Nascondere per mostrare: la nuova prova di Christo a Parigi

<p>Christo/Arco di Trionfo impacchettato</p>

Coprire per svelare, mascherare per mostrare. Quante volte vi è capitato di non notare una cosa messa in bella vista? Può succedere con cose anche molto molto grandi, come i monumenti. Lo sappiamo bene noi italiani, che siamo così abituati a essere circondati di cose belle che neanche le guardiamo, e proviamo quasi una certa perplessità nel notare il turista di turno che fotografa il tal palazzo o la tal chiesa che per noi sono semplice quotidianità.

Lo si potrebbe vedere come un problema, o per lo meno un qualcosa su cui riflettere. Ci hanno sicuramente riflettuto molto l’artista bulgaro Christo e l’artista francese Jeanne-Claude, compagni d’arte e di vita. Esponenti nel Nouveau Réalisme prima e della Land Art poi, tra le loro tante opere importanti le più famose sono quelle impaquetés – o wrapped in inglese, impacchettate in italiano. Il Reichstag di Berlino, il Pont Neuf a Parigi, la Opera House di Sydney, 603 metri quadrati di costa di due isolette in Florida e anche la nostra Porta Pinciana a Roma (era il 1974) sono alcuni degli impacchettamenti più famosi della coppia. Ma Christo e Jeanne-Claude, già all’inizio degli anni Sessanta, avevano un sogno proibito: l’Arc de Triomphe di Parigi.

Perché dunque nei freschi giorni di metà settembre tutti i giornali del mondo hanno parlato dell’Arc de triomphe a Parigi? C’è voluta una massiccia opera di mascheramento per mettere nuovamente sotto gli occhi di tutti questo monumento, sotto il naso del mondo ma anche dei francesi che magari ci passano davanti tutti i giorni. E così in tre giorni la grande opera postuma di Christo (deceduto nel 2020) e Jeanne-Claude (deceduta nel 2009) ha preso vita esattamente come loro l’avevano progettata, fino all’ultimo microscopico dettaglio.

25.000 metri quadrati di tessuto polipropilene azzurro argentato e 3.000 metri di corde rosse, entrambi riciclati e riciclabili, settimane di progetto, 5.000 operai specializzati al lavoro. Dal 21 settembre al 3 ottobre 2021 il sogno dei due artisti si è concretizzato, è diventato letteralmente palpabile, apprezzabile esattamente come lo avevano previsto, perché l’Arc de Trimphe wrapped oggi è proprio come Christo lo aveva definito, ovvero “un oggetto vivente che si animerà nel vento riflettendo la luce. Le pieghe si muoveranno, la superficie del monumento diventerà sensuale. La gente avrà voglia di toccarlo”.

Solo 13 giorni per apprezzarlo, scaduti proprio questa domenica. Ed è giusto, altrimenti un parigino comincerebbe nuovamente ad abituarsi, tanto all’Arc de triomphe quanto all’Arc de triomphe empaqueté. Invece è proprio questa sfida all’abitudine, questo riflettore sul paesaggio e sull’ambiente che i due artisti volevano concretizzare, facendolo nel modo più controintuitivo immaginabile, cioè nascondendolo. Un’opera d’arte che è concreta nel tessuto argenteo e nelle corde rosse del “pacchetto”, ma che è anche un progetto lungo decenni, è anche la trasformazione stessa del monumento ed è l’esperienza che ne fa il passante curioso, l’appassionato, il turista, il parigino. Un’opera che sfida il nostro concetto di arte immortale e che lo diventa solo come esperienza e come ricordo. Chi ha camminato sui Floating Piers del Lago d’Iseo qualche anno fa lo sa: è un’esperienza che rimane indelebile. E forse è proprio questa una delle massime riuscite dell’arte: essere immortale nei ricordi e nelle emozioni del fruitore. Un po’ come Stendhal che esce dalla basilica di Santa Croce a Firenze e racconta quella che poi nel Novecento diverrà famosa come sindrome di Stendhal appunto: una bellezza e un’emozione che non lasciano indifferenti, che coinvolgono il corpo in modo più o meno deciso, lo scuotono lasciando un ricordo, persino una sensazione fisica indelebile.

Oggi abbiamo tantissimi dispositivi per tenerci visivamente il ricordo di qualcosa, ma rischiamo di affidare troppo della nostra vita alla sola immagine. Basti pensare banalmente alla tendenza di registrare i video al concerto invece di goderci il momento, come se quei video potessero catturare quell’emozione invece di essere un mero click per il suo ricordo. Siamo bombardati di stimoli e sembriamo faticare a tenerci dentro tutte le emozioni che riceviamo dall’esterno, tanto che alla fine alziamo di molto l’asticella delle nostre aspettative e risultiamo indifferenti a tanta bellezza che ci circonda e ad esperienze che ci toccano. Andando un po’ oltre l’operazione concreta di Christo e Jeanne-Claude potremmo chiederci: deve per forza scomparire un qualcosa della nostra vita per farsi finalmente notare?

 

Giorgia Favero

 

[Photo credit: ansa.it]

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Sensualità, frivolezza e modernità. Boldini a palazzo dei Diamanti

«Io sono un animale di lusso, il superfluo m’è necessario come il respiro»: questa la frase scelta per circondare le pareti della Sala 11 “La Diva” – dedicata all’irrinunciabile accessorio del guardaroba femminile, simbolo dell’eleganza appariscente da Belle Époque, il cappello – di Palazzo dei Diamanti a Ferrara che ospita fino al 2 giugno 2019 la mostra Boldini e la moda, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Museo Giovanni Boldini. Una rassegna volta a raccontare l’affascinante legame tra Boldini (Ferrara, 31 dicembre 1842 – Parigi, 11 gennaio 1931) e la sua città natale e a ripercorrere l’evoluzione stilistica del pittore. Ordinata in sezioni tematiche, ciascuna corredata da citazioni di letterati che hanno contribuito a fare della moda un elemento fondante della modernità, da Baudelaire a D’Annunzio, da Proust a Wilde, con oltre centoventi opere – dipinti, disegni, incisioni di Boldini e di suoi colleghi, tra cui Degas, Manet, Sargent, e abiti d’epoca, accessori preziosi, libri – la mostra, un intreccio di arte, moda e letteratura, immerge lo spettatore nelle atmosfere raffinate e nell’elegante edonismo della metropoli parigina.

Nella seconda metà dell’Ottocento Parigi è la quintessenza della vita moderna, punto di riferimento per la letteratura e per l’arte, e il cui correlativo è la moda, cantata da Baudelaire per la sua bellezza transitoria e fuggitiva. «Pittore della donna moderna» ‒ secondo la definizione della rivista di moda «Femina» del 1909 – Boldini sa fissare nelle sue tele lo spirito della sua epoca, catturandone quel fascino passeggero, esuberante e voluttuosamente elegante, segnato anche dalla moda, attributo distintivo della sua ritrattistica. Il pittore ferrarese si distingue infatti per il ritratto di società, conferendo ai suoi modelli un’allure speciale e di sapore mondano a prescindere dal loro censo.

