltre la stazione assume per Michele contorni minacciosi, perché se a sette anni tua madre varca l’uscio di casa con una valigia, promettendoti di tornare, e abbandonandoti per sempre, il mondo là fuori non deve sembrarti un posto bello in cui abitare. Da quel giorno, e ancor più dopo la morte del padre, Michele si è chiuso in se stesso, impedendo a chiunque di varcare la soglia del suo isolamento.large (8)

Ma il destino sembra avere altri programmi e un giorno accade l’imprevedibile. Qualcuno bussa alla sua porta per reclamare un oggetto smarrito. Elena, un uragano di entuasiamo e parole, farà irruzione nella sua casa come un arcobaleno su uno sfondo grigio, e niente sarà più come prima. Michele cercherà con tutte le sue forze di tenerla fuori dal suo cuore, perché permetterle di entrare sarebbe un’implicita autorizzazione a ferirlo. Poi un altro evento rimescolerà le carte. Una sera come tante, sullo stesso treno di sempre, Michele ritroverà un oggetto che mai avrebbe pensato di rivedere: il suo taccuino rosso, quello che la madre portò con sé andando via di casa vent’anni prima. La ferita che sembrava rimarginata riprenderà a pulsare con forza sotto la cicatrice. Michele si rimetterà sulle tracce della madre ed Elena lo accompagnerà, a distanza, in questo difficoltoso viaggio

Una storia che parla di abbandono, di  esperienze traumatiche che determinano il corso di un’esistenza. Un libro che è un po’ una metafora del dolore, degli effetti devastanti che la deflagrazione di una perdita può produrre su chi resta. Perché quando qualcuno ti ferisce così profondamente da bambino, è come scavare un buco in un tronco giovane. Il segno rimarrà visibile per sempre.

Perché nessuno ritorna, anche se lo promette. Soprattutto se lo promette.

Un romanzo che mi ha emozionato tanto, in un crescendo di sentimenti sempre più complicati da gestire. Michele, con la sua ritrosia, le sue prigioni fatte di paure, il suo mondo in bianco e nero, la sua sofferenza così tangibile e reale, è un personaggio che suscita commozione e induce alla riflessione. Elena, al contrario, è colore, irruenza, vita non filtrata. Luce non priva di ombre, perché non esiste un unico modo per affrontare la sofferenza. Ognuno reagisce al dolore secondo personali e insondabili strategie di sopravvivenza. Di che colore sei? Chiede Elena a Michele. E Michele dovrà scoprirlo, ricominciando a vivere, a rischiare, a soffrire, ad abbandonare le confortevoli sfumature di grigio della sua vita. Perché non ci si può difendere dalla tristezza, senza difendersi anche dalla felicità.

La vita è sempre un rischio. Per chiunque.

Un esordio letterario assolutamente promettente, con un tocco fiabesco e una prosa scorrevole, che mi rende impaziente di scoprire la prossima storia che Salvatore Basile ci regalerà.

Stefania Mangiardi

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“L’arte nel sangue” – Bonnie MacBird

Per chi ama Artur Conan Doyle, la scelta di leggere un libro che abbia come protagonista Sherlock Holmes, scritto da qualcun altro, porta inevitabilmente con sé una massiccia dose di scetticismo.

Ma la cosa bella di approcciarsi ad un’opera con basse aspettative, è proprio la possibilità che queste vengano non solo colmate ma addirittura superate. E’ proprio quello che mi è successo con L’arte nel sangue di Bonnie MacBird (HarperCollins Italia, 2016). Sì, perché la MacBird, studiosa di Doyle e grande appassionata di Sherlock Holmes, conosce evidentemente il fatto suo e ci conduce in una storia degna delle classiche avventure di Watson e Holmes.

Innanzitutto ho apprezzato molto l’espediente iniziale, la prefazione in cui l’autrice racconta di aver trovato casualmente presso la Wellcome Library di Londra, all’interno di un vecchio trattato sull’uso della cocaina, alcuni appunti ingialliti di Watson. Pagine parzialmente scolorite nelle quali il dottore narrava una storia inedita, il cui protagonista era il suo amico Sherlock Holmes. Ed è proprio quella storia che l’autrice si appresta a riportare, ricostruendo le parti illeggibili nel modo più verosimile possibile.

La vicenda prende il via in un momento buio per il nostro investigatore. Reduce da una settimana di prigione e prostrato dall’assenza di nuovi stimoli in ambito lavorativo, Holmes viene trovato dall’amico Watson al 221B di Baker Street in condizioni preoccupanti. Emaciato, rifiuta il cibo e trova un fugace sollievo solo nella cocaina. Ma un nuovo caso busserà presto alla sua porta: Cerise La Victoire, celebre cabarettista francese, si rivolge a lui per ritrovare il suo bambino scomparso. Un caso privato, che però appare strettamente connesso ad una vicenda ben più nota, quella del furto di una statua greca dal valore inestimabile. Entrambe le piste, infatti, riportano sulle tracce del conte Pellingham, collezionista e facoltoso uomo d’affari inglese.

