Me stesso profondo, profondo, profondo

  • Occhi così grandi…
  • Forse, essere fino in fondo se stessi, è una sfida difficile da vincere;
  • Siamo pur sempre noi stessi anche se…
  • Perché siamo due facce della stessa medaglia

disegno-chiave-22-giugno-1Un occhio più grande ed un occhio più piccolo. Vediamo cose più grandi e cose più piccole. In questo senso il coefficiente di grandezza ha il senso dell’importanza. Se a me importa di qualcosa allora vedo quella cosa grande, spesso molto più grande di quanto sia davvero! Eppure se quella cosa non m’importa, la vedo piccola, anche quando dovrei vederla più grande.

Percepiamo alcune cose e ne vediamo delle altre, immaginiamo e poi scordiamo.

Conoscerci fino in fondo è davvero difficile. È per questo che abbiamo bisogno di sforzarci ad essere noi stessi: un esercizio da non trascurare. È un’abitudine.

EPPURE ESSERE NOI STESSI È COSÌ DIFFICILE!

Lasciamo agli altri la parte migliore di noi, quella che vogliamo far vedere. Mostriamo, spesso, ciò che non siamo e siamo, spesso, ciò che non mostriamo. Questo è il rischio che decidiamo di correre quando essere noi stessi è troppo difficile. Ed allora abbiamo unghie sottili e pungenti ma anche mani delicate e fraterne, sguardi impetuosi ma anche dolci carezze.

COSA DECIDIAMO DI ESSERE?

Cosa siamo veramente. Stretti nella morsa dell’apparire. Costretti ad essere altro. Alla fine di questo gioco, siamo noi stessi. Quell’altro da me che non sono io, diventa un me, diverso, ma pur sempre un me. Finiamo, quindi, per identificarci con chi non siamo davvero. Modifichiamo la nostra natura, amplifichiamo i nostri io affinché diventino un altro da me che non sono io…

O FORSE SÌ?

***

Quello che avete appena letto è un esercizio su base filosofica. Il disegno ha rappresentato lo stimolo mediante cui ho verbalizzato i miei pensieri. Li ho elencati e li ho elaborati in forma scritta. Ho provato a dare forma e dimensione agli spunti che ho tratto dalla visione del disegno. Il risultato vuole essere un tentativo di calare la riflessione filosofica nel quotidiano, affrontando uno o più temi senza dare una giusta direzione perché il pensiero unidirezionale non è il pensiero personale. Scaricate il disegno e provate a fare l’esercizio! I pensieri in movimento sono l’unica cosa che non possiamo trascurare.

La tavola è di Daniela Lambiase, pedagogista ed illustratrice per popfilosofia.it, con cui ho condiviso la costruzione dell’esercizio.

Anita Santalucia

 

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Alla scoperta di me

Avevo 14 anni quando, varcando le porte il primo giorno di liceo, mi prefissai degli obiettivi promettendo a me stessa di non mancarli, mai, qualsiasi sarebbe stato il costo dei sacrifici necessari per giungervi.

Non mi sono mai fermata, nemmeno un secondo, neanche un attimo, un Natale o un Capodanno… neanche il giorno della laurea il cervello ha fatto pit stop; non era necessario.
Non ho goduto nessun momento degli ultimi dieci anni, troppo proiettata verso il domani, troppo concentrata sulla corsa che, estenuantemente, mi stava conducendo a tagliare il mio traguardo.

E le stagioni mi sono scivolate tra le mani, tempo non vissuto che, come sabbia, passa tra le dita lasciando solo alcuni granelli a ricordare ciò che è stato perso nell’impossibilità di riaverlo.

Così, persa nei meandri di un piano strutturato verticalmente e rigidamente costruito anno dopo anno, mi sono fermata, bloccata dalle mie pretese verso me stessa per il raggiungimento di uno stato di perfezione totale, e mi sono
scoperta spaesata; realizzata certo, ma spaesata.
Abitante di una città da me fondata della quale non mi sento cittadina.

Ho camminato per giorni, viaggiatrice di me stessa, bramosa di entrarne a far parte fino a quando, satura, stanca, mi sedetti sulla cima della torre dell’orologio… e mentre le lancette scandivano incessanti minuti di un’alba
nuova, inclinando la testa per scorgere l’orizzonte, ho visto arrivare verso di me tutti quei macigni e fardelli che, durante la mia corsa, avevo scansato, evitato, saltato e ignorato. Mi hanno raggiunta, e io sono totalmente impreparata ad affrontare i resti di una montagna che credevo crollata alle mie spalle…

Mi sono chiesta più e più volte i perché intrinseci di tutto ciò: del mio non fermarmi mai, della mia determinazione che non prevede limiti.
Determinata fino al limite della sconsideratezza.
Determinata a raggiungere la perfezione.
Determinata ad essere, non ad apparire.

La determinazione mi ha spinta verso un desiderio profondo, quasi subdolo e ingannevole, di voler primeggiare, con il solo scopo di non sentirmi sbagliata.

Solo oggi ne prendo coscienza, mentre, con le mani tremanti e gli occhi carichi di lacrime, sollevo macigno dopo macigno, leggendo attentamente tutte le domande incise sopra, domande a cui credevo di poter non dare risposta, a cui ora DEVO dare risposta.

E la piccola me non crede di essere pronta ad ascoltare se stessa, spaventata dall’incessante ricerca di scrivere finalmente la conclusione a quel lungo libro che è stata la mia vita PRIMA, in attesa trepidante di vedere cosa ci sarà dopo.

Nicole Della Pietà

[Immagine tratta da Google Immagini]