Il talento dell’artista eccelle in particolar modo nella raffigurazione dell’abito nero, simbolo di distinzione e di mistero, protagonista della moda maschile e femminile di quegli anni, come si vede ad esempio nel ritratto di Cecilia de Mandrazo Fortuny, sposa del pittore catalano Mariano Fortuny i Marsal e madre del pittore, scenografo e fotografo, Mariano Fortuny, stilista in voga della Belle Époque. L’abito nero ritorna anche nel ritratto dell’avvenente attrice di teatro Alice Regnault, L’amazzone, immortalata a cavallo al Bois de Boulogne con un trasgressivo vestito da amazzone, unico indumento femminile confezionato da sartorie maschili per permettere alle signore di cavalcare senza scoprire le gambe.

Con le trasformazioni sociali della seconda metà dell’Ottocento, l’eleganza non è più appannaggio esclusivo dell’aristocrazia ma segno distintivo delle classi sociali in ascesa e in cerca di affermazione. Per le donne poi la moda è un mezzo di espressione della propria personalità e simbolo delle convenzioni che scandiscono i vari momenti della vita, come nel caso di Isabel Archer, protagonista del Ritratto di signora (1880-1881) di Henry James, citato per racchiudere lo spirito della Sala 4 “Ritratto di signora” appunto: «So che gran parte di me è nei vestiti che scelgo e che indosso». Spesso molte giovani abbienti parigine, o che si recavano nella capitale francese per rinnovare il guardaroba dai grandi couturier, posavano per un ritratto, e Boldini, come Whistler e Sargent si distingue per i suoi ritratti a figura intera che esaltano la femminilità. È il caso della Signorina Concha de Ossa, esposto in occasione dell’Esposizione Universale del 1889, e il cui successo segnò l’affermazione ufficiale del pittore ferrarese.  

Sensibile ai continui cambiamenti del gusto nella moda femminile, Boldini emerge nella rappresentazione di figure in déshabillé, come nel caso della Signora in rosa sul divano: in un’atmosfera informale e di rilassatezza una signora è assopita tra i cuscini di un divano avvolta in una vestaglia o in un tea-gown, l’abito da tè usato per ricevere gli ospiti più intimi, bordato di pelliccia. Dopo il tramonto della crinolina, capo d’abbigliamento che esalta la silhouette e sollecita l’immaginazione degli artisti è il corsetto, vero oggetto di seduzione, come si vede nella tela di Paul Helleu, Elegante di spalle con corsetto: un’ignota modella è raffigurata di schiena, in un primo piano ravvicinato, nell’atto di sfilarsi il vestito lasciando così intravedere il corsetto, complice strategico dell’abbigliamento femminile del tempo.

Non solo «pittore della donna moderna», Boldini è anche l’artista di alcuni quadri emblematici, come i ritratti di Lady Colin Campbell, seduttiva e emancipata, dell’esteta e dandy Robert de Montesquiou, e dell’amico pittore James Whistler. Artista e modello, in questi casi, si riflettono in un gioco di specchi nel reciproco processo di auto-affermazione della propria immagine pubblica. Gertrud Elizabeth Blood (1857-1911), che con la sua richiesta di divorzio da Lord Colin Campbell denunciò l’ipocrisia e la doppiezza della società vittoriana, in una lettera al pittore ferrarese scrive: «Tutti i pittori a Londra sono sul chi vive per questo ritratto. È opinione generale che Boldini sia il solo che possa farlo. A noi due dunque!». Il committente sceglie quindi il pittore à la page per raggiungere un dato risultato stilistico e veicolare un particolare messaggio e l’artista sceglie determinati soggetti in base alla notorietà per accrescere la propria fama. Quanto al conte Robert de Motesquiou-Fézensac, Boldini lo conobbe nel 1890 nel momento in cui il dandy si apprestava a posare per Whistler, per due ritratti, uno in nero – oggi alla Frick Collection di New York – e uno in grigio, incompiuto. Da qui quindi il quadro di Boldini, che sembra aver realizzato, in una tela emblematica, l’impresa mancata di Whistler. Ed è proprio l’autore di Les hortensias bleus (1896) che nel primo numero della rivista di moda, lusso e high life, «Les Modes» nel 1901, inaugurando la serie dedicata ai Pittori della donna, definisce Boldini il ritrattista della Parisienne della Terza Repubblica, capace di catturare l’essenza della femminilità, come nel caso della tela, riprodotta sulla rivista, Madame R.L., dove un’anonima “professionista della bellezza” dell’alta società è ritratta seduta con tailleur da passeggio, cappello e parasole.

Artista della sofisticata élite cosmopolita che gravitava nei salotti parigini, del raffinato spirito aristocratico, dello snobismo e della mondanità – che qualche anno dopo Marcel Proust avrebbe raccontato in À la recherche du temps perdu – Boldini alla volta del primo decennio del Novecento diventa più audace, valorizzando l’avvenenza dei corpi, con movimenti serpentini, promuovendo un canone femminile slanciato e elegantemente nervoso. È il caso di Miss Bell, tela che incanta la Sala 9 “Il tempo della mondanità” dove campeggia una frase proustiana «La frivolezza di un’epoca, quando le son passati sopra dieci secoli, è degna della più seria erudizione»: identificata con l’attrice Jeanne Marie Bellon, la misteriosa figura è resa in modo vivace e disinvolto colta con un’inquadratura dall’alto verso il basso.

Durante gli anni antecedenti lo scoppio della prima guerra mondiale, Boldini registra il cambiamento nel gusto del vestire con abiti dalle linee più rigorose e dai tessuti più decorati e preziosi. Con la complicità di alcune personalità fuori dal comune, come la modella inglese Lina Bilitis e l’eccentrica marchesa Casati, vere icone di moda ante litteram, Boldini dà vita a una nuova iconografia muliebre, rappresentando una donna emancipata, fatale, da ammirare. Si pensi al quadro Lina Bilitis con due pechinesi, esposto al Salon du Champ de Mars del 1913, recensito anche da «Vogue America» per la capacità del pittore ferrarese nel rendere la lucentezza delle sete, nere e verdi, dell’abito, o alla tela La marchesa Luisa Casati con piume di pavone, che ritrae Luisa Adele Rosa Maria Amman, sposa del marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, da cui ottiene il divorzio, amica e amante di D’Annunzio, musa di Giacomo Balla e Man Ray. Donne dagli occhi grandi e dalle labbra languidamente socchiuse, in pose sensuali, che anticipano il cinema e la fotografia glamour degli anni Venti e Trenta, trovano già in Boldini uno dei maggiori interpreti di quella femminilità che ha caratterizzato un’epoca mitica.

 

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Rossella Farnese

 

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Il tempo delle cattedrali: nostra signora di Parigi

Con la sua prima pietra posata sull’Île de la Cité nel 1163, la cattedrale di Notre-Dame de Paris è stata per quasi un millennio testimone della storia di Parigi, della Francia e dell’Europa, ne ha accompagnato le figure storiche e ispirato gli artisti, si è fatta culla di bellezza e di spiritualità, ha accolto fra le sue mura sovrani e diseredati.