Da qui partirà l’indagine che si dipana tra la Francia e l’Inghilterra, tra le opere del Louvre e i vicoli di Londra, mentre Holmes ritroverà se stesso e la sua tempra, e il dottor Watson, da poco convolato a nozze, scoprirà di subire ancora il fascino del rischio e dell’avventura.

«Mi accorsi del vivo piacere che il mio amico traeva da quella situazione di serio pericolo. Negli occhi gli brillava l’emozione della caccia».

«Sfiorai la rivoltella, fredda e rassicurante nella mia tasca. Nonostante tutto, sentii il brivido dell’avventura crescermi dentro come una frenesia indesiderata».

Una storia ben costruita, non eccessivamente complessa ma per nulla prevedibile, fatta di pochi tasselli ma collocati tutti al posto giusto. Holmes appare come sempre metodico e razionale, attento ai dettagli e alle deduzioni, sebbene in questa avventura scopriremo un aspetto inedito della sua personalità. Emergeranno le sue fragilità, il suo amore per l’arte, il suo lato più vulnerabile, che scalfisce la corazza di freddezza che lo caratterizza. Ho amato molto questa luce nuova proiettata su Holmes, che lo rende più umano senza snaturare le sue caratteristiche e facendo emergere anche il profondo vincolo che lo lega a Watson. Watson, voce narrante, che si conferma il mio personaggio preferito, disposto a tutto per aiutare l’amico, affidabile e spesso incapace di mascherare le proprie emozioni.

Una indiscutibile fedeltà allo stile di Doyle, seppure con alcune palpabili variazioni. La prima riguarda la vena di modernità che percorre la scrittura, rendendola più fluida e scorrevole, senza intaccare il fascino delle descrizioni, che si rivelano accurate. La seconda è strettamente connessa all’influenza cinematografica che, per ammissione della stessa autrice, le ha impedito di scindere Holmes e Watson dagli attori che li hanno interpretati, portandola a rivedere i personaggi in una chiave più dinamica. Anch’io, da lettrice, ho avuto per tutto il tempo la sensazione di trovarmi davanti Robert Downey Jr. e Jude Law.

In conclusione non posso che consigliare questo libro agli amanti di Sherlock Holmes, che desiderano scoprire un lato inedito del celebre investigatore, ma anche ai neofiti in cerca un giallo piacevole e ben costruito.

Stefania Mangiardi

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Olivier Bourdeaut, “Aspettando Bojangles”

Immaginate una famiglia che vive in una grande casa con un pavimento bianco e nero proprio come una scacchiera, un enorme divano blu fatto per saltarci sopra, un tavolo intorno al quale radunare molti ospiti, una credenza che perde foglie e va annaffiata regolarmente e, in un angolo del salotto, un enorme mucchio di corrispondenza mai aperta. L’animale domestico è un volatile fuori misura, una Damigella di Numidia, ribattezzata Damigella Superflua.
In quella casa c’è un papà stonato e giocoso, e una mamma che con le cose pratiche non ci sa proprio fare, ha ogni giorno un nome diverso, ma sempre la stessa voglia di ridere. Una donna che si entusiasma per tutto e se c’è una cosa che proprio non sopporta è la tristezza. La tristezza e la banalità.

«Quando la realtà è banale e triste, inventatemi una bella storia, voi che sapete mentire così bene. Sarebbe un peccato se non lo faceste».

Quei due ballano sempre, brindano e ballano sulle note di Mr. Bojangles, e il loro bambino spesso balla insieme a loro.
Sono proprio gli occhi del bambino a guidarci in una vita fatta di feste, ospiti, musica a tutte le ore del giorno e della notte, genitori gentili, che si amano e lo amano, dove andare a scuola non è un obbligo e a volte si balla così tanto da saltare anche la cena. Una famiglia anticonvenzionale, dove i ruoli sono appena sfumati, che vive fuori dagli schemi previsti dalla morale e dal buon costume.

«Non mi trattava né da adulto né da bambino, ma piuttosto come un personaggio da romanzo. Un romanzo che lei amava molto e teneramente, nel quale s’immergeva in ogni istante».

La loro vita sembra quasi un quadro, un’esibizione sulla quale non scende mai il sipario, lo spettacolo si ripete giorno dopo giorno sempre con lo stesso scroscio di applausi in sottofondo. Eppure, inaspettatamente, il sipario scenderà. Scenderà ogni volta che il filo della narrazione passerà dal figlio al padre, che analizzerà la loro vita da un’ottica differente. La realtà irromperà bruscamente in quella meravigliosa rappresentazione e, con il peggiore dei copioni, la tingerà di tinte cupe. Quella donna che ci era sembrata così eccentrica e divertente, brillante e folle, diverrà all’improvviso fragile, la sua stessa follia assumerà contorni inquietanti e imprevedibili.

