Solitudine necessaria

Ritiratevi in voi ma prima preparatevi a ricevervi, sarebbe una pazzia affidarvi a voi  stessi se non vi sapete governare. C’è modo di  fallire nella solitudine come nella compagnia.

(Montaigne, Saggi, Libro I, capXXXI)

La solitudine è una condizione esistenziale, un sentimento o una necessità?

La solitudine è un concetto difficile da definire perché racchiude in sé molte sfumature e differenze, prima tra tutte quella tra solitudine cercata o imposta.

In questo articolo mi soffermo sul primo tipo di solitudine, quella rincorsa e voluta coscientemente.

Su di essa numerosi pensatori e scrittori hanno disquisito, ricercando in essa il senso dell’esistenza umana; proprio da questo, dall’essenza del nostro essere, possiamo partire per cercare di vedere la solitudine come condizione necessaria all’uomo per, paradossalmente, sentirsi in compagnia, perché permette di stare lontano da tutti e di rifugiarsi in luoghi immaginari solitari in cui accrescere le proprie doti morali ed intellettuali, come riteneva Petrarca nel De Vita Solitaria.

In quest’opera Petrarca valorizza il concetto di solitudine considerandola come assolutamente utile, se non necessaria, per la conquista della pace interiore e per l’accrescimento di una maggiore consapevolezza personale.

La solitudine è vista, dunque, come modello etico da seguire e per il quale bisogna allenarsi duramente.

Nel mondo frenetico di oggi incontrare la solitudine voluta è quasi utopia: tra lavoro, famiglia, sport e hobbies vari, l’uomo non ha più modo né tempo di stare da solo, perdendo così quella fondamentale esperienza di viverSI e, perché no, di conoscersi in modo più approfondito.

La solitudine è una condizione che, se raggiunta con equilibrio e consapevolezza, genera gioia e pienezza per l’esistere quotidiano dell’uomo.

La vera solitudine, però, non deve essere confusa con il mero isolamento spaziale, ma deve coincidere con uno stato di auto-consapevolezza interiore raggiunto solo attraverso il reale ascolto di se stessi; solo in questo modo impariamo ad osservare il flusso dei nostri pensieri e a percepire le vibrazioni più interiori, rendendoci conto anche del nostro grado di fragilità.

Secondo Pascal l’incapacità umana di starsene da soli con se stessi era addirittura una delle cause dei mali del mondo, perché tale mancanza ci porta all’inconsapevolezza delle nostre più segrete inclinazioni ed intenzioni, rischiando così di agire con molta superficialità: questo è il rischio della nostra società, in cui, oltre alla difficoltà di isolarsi, vi è anche la paura di ascoltarsi, preferendo a questo una vita inconsapevole.

Questa è una delle perdite più grandi per l’uomo: perdere il tempo per se stessi, mentre non ci dovrebbero essere lavoro, famiglia o impegni che possano impedire il dialogo con noi stessi, perché solo sapendo ascoltare se stessi possiamo sapere ascoltare l’Altro, relativizzando anche molti pregiudizi.

Amare la solitudine non significa amare l’isolamento dagli altri, ma vuole dire stare bene con se stessi ed avere la capacità di non perdere gli altri nella propria solitudine ma di ritrovarli in modo più libero e obiettivo, senza condizionamenti esterni.

In questo senso la solitudine genera libertà, perché, riportando l’uomo alla sua dimensione più intima, gli permette di mettere a fuoco se stesso, le situazioni che gli ruotano attorno e di trovare, forse, il perché di tutto.

Valeria Genova