Dalla cattedrale ancora in lavorazione, nel 1185, Eraclio di Cesarea ha indetto la Terza Crociata, mentre San Luigi ne fece forziere della miracolosa Corona di Spine nel 1239; Filippo il Bello la scelse come sede della prima riunione degli Stati Generali nel 1302, mentre Enrico IV d’Inghilterra volle essere incoronato Re di Francia al cospetto delle maestose vetrate gotiche di Notre-Dame nel 1431, preferendola alla tradizionale sede delle incoronazioni, la Cattedrale di Reims, come avrebbe fatto nel 1804 anche il neo-imperatore Napoleone; devastata durante la Rivoluzione Francese, Notre-Dame divenne sede del Festival della Ragione nel 1793, mentre nel 1944 Parigi vi celebrò la propria liberazione con un Magnificat e una Messa in Te Deum. Victor Hugo, nel suo Notre Dame de Paris (1831), l’ha trasformata nella casa del campanaro gobbo Quasimodo, perdutamente innamorato della zingara Esmeralda, contesagli dal bel capitano della guardia cittadina Febo e dall’arciprete Claude Frollo; Honoré de Balzac ne ha fatto la silenziosa testimone di un’avventura parigina dell’esiliato Dante Alighieri in I proscritti (1831), mentre il poeta Gérard de Nerval nelle sue Odelettes (1832) l’ha descritta come eterna sentinella dei millenni che si succedono. È stata dipinta da Jaques-Louis David e da Honoré Daumier, da Henri Matisse e da Marc Chagall, è stata cantata da Édith Piaf e da Paul Burani, da Léo Ferré e da Riccardo Cocciante. Il cinema l’ha fotografata più volte, con Un americano a Parigi (1951) o i disneyani Il gobbo di Notre Dame (1996) e Ratatouille (2007), Midnight in Paris (2011) e Before Sunset – Prima del tramonto (2004). Perfino il mondo dei videogame ha prestato il proprio omaggio alla cattedrale, che irrompe nel mondo virtuale in titoli come TimeSplitters 2 (2002), Civilization IV (2005), Assassin’s Creed Unity (2014) o Forges of Empires (2012).

Mentre Parigi cresceva e diventava uno dei centri nevralgici della vita e della cultura europee e mondiali, Notre Dame era lì, ad accompagnare e ospitare la sua storia: ha ospitato matrimoni, come quello di Maria di Scozia o di Enrico di Navarra, e funerali, come quello del Generale Charles de Gaulle o del Presidente François Mitterand, celebrando la vita e la morte dei parigini, accompagnandone i trionfi e le sconfitte, attraversando momenti di prosperità e di povertà, pesti e battaglie, occupazione e guerra, feste e rivoluzioni.

Un edificio come Notre Dame non è “solo” un monumento: è lo spirito di un popolo fatto pietra, simbolo dell’identità più profonda di una città, un paese, un continente, testimonianza incrollabile del meglio di cui l’umanità è capace, una bellezza e una spiritualità che superano le contingenze storiche e geografiche per parlare tutte le generazioni e tutte le genti, testamento di un popolo che affida la propria voce a mura e statue che abiteranno un futuro che alla carne è precluso.

L’intera umanità, non solo il popolo parigino o francese, ha rischiato di subire una ferita irrimediabile la sera del 15 aprile. Nostra Signora di Parigi è danneggiata, ma siede ancora sul suo trono, sull’Île de la Cité, dal quale veglia sulla città da novecento anni, testimone, protagonista e custode di una storia che le sarà affidata, si spera, per ancora molti, molti anni.

Giacomo Mininni

[foto di Stephanie LeBlanc tratta da Unsplah.com]

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Marguerite Gautier: la critica alla morale borghese di una mantenuta

Marguerite Gautier non esiste, è solo un tratto di penna di Alexandre Dumas figlio. Però, e forse proprio dal momento che non esiste, Marguerite Gautier è anche allo stesso tempo concreta. Ma non perché il suo personaggio – protagonista del romanzo La signora delle camelie (1848) – è in realtà l’alter-ego cartaceo di Marie Duplessis, celebre mantenuta parigina del XIX secolo, quanto più che altro è reale la tensione critica nel suo stesso personaggio, tensione che si può pensare come ad un’onda la quale, biancheggiando, travolga ciò che incontri sul suo percorso – le ubiquità e le ipocrisie della morale borghese del XIX secolo.

Ma chi è Marguerite Gautier? Innanzitutto, è una mantenuta – un aggettivo socialmente accettabile per identificare una virago d’alto borgo. Socialmente accettabile, appunto: in ossequio a tutte le convezioni borghesi, la signora delle camelie (chiamata in tal modo per via della sua abitudine di portare con sé bouquets di camelie bianche e rosse1) interpreta il ruolo che la Parigi di inizio Ottocento ha già sancito per lei e per tutte le donne in condizioni simili alla sua con dovizia, si potrebbe dire, perché è nota nel “bel mondo” non solo per il numero e per la condizione sociale degli amanti che ella ha “accettato”, ma anche per il suo amore per l’agio. Prostituta come mantenuta, mantenuta come donna incontinente nella passione amorosa e sregolata nel lusso, quindi: ecco come la società borghese pensa alle donne che sono costrette dalle contingenze materiali a diventare “pubbliche”, ossia come a meri gusci di carne incapaci di esperire veramente l’amore, ma solo di godere degli erotici furori, in grado tutt’al più di capire come spendere al meglio, in «mobili di legno di rosa e di Boule»2 o in «vasi di Sèvres o della Cina»3, i franchi richiesti ai propri amanti.

E all’inizio del romanzo Marguerite sembra non dolersi affatto del ruolo impostole dalla società, perfino inconsapevole che quest’ultima sembri negare in lei qualsiasi dignità. Tuttavia, presto qualcosa cambia nella sua esistenza, e muta nel momento in cui il ventiquattrenne Armand Duval la sfiora per la prima volta con i suoi occhi, innamorandosene poi profondamente. Perché in Marguerite avviene, a poco a poco, un mutamento inaspettato: si innamorerà a sua volta totalmente del giovane Duval. Al punto da scegliere di tagliare il legame che la univa, gravandola, al suo passato di mantenuta. Al punto da vagheggiare una vera nuova esistenza, nella campagna ai sobborghi di Parigi, con Armand. Un cambiamento assolutamente imprevisto, questo, un fenomeno nuovo che permette di comprendere appieno le ubiquità, le ipocrisie, la generale stolidità delle categorie della morale borghese.