«Quel conto alla rovescia, che durante i giorni felici avevo dimenticato di tenere d’occhio, si era messo a suonare come una sveglia infausta e scassata, come un allarme che spacca i timpani col suo incessante baccano, un suono spietato che intima di fuggire subito, che ti urla che la festa è finita, all’improvviso, malamente».

Aspettando Bojangles copertina - La chiave di SophiaDue cose mi hanno colpito molto di questo libro, che ho ricevuto a sorpresa e che all’inizio non sospettavo custodisse una storia così bella: la bolla di follia che circonda questa famiglia, equilibri sottili e meravigliosi, dove ognuno è niente più che se stesso; e l’amore puro che si respira, privato dalle sovrastrutture e dagli schemi che caratterizzano il comportamento adulto.
Si tratta sicuramente di una famiglia disfunzionale, che tuttavia induce il lettore a chiedersi: disfunzionale per chi? In fondo, sorrisi, amore e musica non sono tutto ciò di cui abbiamo bisogno? Un amore al quale non ci si può sottrarre, un amore pronto a tutto, insolito, irrazionale e allo stesso tempo dolcissimo.

Un esordio che non passa inosservato, una storia fuori dal comune, dove la verità sfuma nella fantasia e la ragione nella follia, un libro da leggere senza preconcetti e difficile da spiegare. Si può forse spiegare una canzone? Per comprenderla, e amarla, bisogna necessariamente ascoltarla.

«Lo so che mi amate, ma cosa ne farò di questo folle amore? Cosa ne farò di questo amore folle?»

Stefania Mangiardi

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Le storie vere sono la rovina del cinema

Tratto da una storia vera. Sono queste le parole che stanno uccidendo il cinema. Fateci caso, i film che negli ultimi mesi stanno uscendo nelle sale italiane si dividono sostanzialmente in due categorie: i blockbuster dedicati ai supereroi e i film ispirati a vicende realmente accadute. Alcuni esempi? La macchinazione di David Grieco, Race di Stephen Hopkins, 13 hours di Micheal Bay e Colonia di Florian Gallenberger sono solo alcuni dei titoli che nei primi cinque mesi del 2016 hanno invaso i cinema di tutto il mondo. Il fenomeno è in parte dovuto a una generale mancanza di idee all’interno dell’industria cinematografica. Senza perdere tempo nella creazione di soggetti nuovi e originali, produttori e registi hanno preferito adagiarsi nella comodità di storie già pronte che necessitavano solo di piccole modifiche per essere adattate sul grande schermo. Non stiamo parlando di film storici, bellici o in costume, bensì di episodi che raccontano fatti reali poco noti al grande pubblico, in una veste che spesso rischia non solo di stravolgere la realtà storica ma anche di produrre una serie di pellicole mediocri e retoriche.

Il caso più eclatante è il recente Stonewall di Roland Emmerich. Il regista americano, abbandonati i kolossal catastrofici come Indipendence day The day after tomorrow si cimenta nel nobile intento di raccontare una delle pagine più difficili della recente storia americana: i moti di Stonewall per il riconoscimento delle libertà gay. Vicenda che nel giugno del 1969 portò a violenti scontri tra le forze dell’ordine e la comunità omosessuale di New York, guidata dalla transessuale Sylvia Rivera, che diede vita alla protesta gettando una bottiglia contro un poliziotto. Grazie alle loro lotte, in America, nacque il Movimento di liberazione gay e, con il tempo, crebbero a dismisura i diritti per le persone omosessuali. Nel suo film Emmerich rovina questo grande spunto e trasforma la Storia in una favola di formazione, in cui il bianco, rassicurante e ben educato Danny, lascia la propria casa e la propria famiglia (solo) perché costretto, e finisce nel “magico” mondo dei ragazzi che si prostituiscono da quando erano bambini, occupano luride stanze di hotel e piangono la morte di Dorothy Gale come quella di una sorella. Storie vere raccontate sempre con un punto di vista distaccato e stereotipato, senza rischiare mai di allontanarsi dal politicamente corretto, in una sorta di lunghissimo e stucchevole elogio dell’ideologia democratica pro-Obama.