Sì: legandosi con amore sincero ad Armand, Marguerite rivela alla Parigi inizio-ottocentesca che anche le mantenute sono esseri umani capaci di provare vero amore oltre le simulazioni che di esso possono offrire sotto le lenzuola, e di provare un amore tale da scegliere anche di compiere il sacrificio estremo della propria personale felicità in cambio della felicità e della libertà del proprio amato. La signora delle camelie insegna, insomma, che le donne cosiddette “pubbliche” abbiano la medesima dignità ontologica delle donne “private”, ossia sposate. E che il loro valore ontologico è umiliato ed offeso dai preconcetti borghesi proprio come quello delle signore “perbene” di Parigi. Umiliato ed offeso, per la precisione, dalle ipocrisie e dalle ubiquità. Perché, da un lato, la morale del tempo considera le mantenute niente più che “peccatrici”, ma allo stesso tempo approva che i giovani nobili ne cerchino i favori – in quanto ciò rende più prestigioso il nome di questi ultimi. Perché poi, da un lato, l’etica borghese afferma di onorare come il patto umano più inviolabile il vincolo del matrimonio, mentre poi sembra allo stesso tempo “chiudere un occhio” quando le infedeltà coniugali sono perpetrate dal marito. Perché, infine, la morale borghese pretende, da un lato, di essere la concrezione delle idee illuministe di valorizzazione di ogni essere umano nella sua unicità, mentre poi segretamente considera tanto le mantenute come le mogli nulla più che oggetti – le une per il divertimento, le altre per la procreazione.

Sopra tutto ciò passa l’onda della figura di Marguerite Gautier, un’onda di piena che travolge nel suo impeto i disvalori borghesi, lasciando dietro di sé quel terreno fertile, ricco di limo, perché nuovi contenuti assiologici post-borghesi possano crescere – orientati al rispetto dell’irripetibilità di ogni persona vivente.

 

Riccardo Coppola

 

NOTE
1. Cfr. A. Dumas (figlio), La signora delle camelie, in I 7 magnifici capolavori della letteratura francese. Stendhal, La certosa di Parma; Balzac, Eugénie Grandet; Hugo, Notre-Dame de Paris; Flaubert, Madame Bovary; Dumas (figlio), La signora delle camelie; Zola, Thérèse Raquin; Maupassant, Bel-Ami, a cura di L. Collodi, Newton Compton Editori, Roma 2018, p. 1038.
2. Ivi, p. 1034.
3. Ibidem.

 

[immagine tratta da Google Immagini]

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Libri selezionati per voi: luglio 2018!

“Luglio col bene che ti voglio vedrai non finirà.
Luglio m’ha fatto una promessa l’amore porterà.
Anche tu, in riva al mare tempo fa, amore, amore
mi dicevi: “luglio ci porterà fortuna” poi non ti ho vista più;
vieni, da me c’è tanto sole ma ho tanto freddo al cuore
se tu non sei con me”.

Recita così una famosa canzone della storia della musica italiana, che ancora oggi con la sua melodia ci porta indietro nel tempo, ad una di quelle estati in cui il mare lo si raggiungeva con la Vespa, senza traffico per strada e con addosso un paio di quegli occhiali che oggi definiamo vintage. Non fate come il suo autore però: quest’estate non lasciatevi sopraffare dalle pene d’amore! Per noi le opzioni sono due: o storie d’amore a lieto fine, o una bella lettura sotto l’ombrellone, perciò ecco a voi i nostri consigli del mese.

 

ROMANZI CONTEMPORANEI

occhi-gialli-dei-coccodrilli-la-chiave-di-sophiaGli occhi gialli dei coccodrilli – Katherine Pancol

Se cercate una lettura corposa, divertente e coinvolgente per l’estate appena iniziata, questo libro è giusto per voi. Numerosi e vari i personaggi che vi intratterranno: prima su tutti la protagonista Josephine. Disillusa, impacciata e studiosa del Medioevo si dovrà fare carico della vita familiare dopo essere stata abbandonata dal marito. La sua storia personale si intreccia a quella della figlia maggiore, ragazza sveglia e intraprendente; a quella della favolosa e invidiabile sorella; e a quella della madre, spietata e opportunista. Grande successo editoriale in Francia, il romanzo è completato da altri due testi: Il valzer lento tartarughe e Gli scoiattoli di Central Park sono tristi il lunedì. Trilogia imperdibile!

la-chiave-di-sophia-vivere-stanca-izzoVivere stanca – Jean-Claude Izzo

I bassifondi della Marsiglia di un tempo fanno da sfondo a questa raccolta di racconti di Izzo, scrittore francese dalle origini italiane. In particolare, il porto cittadino e i suoi personaggi emblematici ci parlano di crudeltà, lotte e amori impossibili, elementi tutti tinti di noir, tratto caratteristico dell’autore. Letture veloci, ideali per chi è di fretta, per chi ha i bambini che sgattaiolano in spiaggia da sorvegliare, per chi vuole scoprire il volto della Marsiglia di una volta.

 

UN CLASSICO

chiave-di-sophia-malavogliaI Malavoglia – Giovanni Verga (1881)

Protagonisti del romanzo sono i Toscano, detti anche “Malavoglia”, una famiglia tradizionale, basata su un sistema patriarcale, dove il vecchio padron ‘Ntoni, capofamiglia indiscusso, presiede sui figli e sui nipoti, ispirandosi ai vecchi proverbi che mai lo tradiscono. Ciò rende la vita della famiglia socialmente chiusa, legata ad abitudini che da secoli si presentano immutate, tramandate di generazione in generazione. Ne deriva un necessario sconvolgimento dei fatti, non appena subentra il “nuovo”, difficilmente accolto da chi non è in grado di cambiare davvero. Fedele rappresentazione di uno spaccato sociale, Verga si fa portavoce di una denuncia sociale, arricchendo la narrazione di tematiche profonde e sentite che scavano tra le debolezze e le difficoltà umane.

 

UN SAGGIO

lo-zen-e-la-cerimonia-del-te_la-chiave-di-sophiaLo zen e la cerimonia del tè – Kakuzo Okakura

Questo libricino di Kakuzo Okakura è un vero e proprio must per chi voglia mettere un dito nella sconfinata, profondissima e delicatissima cultura orientale; non a caso, venne scritto nel lontano 1906 in lingua inglese da un orientale agli occidentali. L’estate sembra non essere fatta per i saggi, ma voi provate a portarvi sotto l’ombrellone questo volumetto di un centinaio di pagine e lasciatevi immergere nella «tazza dell’umanità», dove Oriente e Occidente trovano il loro proprio punto di incontro. Il tè assurge a simbolo di una sensibilità ed un pensiero orientali descritti attraverso due discipline: il taoismo e lo zen (una declinazione giapponese del buddismo); entrambe delineano un’estetica che intreccia l’arte allo stare al mondo, tanto che «distruggendo la bellezza della vita, distruggiamo anche l’arte».

 

JUNIOR

chiave-di-sophia-respirazione-bocca-a-bocca-alla-balenaRespirazione bocca a bocca alla balena – Alberto Rebori, Alberto Casiraghy

Un breve libricino dalle immagini chiare e il testo didascalico, utile per ragionare sulle grandezze e per ideare qualche attività su questo tema. Fare la respirazione bocca a bocca ad una balena, se seguite i suggerimenti degli autori non sarà più una mission impossible! Lettura simpatica per tutti i bambini della scuola primaria, ideale per queste vacanze. Chi non vorrebbe avvistare una balena all’orizzonte durante una giornata in riva al mare?

fiato-sospeso-chiave-di-sophiaFiato sospeso – Silvia Vecchini, Sualzo

Vado subito al dunque, perché è il seguente pregiudizio ciò che il libro vuole sanare: se frequentate la scuola media e soffrite di allergia e dermatite, farete molta fatica a crearvi delle amicizie. È questo il caso di Olivia, ragazzina intelligente ed energica con la passione per il nuoto. In acqua la ragazzina si sente allo stesso tempo libera e protetta; libera di essere se stessa e protetta dagli sguardi dei compagni. In seguito ad un furto ai danni della sua scuola, Olivia vorrà scoprire chi è stato il colpevole; lo farà accompagnata dall’unico vero amico di sempre e dalla ragazza che tanto la derideva. Come forse intuirete, il finale di questo fumetto sarà all’insegna dell’amicizia.. Una vera rivincita per la nostra protagonista!

 

Federica Bonisiol, Giorgia Favero, Anna Tieppo

 

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Film selezionati per voi: maggio 2018!

Se la cinematografia è riconosciuta come la settima arte un motivo deve ben esserci! Ne conoscono sicuramente più di uno i nostri esperti in materia, che anche questo mese ci regalano un’ampia e variegata lista di titoli dai quali lasciarci tentare.

Buona visione a tutti!

FILM IN USCITA

chiave-di-sophia-isola-dei-cani-1L’isola dei cani – Wes Anderson
Il ritorno alla regia di uno degli autori più amati del cinema statunitense è un originalissimo omaggio animato alla cultura orientale e giapponese. Nove anni dopo lo strepitoso Fantastic Mr. Fox, Wes Anderson torna a cimentarsi con un altro film in stop-motion dove i protagonisti sono, ancora una volta, gli animali. Ambientato nel Giappone del 2037, L’isola dei cani è un originalissimo appello ad andare sempre oltre le diversità di genere, ad amare gli animali e a non smettere mai di ribellarci a ciò che ci sembra ingiusto. Un piccolo gioiellino visivo che riesce a intrattenere lo spettatore, offrendogli una serie di importanti spunti di riflessione. USCITA PREVISTA: 1 maggio 2018.

chiave-di-sophia-loro-dueLoro 2 – Paolo Sorrentino
Seconda e ultima parte del dittico cinematografico dedicato alla figura di Silvio Berlusconi, “Loro 2” promette un finale interamente dominato dalla controversa figura dell’ex premier italiano. Dopo una prima parte in cui Berlusconi è rimasto quasi sempre fuori campo, questo secondo film sembra destinato ad approfondire la figura del Cavaliere, preferendo sempre una visione onirica e introspettiva dei personaggi alla mera cronaca dei fatti. Un tripudio visivo e stilistico per raccontare una delle pagine più controverse della politica italiana di questo secolo. USCITA PREVISTA: 10 maggio 2018.

chiave-di-sophia-mektoub-my-love-canto-unoMektoub, My Love (Canto Uno) – Abdellatif Kechiche
Torna al cinema il regista del controverso La vita di Adele, con una rilettura estremamente fisica e carnale del romanzo “La blessure, la vraie” di François Bégaudeau. Presentato in concorso alla settantaquattresima Mostra del cinema di Venezia, questa prima parte di un’ideale trilogia cinematografica, racconta il ritorno, nella sua città natale, del giovane Amin, studente desideroso di vivere i piaceri e le passioni dell’adolescenza, senza rinunciare a inseguire i suoi sogni. Un viaggio coloratissimo e spregiudicato nella gioventù d’oggi. Un baccanale cinematografico che ha diviso in due la critica mondiale tra chi l’ha vissuto come un’esperienza visiva estremamente appagante e chi ne è invece rimasto altamente perplesso. Un titolo imperdibile per gli amanti del cinema d’autore. USCITA PREVISTA: 24 maggio 2018.

chiave-di-sophia-meraviglie-del-mare-minLe meraviglie del mare – Jean-Michel Cousteau

Un viaggio dalle Isole Fuji alle Bahamas: questa la straordinaria esperienza intrapresa dal regista Jean-Michel Cousteau con i figli Celine e Fabien e con la sua troupe. Le meraviglie del mare è un documentario che esplora oceani sconosciuti e indaga ciò che li minaccia, diretto da Cousteau e raccontato da Arnold Schwarzenegger, un omaggio al mare e un invito a salvaguardarlo. USCITA PREVISTA: 17 maggio 2018

chiave-di-sophia-manon-royal-opera-houseRoyal Opera House: Manon

Dal racconto di Kenenth MacMilan sul tragico amore tra Manon e Des Grieux un capolavoro del balletto moderno. La settecentesca Histoire du chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut è un pilastro del Royal Ballet: la prima si svolse il 7 marzo 1974 interpretata da Antoinette Sibley e Anthony Dowell. Appassionati pas de deux, che ricordano l’intensità del Romeo e Giulietta, e spettacolari scene corali, che creano ritratti vividi e complessi delle società di Parigi e di New Orleans, caratterizzano una delle più coinvolgenti danze drammatiche. USCITA PREVISTA: 3 maggio 2018

 

UN FILM SUL PASSATO

In occasione del cinquantenario degli avvenimenti del “Maggio ’68”

chiave-di-sophia-qualcosa-nell-ariaQualcosa nell’aria (Après mai) – Olivier Assayas

Parigi, primi anni Settanta. Gilles è un liceale che vive la contraddizione tra l’impegno politico nei collettivi studenteschi e la volontà di intraprendere un percorso individuale. Lasciato da Laure, Gilles va in Italia con alcuni amici e con la nuova fidanzata Christine, fuggendo così alle indagini sul ferimento di un vigilante. Iscritto all’Accademia di Belle Arti, in lui si fa strada l’idea di dedicarsi al cinema. Premio per la migliore sceneggiatura nel 2012 alla 69° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Something in the air – titolo inglese – racconta le contraddizioni di Assayas e il suo percorso di uomo e di cineasta in una pellicola intrisa di malinconia e della vivacità culturale degli anni Settanta.

 

UN FILM PER RAGAZZI

chiave-di-sophia-dumaDuma – Carroll Ballard

L’amicizia per i nostri bambini e ragazzi è un’esperienza speciale, imprescindibile per la loro crescita emotiva ed affettiva. In questo film l’amico di Xan, il ragazzo protagonista, è un amico d’eccezione: è simpatico, peloso e viaggia a quattro zampe..è un cucciolo di ghepardo! Se siete amanti degli animali e se vi piace l’avventura, non perdete l’occasione di rispolverare questo film del 2005, visione ideale per un party di compleanno tra amici o per un pomeriggio in famiglia!

 

Alvise Wollner, Rossella Farnese, Federica Bonisiol

 

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Film selezionati per voi: aprile 2018!

A voi amanti del cinema, ecco i consigli del mese firmati dai nostri esperti in materia. Ve li introduciamo con una citazione di Nanni Moretti tratta dal film classico recensito…

Silvia: Speriamo che nostro figlio non diventi un attore!
Nanni: Silvia, ma che discorsi fai… speriamo che non diventi un attore… noi gli impediremo di fare l’attore!

Buona visione a tutti e buona fortuna agli aspiranti attori che ci leggono!