Stonewall ci dimostra come la scelta di adattare storie realmente accadute sul grande schermo sia il modo migliore per uccidere il buon cinema. La settima arte nasce come elogio della finzione per antonomasia. Anche quando sembra voler raccontare la realtà, il cinema riesce sempre a superare i confini del reale. Il treno ripreso alla stazione dai fratelli Lumiere avrebbe dovuto uscire dallo schermo e investire gli spettatori, invece la locomotiva non solo sparisce oltre i confini dell’inquadratura, ma dimostra anche che il cinema è il luogo in cui la finzione prende il sopravvento. Nel buio della sala ci dimentichiamo della realtà che ci circonda ogni giorno e accettiamo di farci guidare dall’immaginazione. Tenetevi alla larga da tutti quei film che vi parlano di storie vere. Sono solo una proiezione bugiarda di un qualcosa che è successo. Quando deciderete di andare al cinema, scegliete le storie originali, scegliete di perdervi nel buio di un’inedita fantasia. Solo così riuscirete a trovare la vera magia di quest’arte.

Alvise Wollner

Selezionati per voi: maggio 2016!

LIBRI

Maggio è tradizionalmente il mese dedicato ai fiori, in particolare alle rose, da sempre simbolo di grazia, bellezza, perfezione. Proprio la rosa, nel suo fascino soave, è l’incarnazione del mistero, percorsa da spine che ne proteggono l’anima, quasi a custodire tra i petali il segreto della sua maestosità. Mistero che avvolge la natura nella sua interezza, così assorta nell’atto di sbocciare, germogliare, aprirsi, dischiudersi.
Le storie che vi suggerirò questo mese parlano di segreti, di pensieri occulti, di verità celate tra le pagine.

Charlotte Link Oltre le apparenze - La chiave di SophiaOltre le apparenze – Charlotte Link

Gillian Ward ha una vita apparentemente invidiabile, un marito affascinante, un’azienda ben avviata, una villetta in un quartiere tranquillo e una bella figlia. Tuttavia qualcuno nell’ombra osserva ogni suo movimento e scopre che dietro la superficie lustra della sua esistenza si nascondono delle crepe profonde. Intanto, nel cuore di Londra, un killer uccide donne sole senza alcuna pietà. La stessa Gillian potrebbe essere in pericolo? Esiste una connessione tra la vita di Gillian e le azioni del killer? Una storia che parla di solitudini, di rapporti umani artefatti, di drammi e psicologie complesse.

F Diotallevi Le stanze buie - La chiave di SophiaLe stanze buie – Francesca Diotallevi

1864, Torino. Vittorio Fubini è un impeccabile maggiordomo, lavora in un’elegante dimora torinese finché Alfredo Musso, suo zio, non viene a mancare. Pur non avendo mai conosciuto lo zio di persona, Vittorio nutre verso di lui un debito di riconoscenza. Proprio per questo, seppur malvolentieri, Vittorio decide di assecondare le ultime volontà dello zio che, anch’egli maggiordomo, lo prega di prendere il suo posto presso la villa dei conti Flores, a Neive, nella campagna torinese. Nella grande dimora tra le colline, Vittorio scoprirà ben presto che un segreto è intrappolato tra le fredde mura, l’eco di un dolore non ancora sopito. Cercherà la verità, mentre un sentimento prepotente e sconosciuto si farà spazio nel suo cuore, mutando per sempre ogni particella del suo essere.

L. Moriarty, I segreti di mio marito - La chiave di SophiaI segreti di mio marito – Liane Moriarty

Cecilia Fitzpatrick è una donna affermata e soddisfatta. Ha un marito ambito, un lavoro che è fonte di orgoglio, tre splendide bambine, intelligenti e vivaci. La sua vita sembra una cartolina patinata, uno scorcio di perfetta esistenza borghese, pulita e ordinata come la sua dispensa, dove ogni cosa è riposta in un contenitore con etichetta. Ma questo equilibrio si rivelerà traballante e instabile, sin dal giorno in cui Cecilia troverà in soffitta una lettera di suo marito destinata a lei, da aprire dopo la sua morte. Quale segreto nasconde John-Paul? Le certezze diventano domande, il futuro un enorme interrogativo, le cose a cui si dava importanza perdono valore, e persino il passato dovrà essere riletto, analizzato, scrutato con occhi diversi, fino ad avvolgere tutto con una luce nuova, la luce della verità.

LIBRI JUNIOR

dov'è la mia mammaDov’è la mia mamma? Julia Donaldson, Alex Scheffler età di lettura dai 2 anni

Chi da piccolo non ha mai perso di vista per un attimo la propria mamma o il proprio papà? Chi non ha provato di conseguenza quel rapido e fitto senso di preoccupazione che porta con sé tremarella alle gambe ed occhi spaesati? Per i cuori dei più piccini questa non è affatto una sensazione da poco! Per fortuna la situazione in cui viene a trovarsi la scimmietta protagonista di questo bellissimo album illustrato non è così difficile, tutt’altro! Alla seconda pagina, infatti, con un “Su con la vita!” arriverà in volo la prode e simpatica farfalla Rita. A suon di rime ed ottime e nitide illustrazioni, il racconto si farà una vera e propria avventura di conoscenza e scoperta! Dopo aver incontrato animali di varie caratteristiche e dimensioni, sempre con il sostegno dell’amichetta svolazzante, riuscirà la scimmietta a trovare i suoi genitori?