 

FILM IN USCITA

chiave-di-sophia-prigioniero-coreanoIl prigioniero coreano – Kim Ki-Duk

«Dove c’è una forte luce c’è sempre una grande ombra»: questa la risposta emblematica data a Nam Chul-Woo, povero pescatore nordcoreano che si chiede in cosa consista la democrazia. Un film esplicitamente politico l’ultimo di Kim Ki-Duk che torna alle proprie origini per l’attenzione prestata agli emarginati e per la durezza delle situazioni portate sullo schermo. Nam Chul-Woo ha nella sua barca l’unica proprietà ma un giorno mentre si sta occupando delle reti gli si blocca il motore in prossimità del 38° parallelo, al confine tra le due Coree, così la corrente del fiume lo trascina verso la Corea del Sud. Qui, preso sotto controllo e trattato come una spia, il pescatore, che crede nel duro regime di Kim Jong, si trova a contatto con l’inferno capitalistico per le strade di Seoul, dove può girare controllato a distanza e notare i segni deteriori della società, quali la prostituzione. USCITA PREVISTA: 12 aprile 2018

chiave-di-sophia-amore-doppioDoppio amore – François Ozon

L’altro, inteso come la donna e il doppio, è il fulcro dell’ultima pellicola di François Ozon, thriller psicologico e étude de femme. Chloé, giovane donna fragile, intraprende un percorso psicoterapeutico ma Paul, lo psichiatra che la ascolta senza mai dire nulla, interrompe le sedute perché la seduzione che Chloé esercita su di lui è incompatibile con la deontologia professionale. La donna ricambia però il sentimento e inizia così la liaison traslocando con il suo gatto a casa di Paul, che le nasconde il suo lato oscuro: un gemello omozigote, Louis, che svolge la medesima professione in un altro quartiere di Parigi. Fatale e intrigata Chloé prende un appuntamento, iniziando la sua progressiva caduta agli inferi. USCITA PREVISTA: 19 aprile 2018

chiave-di-sophia-la_casa_sul_mare_-_manifestoLa casa sul mare – Robert Guédiguian

Assorto e appassionante racconto di crisi, La casa sul mare è un aggraziato e disilluso addio in un tableau assolato, a Méjan, cala marina tra Marsiglia e Carry, dove tre fratelli si riuniscono per vegliare il padre, colpito da un ictus. Angèle, attrice, Joseph, professore, e Armand, ristoratore di anime, si misurano con la morte di un padre e delle utopie rivoluzionarie di una nazione che ha smarrito lo slancio e l’azione. L’irruzione di tre bimbi, naufraghi sulle sponde del Mediterraneo – doppio speculare dei tre protagonisti – li sconvolge segnando un nuovo inizio. USCITA PREVISTA: 12 aprile 2018

 

UN FILM D’ANIMAZIONE

chiave-di-sophia-sherlock-gnomesSherlock Gnomes  John Stevenson
Dopo i 194 milioni di dollari incassati da Gnomeo e Giulietta, a fronte di un budget realizzativo di soli 36 milioni, non è certo una sorpresa che la Rocket Pictures di Elton John abbia deciso di produrre questo divertente sequel dedicato al mondo degli gnomi. Collegandosi ai protagonisti del primo film, Sherlock Gnomes è un piccolo ma riuscito prodotto di intrattenimento per tutta la famiglia grazie a un efficace mix di mistero, risate e simpatia. Ideale per una serata dedicata ai bambini. USCITA PREVISTA: 19 APRILE 2018

 

UN CLASSICO DEL CINEMA

chiave-di-sophia-aprileAprile – Nanni Moretti
Il mese e la situazione politica in cui ci troviamo, non possono far altro che richiamare alla mente uno dei grandi classici della filmografia di Nanni Moretti. Considerata ingiustamente da molti come un’opera minore, tra le tante girate dal regista capitolino, “Aprile” è una satira attualissima sul cambiamento politico vissuto dall’Italia nel 1994 e sulle ossessioni dello stesso Moretti che, oltre a fare il regista, si diverte a raccontare le sue manie personali davanti alla macchina da presa. La sequenza iniziale della prima elezione di Berlusconi ha fatto storia, il resto è un ottimo ritratto personale e politico di un’Italia in cui (forse) ancora oggi viviamo.

 

UN FESTIVAL CINEMATOGRAFICO

chiave-di-sophia-le-voci-dellinchiestaLe voci dell’inchiesta @ Pordenone
Nonostante aprile sia per antonomasia il mese del Far East Film Festival di Udine (la più importante rassegna italiana dedicata al cinema dell’estremo Oriente), da mercoledì 11 a domenica 15 il Friuli ospiterà un evento altrettanto importante, incentrato sul cinema d’autore. A Pordenone è infatti di scena l’undicesima edizione de “Le voci dell’inchiesta”, festival del cinema del reale nato con l’intento di presentare in anteprima italiana film in grado di esplorare il genere del giornalismo d’inchiesta. Negli ultimi anni il focus del festival si è sempre più spostato verso temi d’attualità, contaminando il genere giornalistico con il cinema del reale. Una rassegna imperdibile di documentari, quasi tutti in anteprima nazionale o europea, impreziosita dalla presenza di importanti ospiti internazionali provenienti dal mondo del cinema e del giornalismo. Tutte le proiezioni saranno aperte al pubblico, biglietti e abbonamenti disponibili online o alle casse di Cinemazero, in Piazza Maestri del Lavoro a Pordenone.

 

Rossella Farnese, Alvise Wollner

 

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Film selezionati per voi: febbraio 2018!

«Tre film al giorno, tre libri alla settimana, dei dischi di buona musica basteranno a fare la mia felicità».

Sulla scia delle parole di François Truffaut, ecco a voi la nostra selezione cinematografica per il mese di febbraio: appuntamenti imperdibili con grandi registi, come Steven Spielberg e Clint Eastwood, e con pellicole da Oscar come The Shape of Water, premiato con il Leone d’oro al Miglior film all’ultima edizione del Festival del cinema di Venezia. Ma non solo: vi proponiamo anche un documentario nientemeno che su Caravaggio, un film d’animazione e un grande classico. Buona visione!