FILM

La primavera a maggio entra nel vivo, portando con sé l’evento cinematografico più importante dell’anno: il Festival di Cannes, giunto quest’anno alla sua sessantanovesima edizione. Tante star in arrivo, ma soprattutto molti film destinati a segnare la programmazione dei prossimi mesi. Se sul versante festivaliero la situazione è dunque molto interessante, nelle sale italiane scarseggiano invece i titoli degni di nota. Nonostante ciò, abbiamo selezionato per voi i tre film da non perdere questo mese:

Al di là delle montagne - La Chiave di SophiaAl di là delle montagne – Zhangke Jia

Presentato in concorso alla scorsa edizione del Festival di Cannes, il secondo film del cinese Zhangke Jia racconta la storia di un amore sofferto per una giovane donna di cui si invaghiscono due ragazzi, amici sin dall’infanzia. Il loro sentimento rischierà di dividerli per sempre in una storia che racconta gli affascinanti mutamenti della società cinese nel corso degli ultimi anni. Un’altra grande sorpresa del cinema orientale. USCITA PREVISTA: 5 MAGGIO.

Tutti vogliono qualcosa - La Chiave di SophiaTutti vogliono qualcosa – Richard Linklater

Dopo il grande successo di Boyhood il regista di culto Richard Linklater torna dietro la macchina da presa per dirigere una commedia leggera, ma allo stesso tempo molto ben costruita. La storia è quella di un gruppo di ragazzi appena arrivati al college, pronti a vivere un’esperienza che cambierà per sempre la loro vita. Il regista racconta con grande maestria le vicissitudini dei suoi personaggi e riportando in vita il fascino degli Anni 80 ci regala un film da non perdere. USCITA PREVISTA: 12 MAGGIO.

51817192 Stars filming scenes on the set of the upcoming movie 'Going In Style' in New York City, New York on August 5, 2015. Stars filming scenes on the set of the upcoming movie 'Going In Style' in New York City, New York on August 5, 2015. Pictured: Michael Caine, Morgan Freeman, Alan Arkin FameFlynet, Inc - Beverly Hills, CA, USA - +1 (818) 307-4813

 

Insospettabili sospetti – Zach Braff

Dal genio di Zach Braff, l’attore protagonista della serie culto Scrubs, arriva una commedia amara che ci fa riflettere sul nostro tempo. Dopo aver perso tutti i propri risparmi a causa di una truffa da parte della banca, tre insospettabili pensionati decidono di vendicarsi e di riprendersi ciò che spettava loro di diritto. Un film a prima vista leggero e senza pretese, che nasconde però un cuore pieno di riflessioni e di amarezza. Bravissimi i tre protagonisti: Morgan Freeman, Micheal Caine e Alan Arkin. USCITA PREVISTA: 19 MAGGIO.

Stefania Mangiardi – Federica Bonisiol – Alvise Wollner

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Alla deriva – Recensione di “Agostino” di Alberto Moravia

C’è una spiaggia nel Viareggio, in Versilia, che è senza spiegazioni, senza certezze, che con il suo moto ondoso sa perpetuare le inquietudini di un tredicenne, Agostino, che per la prima volta si scontra con le durezze della vita. Egli è in vacanza con la madre, “una grande e bella donna ancora nel fiore degli anni” e con lei gioca, si tuffa, nuota, ristagna felicemente in quella loro perfetta sintonia.

Quando però la madre comincia a frequentare Renzo, un giovane alto, bruno e abbronzato, Agostino si sente tradito nella sua sicurezza e il cambiamento diventava inevitabile, la sua crescita personale una scelta. Fu in quell’occasione che avvertì la prima grande lacerazione tra se stesso e colei che lo aveva messo al mondo, sarà da quell’occasione in poi che Agostino continuerà ad urlare in silenzio il nome della madre fino a quando non tenterà di ricucire la ferita con un altro tipo di amore, di certo più sintetico, senza però riuscirci.

Umiliato ed amareggiato, Agostino fa la conoscenza di Berto, un coetaneo lentigginoso dalle “pupille celeste torvo”, dalla canottiera “con un largo buco in mezzo alla schiena” e dalla voce che tradiva “un rozzo accento dialettale” e di un paio di altri ragazzini, tutti facenti parte della stessa banda. Con loro, unico adulto, un bagnino di quasi cinquant’anni, il Saro, due mani tozze da sei dita ciascuna.