 

FILM IN USCITA

la-forma-dellacqua-la-chiave-di-sophiaLa Forma dell’acqua – Guillermo de Toro

U.S.A., 1962. Elisa, affetta da mutismo, è un’addetta alle pulizie in un laboratorio scientifico di Baltimora ed è legata da profonda amicizia a Zelda, collega afroamericana che lotta per affermare i propri diritti nel matrimonio e nella società, e a Giles, vicino di casa omosessuale discriminato. In un mondo alienato, alienante e dall’apparenza rassicurante, Elisa, condannata al silenzio e alla solitudine, vive una fantasmagorica storia d’amore con una creatura anfibia che sopravvive in cattività in laboratorio, un mostro intelligente e sensibile. Un film, quasi un lento incubo, sospeso tra acqua, aria e nevrosi terrestri, quali la guerra fredda e la paura del diverso. USCITA PREVISTA: 15 febbraio 2018

the-post-la-chiave-di-sophiaThe post – Steven Spielberg

Thriller politico, manifesto della trasparenza e della libertà di stampa, The Post racconta la storia della pubblicazione dei cosiddetti Pentagon Papers, documenti top secret del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, avvenuta agli inizi degli anni Settanta sul The Washington Post. Kay Graham – interpretata da Meryl Streep – prima donna alla guida della prestigiosa testata e Ben Bradlee – interpretato da Tom Hanks – direttore del giornale mettono a rischio la loro carriera nell’intento di portare pubblicamente alla luce ciò che quattro presidenti hanno insabbiato e nascosto. USCITA PREVISTA: 1 febbraio 2018

ore-1517-attacco-al-treno-la-chiave-di-sophiaOre 15.17 Attacco al treno – Clint Eastwood

Il 21 agosto 2015 i media divulgano la notizia di un tentato attacco terroristico di matrice islamica sul treno Thalys 9364 diretto a Parigi sventato da tre coraggiosi giovani americani. Nella sua nuova pellicola Clint Eastwood ripercorre le vite dei tre amici, Anthony Sadler, Spencer Stone e Alek Skarlatos, basandosi sulla loro stessa autobiografia The 15:17 to Paris: The True Story of a Terrorist, a Train, and Three American Heroes. USCITA PREVISTA: 8 febbraio 2018

 

UN FILM D’ANIMAZIONE

i-primitivi la chiave di sophiaI primitivi – Nick Park

Inizia all’alba dei tempi, tra creature preistoriche e natura incontaminata, il cartone animato più interessante del mese di febbraio. “I primitivi” racconta la storia di un uomo delle caverne che riesce a unire le forze dei suoi compagni di tribù per combattere le mire di un nemico cattivo durante il passaggio storico dall’età della pietra a quella del bronzo. Storia, azione e divertimento si mescolano in maniera efficace in questa pellicola con le voci di una serie di illustri doppiatori italiani come Riccardo Scamarcio, Paola Cortellesi e Salvatore Esposito (il Genny Savastano di “Gomorra”). Un film leggero ma con interessanti spunti didattici e un messaggio ricco di valori condivisibili, ideale per una serata in famiglia. USCITA PREVISTA: 8 FEBBRAIO

UN DOCUMENTARIO

caravaggio la chiave di sophiaCaravaggio: l’anima e il sangue – Jesus Garces Lambert

Dopo il grande successo riscosso nel 2017 dalle pellicole dedicate ai grandi maestri dell’arte, anche quest’anno al cinema si rinnova l’appuntamento con la pittura sul grande schermo. A febbraio il protagonista assoluto sarà Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio, la cui arte è stata immortalata dal francese Jesus Garces Lambert. Un’approfondita ricerca documentale negli archivi che custodiscono traccia del passaggio dell’artista, conduce lo spettatore in una ricostruzione sulle tracce e i guai di Caravaggio, alla scoperta delle sue opere. Quaranta i dipinti analizzati nel film che, grazie all’impiego di evolute elaborazioni grafiche, di macro estremizzate e di lavorazioni di luce ed ombra, prendono quasi vita e corpo, si confondono con la realtà dando una percezione quasi tattile. A impreziosire il tutto è la voce narrante di Manuel Agnelli, leader della band Afterhours, al suo debutto nel genere documentario. Un film da non perdere, in sala solo per tre giorni: il 19, 20 e 21 febbraio.

UN CLASSICO DEL CINEMA

diritto-di-cronaca la chiave di sophiaDiritto di cronaca – Sydney Pollack

Nel mese in cui esce al cinema l’atteso “The Post” di Steven Spielberg, è giusto riscoprire un interessante film del 1981 che ha ispirato, per molti aspetti, la nuova pellicola con Tom Hanks e Meryl Streep. In “Diritto di cronaca” la morte di un sindacalista a Miami scatena sia le indagini della polizia sia quelle di una giovane giornalista locale. Finito in un vicolo cieco, l’investigatore Rosen decide di sfruttare l’intraprendenza della reporter per venire al bandolo dell’intricata matassa, ma riuscirà soltanto a mettere nei guai un onest’uomo imparentato con la mala. Il problema della libertà di stampa e del diritto di informare a tutti i costi sono alla base della storia, forse non tra le più riuscite del compianto Sydney Pollack, che si muove sempre alla ricerca di una scomoda verità. Nel lungo filone di film dedicati al giornalismo “Diritto di cronaca” rimane un titolo da vedere almeno una volta per capire quanto il mondo del giornalismo abbia da sempre affascinato la settima arte.

 

Rossella Farnese, Alvise Wollner

 

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L’umanizzazione di un genio: “Il mio Godard” di Michel Hazanavicius

Ritratto appassionato e narcisistico divertissement: questi i due poli tra cui si snoda l’ultima pellicola del regista francese Michel Hazanavicius, Il mio Godard, in anteprima e in concorso al Festival di Cannes 2017, distribuito nelle sale italiane dal 31 ottobre.

Il film, basato su Un an après, autobiografia dell’attrice Anne Wiazemsky, prima moglie di Jean-Luc Godard, interpretata dalla splendida Stacy Martin, è una rivisitazione personale della parabola artistica di uno degli esponenti di maggiore spicco della Nouvelle Vague e dell’anticonformista rapporto sentimentale e lavorativo del cineasta con la giovane attrice.

Come coniugare vita privata e vita professionale e quale ruolo ha l’artista nel proprio tempo, dunque: questo il doppio fil rouge scelto da Hazanavicius nell’indagare la figura di Godard in una pellicola suddivisa in capitoli che ripercorrono la distribuzione di La chinoise, film accolto negativamente in una Parigi 1967 che sfila verso il maggio dell’anno successivo, il Festival di Cannes del 1968 interrotto per le proteste, il maoismo, le manifestazioni contro la guerra in Vietnam, la fondazione del cinema collettivo con il Gruppo Dziga Vertov, il rapporto controverso con Bertolucci.

Sullo sfondo quindi l’imprescindibile contesto storico con cui la cinematografia di Godard intrattiene legami indissolubili: il regista di À bout de souffle avverte infatti la necessità di una svolta in chiave di engagement, l’urgenza cioè di fare un cinema rivoluzionario non solo per i modi ma anche per i contenuti, non solo una nouvelle vague che trasgredisce il cosiddetto e impersonale “cinéma de papa” ma un cinema realmente rivoluzionario, che corrode la civiltà dei consumi e della mercificazione dei rapporti umani e che rifiuta il ruolo del regista nella convinzione che esso sottintenda un’ideologia autoritaria e gerarchica. Un uomo a tutto tondo Jean-Luc Godard, appassionato della vita e innamorato con un amore totale, ma asfittico e insensibile, della sua Anne, interprete di Veronique in La chinoise. Jean-Luc la vorrebbe tutta solo per sé sul set e a casa, come inseparabili compagni ovunque, diventando così geloso e cieco verso la maturazione professionale e personale della giovane e brillante ragazza di vent’anni più giovane. Parallelamente il Godard regista, protagonista in prima linea del maggio parigino, si interroga sul senso del fare cinema e sul ruolo dell’intellettuale: artista, creativo, estetico – come era stato nella sua prima stagione – ma anche impegnato, sovversivo, ideologico – come sarà nella sua seconda fase.

Nel tentativo di far coabitare le due anime, del regista Godard e dell’uomo Jean-Luc, Hazanavicus scade talvolta nel cliché, collezionando esibizionismi stilistici forzati, accumulando luoghi comuni e brandelli di antigrammatica godardiana in un film d’autore elegante e lezioso che nell’intento di ridicolizzare l’intoccabile Godard mette solo alla berlina se stesso.

Nessuno è perfetto o tutto è criticabile – suggerisce Hazanavicius ‒ e anche Godard da leggenda diventa macchietta: il regista di The Artist e di The Search ammira inevitabilmente JLG – sigla da cinefili – ma odia il contraddittorio Jean-Luc, borghese e regista di La chinoise, così il comico refrain della rottura degli occhiali scuri del cineasta puntualmente schiacciati durante ogni protesta, simbolo di un’irrimediabile miopia di Godard verso la sua epoca e verso Anne.

Il risultato è – come d’altronde nel titolo italiano – un Godard visto dalla lente di Hazanavicius, ridicolizzato e umanizzato al tempo stesso, il fondatore della Nouvelle Vague che guarda direttamente verso la sua stessa macchina da presa, fragile e in crisi, contraddittorio come tutti e per questo vivo.

Un film per tutti, non certo adatto per conoscere la figura di Godard ma sicuramente denso di spunti di riflessione e apprezzabile per il taglio scelto da Hazanavicius che compie un’operazione consapevole, cioè raccontare una propria passione inevitabilmente dal proprio punto di vista, quindi in modo soggettivo quindi in modo parziale, in una pellicola metacinematografica che riesce a intrattenere tutti, forse proprio per quelle distorsioni, per quei cliché ridondanti poco graditi dai critici.

Quanto agli amanti di Godard e della Nouvelle Vague, a mio avviso, escono dalle sale entusiasti, divertiti e ancora più radicalizzati nella loro passione cinefila, per una scenografia-confetto, quasi alla Wes Anderson, in un’amabile e ambivalente Parigi da cliché, rivoluzionaria e Coco Chanel, e per la brillante interpretazione di Louis Garrel, che da attore bello e tenebroso ha colto l’essenza del Godard di Hazanavicius, cinico e snob, spavaldo e umano, immortale come la frase che scandisce con amara nonchalance il film – Le Redoutable nell’originario titolo francese – leitmotiv del reportage sul sottomarino nucleare francese costruito nel 1967: «Così va la vita, a bordo del Redoutable».

 

Rossella Farnese

Rossella (11 agosto 1992), dopo studi classici, ha conseguito con lode presso l’Università degli studi di Padova la Laurea triennale in Lettere Moderne e specialistica in Filologia Moderna e Critica Letteraria.  È appassionata di letteratura, cinema, musica e teatro, ama l’arte e la natura. 
 

[Immagine tratta da Google Immagini]

Sul detto comune “Forse non tutti i musulmani sono terroristi…”

L’aveva capito Immanuel Kant quando, nel 1793, pubblicò il saggio Sul detto comune “Questo può valere in teoria, ma non vale per la pratica”: i proverbi, i modi di dire, i “detti comuni” appunto, sono più di semplici espressioni idiomatiche e di costume, sono vere e proprie cartine al tornasole del sentire comune, della mentalità collettiva. Possono quindi creare una specifica forma mentis e le basi di un sistema di pensiero, quando non ne siano già indicatori.

È questo il caso, oggi, di un detto che sentiamo fin troppo spesso, attribuito a Oriana Fallaci e diffusosi in maniera endemica dai bar ai social network ai talk show: “Forse non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani”, un brillante sunto di teologia, analisi sociopolitica e psicologia che non lascia troppi dubbi in quanto a letture della crescente instabilità che affligge ormai ogni parte del mondo. Peccato che, come sottolineò lo stesso Kant, spesso questi detti siano pure idiozie glorificate da una facile retorica. L’attentato a Londra del 19 giugno e quello a Parigi del 29 giugno dovrebbero già essere valide confutazioni del detto preso in esame, ma lasciando da parte gli attacchi ad opera di singoli, prendiamo in considerazione invece alcuni gruppi terroristici organizzati non islamici.

In Israele, un numero crescente di nuovi coloni, ebrei sionisti, ha compiuto decine di attentati ai danni della popolazione civile palestinese (il più delle volte: nel 2015, l’attentatore scambiò un ragazzo ebreo per un arabo e lo uccise con un coltello), omicidi tesi a rivendicare la totale sovranità ebraica della Terra Santa.

In Birmania, l’etnia rohingya, di religione islamica, è sistematicamente vittima di attentati ad opera di gruppi paramilitari che si dichiarano seguaci del buddhismo theravāda, che agiscono su base nazionalista e razzista. Il tutto, peraltro, avviene con il complice silenzio del Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, ora alla guida del Paese.

Nella Repubblica Centrafricana, le milizie cristiane degli anti-balaka compiono stragi coordinate e brutali ai danni della popolazione musulmana (lo stesso termine “anti-balaka” rimanda ad una contrapposizione religiosa, e può essere tradotto con “anti-musulmano”), con attacchi mirati ai civili.

In India, estremisti indù afferenti al partito del Primo Ministro Narendra Modi, il BJP, organizzano repressioni violente nei confronti delle minoranze non induiste del Paese, arrivando a imporre in alcune regioni (anche popolose e rilevanti come lo stato del Gujarat) una legge ispirata ai precetti indù, una vera e propria “shari’a induista” che punisce con l’ergastolo chi uccide una mucca.

Esisterebbero molti altri esempi anche al di fuori dell’ambito religioso e confessionale, come i movimenti del suprematismo bianco negli Stati Uniti o i rinati movimenti anarchici in Italia. Come accennato, il numero aumenta al momento in cui si aggiungono al novero anche i “lupi solitari” come Darren Osborne, Anders Breivik o perfino il nostrano Gianluca Casseri.

Espressioni come “Non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani” sono, a proprio modo, consolanti: ci portano a pensare che esiste una singola ideologia, religione o dottrina (o comune ridotte in numero e chiaramente identificabili) che è all’origine del male e della violenza, e che una volta eliminata questa, si potrà finalmente vivere tranquillamente, in pace, in armonia. L’alternativa sarebbe angosciante: riconoscere che la violenza ha sempre accompagnato la storia umana, e che individui, popoli e gruppi hanno utilizzato ogni tipo di religione o ideologia per darle una giustificazione ed una legittimazione. Certo, questo presupporrebbe anche un impegno personale e quotidiano nell’eradicazione della violenza, a partire dall’ambito individuale e educativo: fortuna che biasimare l’islam e qualunque altro capro espiatorio lo seguirà sollevi tutti da ogni responsabilità personale.

Giacomo Mininni

[Immagine tratta dalla campagna pubblicitaria Anche le parole possono uccidere realizzata da Armando Testa]

 

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