La seconda metà del libro si snoda perciò tra scherzi grossolani e triviali, pesanti allusioni e seduzioni in un mondo in cui la giovane età non conta, perché nel frequentarli, al di là del ribrezzo, in Agostino restava un inspiegabile piacere. I nuovi amici, rozzi, ottusi e violenti, certo ben lontani dal suo essere un raffinato borghese di città, lo conquistavano, gli rendevano scoloriti i giochi sorvegliati dagli adulti, la collezione dei francobolli e i modi dabbene dei suoi ex compagni di vita, lo allontanavano da una realtà che non sentiva più sua.

Spintosi oltre i confini della prosa, con questo romanzo breve Alberto Moravia indaga le pieghe psicologiche di quell’uomo che, anche se deve ancora crescere, non sa guarire da ciò che gli manca, si adatta, si racconta altre verità. Perché si può nascere vecchi, convivere di già con la nostalgia di qualcosa.

Considerato da molti il suo capolavoro insieme a Gli Indifferenti, Agostino è un libro che con finezza e obiettività ti mostra il passaggio dalla giovinezza all’età adulta senza l’uso di intermediari ma basandosi esclusivamente sul punto di vista di un ragazzino che precipita inconsapevolmente in quella metà di mondo accasciante, dove si sopravvive come si può. E da tutto ciò, Agostino non chiede alcun risarcimento, né dalla scoperta angosciosa e traumatica del sesso né dal tentativo di superare un attaccamento edipico eccessivo. Perché, come dice Moravia, le esperienze che contano sono spesso quelle che non avremmo mai voluto fare, non quelle che decidiamo di fare noi.

Luzia Ribeiro da Costa

La casa del sonno – Jonathan Coe

Terry era un oniromane: i suoi sogni costituivano la parte più pura, preziosa e necessaria della sua vita, e per questo trascorreva almeno quattordici ore al giorno dando loro la caccia attraverso la sua mente addormentata.

Gregory, Veronica, Terry, Robert e Sara sono studenti universitari nei primi anni ottanta. Molto diversi tra loro ma accomunati da un rapporto particolare con il sonno: ossessivo, nevrotico, patologico, inquietante. C’è chi soffre di narcolessia e fatica a distinguere i sogni dalla realtà, chi guarda al sonno con occhio scientifico e vorrebbe carpirne le dinamiche più recondite, chi si abbandona al sonno per trovare la radice della propria creatività artistica.

La-casa-del-sonno_CoeL’austera e grigia Ashdown è il dormitorio che ospita i ragazzi e che, dieci anni più tardi, diverrà una clinica specializzata nei disturbi del sonno, che rimane il filo conduttore di tutta la storia. Storia dalla struttura molto particolare. I capitoli dispari sono infatti ambientati negli anni ottanta, periodo in cui i protagonisti sono studenti alla ricerca della propria strada, mentre i capitoli pari ci conducono oltre un salto temporale di quasi dodici anni, le loro personalità si sono definite, le loro vite sono mutate, imboccando direzioni differenti, alcune prevedibili, altre inaspettate.

Il libro è diviso in sei parti, ognuna delle quali rappresenta un diverso stato di coscienza: veglia, fase uno, fase due, fase tre, fase quattro, sonno REM, ed ogni capitolo si conclude con una frase spezzata che prosegue nel capitolo seguente, con connessioni arbitrarie che in principio destabilizzano il lettore.

La casa del sonno è un libro insolito, psicotico, che procede ad incastri, dove ogni pagina diventa un tassello che va a completare quello precedente e ad anticipare il successivo, proprio come in un mosaico. Il lettore si trova  a tratti smarrito, con la netta sensazione di essersi perso qualcosa, ma proprio quando sta per cedere alla tentazione di sfogliare le pagine a ritroso per chiarirsi le idee, Coe si dimostra bravissimo a sciogliere i suoi dubbi, facendo luce su quella porzione narrativa. E’ uno stile al quale bisogna abituarsi ma che, entrati nella giusta ottica, si fa avvolgente, a momenti anche inquietante, trasportandoci nella psiche dei protagonisti, nelle loro nevrosi e nei loro turbamenti interiori.

Mi sentivo più felice quando dormivo che da sveglio. Facevo sogni bellissimi.

La scrittura è dettagliata, ironica, con una forma pulita che non contempla il superfluo.

Il sonno rimane il protagonista assoluto del romanzo, quello stato in cui non siamo pienamente consapevoli, in cui siamo più fragili e forse anche più veri, privati delle sovrastrutture che guidano le nostre azioni durante la veglia.

Quella condizione di vulnerabilità del cuore in cui anche i dettagli più minuti e banali assumono un carattere luminoso, trasfigurante.

Le storie dei protagonisti muteranno negli anni, a volte deviate per sempre da un destino quasi perverso, che userà malintesi e fraintendimenti per prendersi gioco di loro.

Un libro che saprà coinvolgervi e stupirvi, con un’atmosfera surreale e un ritmo vorticoso che vi sospingerà fino all’ultima pagina. Consigliato agli amanti dei risvolti psicologici.

Stefania Mangiardi

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Selezionati per voi: Febbraio 2016!

Febbraio che profuma di rose e cioccolato, febbraio in cui vetrine straripanti di cuori di ogni foggia e dimensione, ci ricordano che forse l’amore non si trova in una scatola rossa, né tra le righe di un bigliettino stropicciato. L’amore rifugge nastri e fiocchi che tentano di intrappolarlo. Perché l’amore pulsa, si espande, respira, vive.

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Il mio supereroe sei tu – Anna di Niccolò Ammaniti

C’è un’epidemia di quelle che ti succhiano via la vita, di quelle capaci di lasciare al mondo solo dei bambini se è vero che non si diventa adulti semplicemente quando a morire sono i tuoi genitori.
In una Sicilia proiettata in un 2020 desertico, l’umanità è in via d’estinzione perché la “Rossa” macchia a morte chi si trascina gli ormoni della maturità. Anna, la protagonista-bambina del romanzo, è dunque votata alla sopravvivenza insieme al fratellino Astor, l’amico Pietro e un cane di nome Coccolone. L’imperativo è quello del “bisogna farcela” in qualsiasi luogo e condizione, perché fermarsi è concesso solo a chi sale, non a chi scende. È un viaggio pieno di avventure quello di Anna che oltre ad avere il compito di insegnare la lettura al fratello e di salvarlo quando verrà rapito dai “bambini blu”, cerca disperatamente di uscire dalla Sicilia perché forse, oltre l’isola, c’è una cura.
Scritto con l’arte visionaria propria di chi abbandona la normalità perché sa troppo di presente, Anna è un romanzo che romba da solo perché nelle inconsapevolezze dei bambini si annidano e si sciolgono naturalmente i problemi etici dell’esistenza. Case abbandonate o bruciate, autostrade, gruppi di ragazzini che si comandano a vicenda, animali randagi e incattiviti, la pesca pericolosa di un polipo e una traversata in mare sono gli elementi essenziali di questa distopica e curiosa narrazione. E non viene da storcere il naso quando ad un certo punto c’è un rave-party della speranza, celebrato in una Spa defunta, dove due bambini capibanda hanno fatto credere che ci si può salvare dalla “Rossa” prima di entrare nell’adolescenza. Né ci coglie totalmente impreparati quel lungo e affollato pellegrinaggio di piccoli cuori che, idioti e completamente abnegati da una credenza-Ikea, corrono per celebrare e bere il sangue (o ingoiare le ceneri) di una finta santa tutta particolare inventata per l’occasione e chiamata la Picciriddona nella speranza di raggiungere l’immunità dall’epidemia.
Quello che leggiamo è l’ultimo libro di Ammaniti, scrittore pop che ci ha abituato ai tentacoli di immagini vivide, forti, quasi si tratti di un fumetto dai ritmi accelerati.
Particolarmente significative sono le pagine nelle quali si costruisce il legame tra Anna ed Astor, nel reciproco tentativo di correggersi per restare a galla, perché nessuno si salva da solo. Sulla scia di altri suoi romanzi precedenti come “Io e te” o “Io non ho paura”, questa storia non vuole essere un romanzo di formazione alla Golding o alla Dickens (sebbene ci siano delle somiglianze) quanto piuttosto un continuo alternarsi di squarci spasmodici tra visioni apocalittiche e diaboliche, e riflessioni sulla vita e sulla morte. Sopra tutto, la certezza che, in maniera forse un po’ prevedibile, alle volte essere un fratello è ancora meglio che essere un supereroe.

Luzia Ribeiro da Costa

Selezionati per voi: Gennaio 2016

Gennaio è il mese dei nuovi inizi, nuove consapevolezze che in sordina si fanno spazio negli animi infreddoliti, sogni appena scartati che profumano di vernice fresca. Gennaio è un’occasione. Un’opportunità per lasciarsi alle spalle errori e progetti imperfetti, per concentrarsi su idee ancora timide e inscatolate, ma forse pronte a vedere la luce. Le storie che voglio suggerirvi parlano di rinascite, della forza di cambiare, del coraggio di assecondare i propri desideri, della presunzione di farcela. Che ogni nuovo inizio non è altro che un lungo, infinito, salto nel vuoto.

arton30Narciso e Boccadoro – Hermann Hesse

Narciso è un giovane monaco, in questa veste incontra Boccadoro, un ragazzo che il padre vorrebbe indirizzare sul sentiero religioso. Ma Narciso scorge nel suo coetaneo un’inquietudine che non si adatta alla vita spirituale e gli professa un destino da artista. Quest’incontro segnerà l’inizio di una grande amicizia, sebbene le loro strade presto si divideranno ed ognuno intraprenderà un percorso individuale alla ricerca della verità. Narciso rimarrà all’interno del monastero, dedito all’ascetismo; Boccadoro, assetato di vita, inizierà il suo viaggio per il mondo, del quale conoscerà il volto migliore e quello peggiore. Dopo molti anni i due amici si ricongiungeranno, entrambi maturati da nuove, inattese, consapevolezze.

noiNoi – David Nicholls

Connie e Douglas sono sposati da vent’anni, hanno un figlio adolescente – Albert – e nel cuore di una notte qualunque, Connie confessa a Douglas di pensare al divorzio. Il mondo di Douglas va in frantumi, per lui la vita senza Connie è semplicemente inconcepibile. Ma la decisione di sua moglie non è imminente, vorrebbe prima che partissero come previsto per il tour dell’Europa organizzato insieme ad Albert, dopo il viaggio si vedrà. Questo viaggio si trasformerà per Douglas nell’ultima occasione per riconquistare sua moglie e per dimostrare al figlio, con cui non ha un vero legame, quanto tenga a lui. Il suo primo, vero, atto di coraggio: provare l’impossibile per tenere insieme  la sua zoppicante famiglia.

  libro_141124210352_la-tentazione-di-essere-felici-lorenzo-marone-longanesi-itLa tentazione di essere felici – Lorenzo Marone

Cesare Annunziata ha settantasette anni, due figli ormai adulti e una facciata ruvida e scontrosa dietro la quale si nasconde un doloroso vortice di occasioni perse, gesti non compiuti e parole non dette. Rancori e rimorsi che Cesare si porta dentro, affrontando la vita con dignità e sottile ironia.

Ma ricevuto il conto amaro dei suoi errori, Cesare non si arrende e, nello sguardo schivo e ferito di una ragazza sconosciuta, ritrova il desiderio di essere un uomo migliore. Ritrova la capacità di commuoversi. La voglia di trasmettere ai suoi figli l’insegnamento più importante: lottate con ogni forza per raggiungere la felicità.

Stefania Mangiardi 

 

FILM

L’inizio dell’anno è senza dubbio uno dei momenti più attesi e interessanti dell’intera stagione cinematografica. Tantissimi i titoli presenti nelle sale italiane, molti dei quali destinati ad avere un ruolo di primissimo piano durante la prossima notte degli Oscar. Per guidarvi al meglio attraverso questa vasta gamma di pellicole abbiamo selezionato per voi i tre titoli più significativi, destinati a uscire al cinema nei prossimi giorni.

QUO-VADO-CHECCO-ZALONE-POSTER-LOCANDINA-2015Quo vado di Checco Zalone

Essere ignoranti può essere considerata una virtù invece che un difetto? Socrate nel V secolo a.C. diceva d’essere conscio di non sapere, concetto che (con le dovute distanze ben s’intende) il comico Checco Zalone continua a tradurre in immagini per il grande schermo attraverso la sua cinematografia. Sbaglia chiunque cerchi di classificarlo come un autore volgare e ripetitivo, artefice solo di film spazzatura. Esagera invece chi lo esalta e definisce come il nuovo maestro-salvatore del genere comico. Zalone non è niente di tutto ciò. La sua grandezza è quella di essere un autore meravigliosamente mediocre e, anche in questo nuovo film, riesce a dimostrarcelo con una leggerezza disarmante. USCITA PREVISTA: 1 GENNAIO

carol_xlgCarol di Todd Haynes

Probabilmente uno dei migliori film dell’anno appena cominciato, storia d’amore travagliata e commovente capace di non scadere mai nella banalità e nella retorica eccessiva. La sua forza sta nell’ennesima interpretazione impeccabile di Cate Blanchett (grande favorita per la vittoria dell’Oscar e del Golden Globe come miglior attrice protagonista). La sceneggiatura e le musiche contribuiscono ad aumentare il valore dell’opera, trasformandola in un lavoro da non perdere. USCITA PREVISTA: 5 GENNAIO

joy-posterJoy di David O. Russell

Il regista più sopravvalutato di Hollywood ritorna dietro la macchina da presa dopo i grandi successi de “Il lato positivo” e “American Hustle”. Se amate il suo stile curatissimo a livello formale e coinvolgente sul piano narrativo, non potete perdere questa storia di lotta e redenzione con un cast impressionante di celebrità che vanno da Bradley Cooper a Jennifer Lawrence, passando per l’intramontabile Robert De Niro. Intrattenimento assicurato, ma state attenti a non chiamarlo cinema d’autore. USCITA PREVISTA: 28 GENNAIO

Alvise Wollner